Scoperto il segreto per ricostruire perfettamente i volti degli antichi vissuti ai tempi dell’Impero romano. Il caso di Cleopatra. Questa è lei

Nel caso dei modelli in "carne ed ossa" ricavati da statue realistiche, l'errore è praticamente nullo poiché nella quasi totalità dei casi artisti ed artigiani partivano da un calco del volto dell'effigiato, per giungere al massimo realismo.

Quanto sono somiglianti le ricostruzioni dei volti dei personaggi antichi, condotte con programmi informatici?  La scoperta della tecnica di raccolta dei dati fisionomici con il calco dal vero ci consente di affermare che i volti assolutamente identici a quelli del personaggio reale sono quelli ricavati dalle statue e rielaborati al computer con programmi dedicati.

Stiamo parlando soprattutto delle statue realistiche appartenenti alla tradizione romana. Quelle ufficiali, che venivano esposte nel luogo di residenza dell’effigiato e replicate – nel caso di imperatori e loro familiari – anche in punti lontani dell’Impero. Ma il lavoro deve essere compiuto con una ricognizione attenta alle fonti.

La scelta del modello di partenza deve orientarsi ai volti in bronzo o in marmo, realizzati durante la vita dell’effigiato – o nel periodo immediatamente successivo alla morte -, esposti originariamente nei luoghi di residenza e privi di elementi idealizzanti. Il volto deve cioè presentare quelle caratteristiche uniche che sono alla base della reale differenziazione fisionomica degli individui e lo stesso volto – preferibilmente – deve presentare sempre le stessa caratteristiche anche in altri ritratti statuari della stessa persona trovati – ci riferiamo al periodo dell’impero romano –  in altre località.

In questi casi possiamo essere praticamente certi che la ricostruzione del volto sarà perfetta. Più aderente alla verità assoluta della fisionomia – quella tratte da statue –  anche rispetto al caso in cui si parta dal cranio prelevato da un tomba, per il quale si richiedono procedure ricostruttive più complesse che possono riservare qualche piccolo margine di errore.

Nel caso dei modelli in “carne ed ossa” ricavati virtualmente da statue realistiche, l’errore è praticamente nullo poiché nella quasi totalità dei casi artisti ed artigiani partivano da un calco del volto dell’effigiato, per giungere al massimo realismo.

La pratica del calco dal vero per la realizzazione dei volti di cera degli antenati, presenti nelle case degli antichi romani, era molto diffusa tra le maggiori famiglie. Ciò consentiva di conservare l’immagine tridimensionale del viso dell’estinto. I calchi venivano compiuti con materiale che si rapprendeva con una certa rapidità, come il gesso, dopo aver leggermente unto il volto affinché il distacco della maschera fosse netto. Il calco in gesso del volto funebre e della mano fu in uso fino al primo, secondo decennio del Novecento, anche se già si riteneva questo ricordo tridimensionale troppo macabro.
Le maschere funebri furono indispensabili, nell’ambito della scultura – fino al pieno Ottocento – per rendere le fattezze delle fusioni in bronzo identiche a quelli del morto, sui monumenti cimiteriali o nei busti che venivano posti a casa o in luoghi pubblici, nel caso l’estinto fosse un personaggio socialmente riconosciuto.

Il calco veniva utilizzato anche per trarre, poi, positivi in cera o gesso, che venivano conservati in casa o donati ad amici e parenti. Per quanto riguarda il calco del volto di persone vive si procedeva per tasselli per evitare il soffocamento del modello o della modella, come dimostra il lavoro di rilievo del viso di Camille Claudel – qui sotto – compiuto da Rodin. E’ probabile che, con un pennello, il volto fosse diviso in aree precise e che la colata di gesso  – lo vediamo bene nell’immagine, qui sotto – avvenisse area per area, dando così modo, successivamente, di ottenere una composizione di ottimo livello. Il calco a tasselli consentiva, peraltro, di evitare che il peso di una maschera unica creasse depressioni e avvallamenti nella fisionomia. Il calco veniva così utilizzato, anche nella statuaria civile romana, per ottenere la massima aderenza del volto di bronzo o di marmo al viso della persona che veniva ritratta. Per il bronzo, dal calco dal vero si otteneva una forma che veniva poi riempita di uno strato di metallo fuso. Per il marmo, si otteneva invece un positivo di gesso che costituiva il modello per lo scultore. Ogni parte veniva misurata, anche con l’uso di compassi e pantografi.

August Rodin, Maschera di Camille
August Rodin, Maschera di Camille

Qui sotto, possiamo vedere il filmato della ricostruzione del volto di Cleopatra, a partire dal suo ritratto statuario. Nell’immagine sopra osserviamo la sequenza. Dalla statua al volto reale.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz