Il termine pastello ingenera spesso confusione. Con questo sostantivo, infatti, possono essere indicate le normali matite colorate, i pastelli tout court – poi vediamo esattamente cosa sono – i pastelli a olio e i pastelli a cera. Tutto deriva dal fatto che ci si basa su impasto, il pastello, appunto. Il pigmento – cioè il colore puro: un ossido, una terra, ecc, che si presenta come una polvere – viene mescolato, dal produttore, ad argilla o ad altri leganti, secondo ricettari che possono variare da impresa a impresa e che sono diversi anche a secondo dell’utilizzo del materiale.
Una composizione viene utilizzata per le matite colorate, un’altra per i pastelli. Nei pastelli a olio entrano, invece, piccole percentuali di olio di lino. Tutti questi medium furono ideati per poter dipingere o disegnare in assenza di leganti liquidi in cui stemperare il colore, come l’olio, l’acqua, l’acqua e il tuorlo d’uovo, la cera liquida. I pastelli tradizionali – qualcuno li chiama gessetti, per distinguerli dai gessi della lavagna – consentivano e consentono di ottenere effetti diversi da ogni altro tipo di medium, come la morbidezza del tratto, la dolcezza d’ogni linea, l’intensa luminosità e quell’effetto flou per il quale sono riconoscibilissimi. Il risultato è sempre quello di un prodotto piuttosto opaco, che viene vivificato attraverso l’apposizione di un vetro in cornice. I pastelli tradizionali, che somigliano, come consistenza, ai gessi colorati della scuola ma che sono di qualità infinitamente superiore – furono apprezzati quindi non solo per la comodità d’uso, ma anche per le possibilità espressive che offrono e offrivano, con un’esaltazione dei toni chiari.
Il Settecento, con la riscoperta di una tavolozza luminosa, fu il secolo del pastello tradizionale che ha diverse attinenze con il gesso colorato, pur essendo qualitativamente migliore. Rosalba Carriera produceva personalmente, come i suoi colleghi, questi impasti utilizzando anche additivi organici come l’orina o il cerume, con il fine di fissare una tinta o di ingrassare lievemente il composto affinchè aderisse alla carta o al cartone e che il film pittorico non avesse un eccessivo effetto polveroso.
Edgar Degas fu un ottimo utilizzatore di pastelli, che acquistava in una bottega artigiana di Parigi. Nel frattempo, però, l’aggiunta di elementi unti estranei al colore e alla gomma arabica erano diminuiti. Per questo diversi dipinti di Degas catturano una luce di polvere, come i gessetti e risultano più opachi e meno uniformi di quello dei ritrattisti del Settecento. U nuovi pastelli concepiti per captare il massimo della luce furo anche utilizzati, tra gli altri, da Federico Zandomeneghi, uno dei tre pittori italiani – con De Nittis e Boldini – che condivisero totalmente o parzialmente la temperie impressionista. Questi prodotti erano adatti alla pittura impressionista, caratterizzata dai giochi di luce.
Uno dei problemi dei pastelli tradizionali – e non stiamo parlando dei pastelli ad olio, che si fissano perfettamente – è il fissaggio del colore, una volta ultimata l’opera. Il loro comportamento, che può essere parzialmente assimilato a quello dei gessi colorati, può portare a cadute colore, in forma di polvere, come alla base di una lavagna scolastica. E’ per questo che molti dipinti a pastello sono protetti dal vetro. Per il fissaggio è possibile intervenire con quantità modestissime di vernice finale, data a spray a una distanza tale che il fissante sia quasi nebulizzato e pertanto molto rado. Se dovessimo, infatti, spruzzare vernice finale in quantità. i colori incupirebbero e si dilaverebbero, con problemi di gravissimi mutamenti del dipinto.
Nel 2017, tra una ricca collezione di oltre 200 pastelli conservati nei depositi, a causa della delicatezza dei materiali, le Petit Palais ne presentato per la prima volta una selezione di quasi 150, offrendo una panoramica completa dei principali movimenti artistici della seconda metà del XIX secolo, dall’impressionismo – con opere a pastello di Berthe Morisot, Auguste Renoir, Paul Gauguin, Edgar Degas e Mary Cassatt – al simbolismo, con i lavori di Lucien Lévy-Dhurmer Charles Leander, Alphonse Osbert, Emile-René Ménard e particolarmente notevole collezione di opere di Odilon Redon.
La tecnica consente una grande velocità di esecuzione e traduce una grande varietà stilistica. Dal semplice schizzo colorato alle grandi opere finite, il pastello è al crocevia del disegno e della pittura. La maggior parte di reperti risalenti tra il 1850 e il 1914 illustrano la ripresa del pastello durante la seconda metà del XIX secolo.