In quel punto si stavano svolgendo lavori per la costruzione di due cisterne. Gli interventi, nelle scorse settimane, sono stati sospesi per l’emersione di materiali archeologici. Sul luogo sono intervenuti gli archeologi dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) che hanno portato alla luce un patio rituale, dove probabilmente fu celebrata la cerimonia conclusiva di un mondo e di una civiltà. E probabilmente dove si consolidarono i progetti di resistenza all’invasore. Due i termini che vennero ritualizzati, in quelle ore: fine di un mondo e – probabilmente – giuramento di non cancellazione delle proprie origini, attraverso l’azione di una proiezione costantemente attiva.
La scoperta è avvenuta nel centro storico di Città del Messico, nei pressi della piazza intitolata al nostro Giuseppe Garibaldi.
“La disposizione, la quantità e la qualità dei materiali che componevano questa offerta conclusiva sono coerenti con questo carattere sacro: 13 bruciaincensi, una coppa pulque con base a treppiede, cinque ciotole, un piatto e una pentola a corpo globulare su cui poggiavano quattro navicelle come copertura. All’interno di quest’ultima sono stati rinvenuti resti scheletrici cremati, forse di un neonato; tuttavia, ciò dovrà essere verificato mediante microscavo delle ceneri”.
Per il coordinatore della sezione archeologica degli intervento di sicurezza, Mara Abigaíl Becerra Amezcua, questa scoperta è significativa nel quadro dei “500 anni di resistenza indigena”, alla quale è stato dedicato il 2021, poiché questa offerta, situata a poco più di quattro metri di profondità, fu coperta da diversi strati di mattoni ben consolidati per tenerla lontana dagli occhi degli altri, indicativo del coraggio di quei Mexica che rimasero a Tenochtitlan dopo la presa della città da parte di Hernán Cortés”.
Tenochtitlan o Mēxihco Tenōchtitlan era la capitale dell’impero azteco. Era stata fondata nel 1325 su diverse isolette del lago di Texcoco, nell’attuale Messico centrale. La città fu rasa al suolo nel 1521 dai conquistadores spagnoli: sulle sue macerie fu costruita Città del Messico e nel corso dei secoli gran parte del lago Texcoco fu prosciugato.
Quindi: quando la città fu distrutta e gli spagnoli ne diressero la ricostruzione, con una linea occidentale, nuclei di resistenza celebrarono la fine dolorosa di un’epoca e la nascita di un tempo nuovo, terribile, all’interno del quale gli originari avrebbero agito senza piegarsi. E ciò avvenne in segreto, senza che poi gli oggetti del rituale fossero smantellati. Restarono in quel punto, in una sorta di pietrificazione degli atti del rituale, fino ad oggi.
“In onore di questo mondo in declino – spiegano gli archeologi messicani – gli abitanti di quell’antica unità domestica eseguirono un rituale nel XVI secolo, forse tra il 1521 e il 1610 dC, per testimoniare che questa era la fine di un ciclo delle loro vite e della loro civiltà. Tra canti e odore di copale, i residenti hanno disposto nel patio un’offerta dai molteplici elementi, tra cui spiccano un vaso con resti di ossa (ceneri umane) e 13 incensieri policromi di quasi un metro di lunghezza, utilizzati per bruciare la resina, all’esterno”.
Sulla proprietà, Mara Becerra e la sua collega Ximena Andrea Castro Rivera hanno indagato i vari strati di un sito che è rimasto come abitazione nei secoli. Dallo scavo è emerso che lo spazio della casa originaria era costituito da un patio interno – dove era collocata l’offerta conclusiva -, una stanza e un corridoio che collegano cinque ambienti che conservano ancora parte dei pavimenti e delle pareti originali in stucco (di spessori variabili da 30 a 50 cm). Questi ambienti, di cui uno adibito a cucina, come si deduce dall’iscrizione di un tlecuilli o focolare, raggiungevano misure di 4 m per 3 m, ma le loro dimensioni complessive non sono note perché proseguono sotto le proprietà circostanti”.
L’archeologa Mara Becerra specifica che questa residenza fu oggetto di modifiche spaziali e architettoniche in almeno due fasi: nel tardo postclassico, tra il 1325 e il 1521 d.C., e nel corso del primo periodo dell’occupazione spagnola, tra il 1521 e il 1610 d.C.. Testimonianze materiali, portate alla luce nel corso degli scavi, come omichicahuaztlis (strumenti musicali in osso lavorato), flauti e ocarine, indicano che vi si svolgevano vari rituali.
Non è da sottovalutare il fatto che la zona del ritrovamento si trova nei pressi del quartiere antico in cui risiedevano i sacerdoti dei nativi il sacerdote che ogni 52 anni accendevano il nuovo fuoco nel santuario di Huizachtépetl (Cerro de la Estrella), momento che segnava la fine e l’inaugurazione di un ciclo di vita”.