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Sei litri di un liquido simile al vino trovati nell’urna di una donna di Pompei, forse moglie di Marcus, l’imprenditore che rifiutò di farsi cremare


Alla Palestra Grande degli Scavi è possibile ammirare la mostra L’Altra Pompei. Vite comuni all’ombra del Vesuvio, sponsorizzata da American Express Italia.

Tra le varie sezioni della mostra, che racconta la vita quotidiana della popolazione comune, composta da schiavi, liberti, artigiani e lavoratori di varia categoria, troviamo anche quella dedicata alla Spiritualità e alla Morte.
Qui è esposta un’urna in vetro con coperchio, all’interno di un contenitore metallico, proveniente dal recinto funerario di Marcus Venerius Secundio, recentemente portato alla luce all’esterno di Porta Sarno. L’urna contiene i resti di una donna, Novia Amabiles, che era presumibilmente moglie di Marcus, un personaggio ricco ed eccentrico di Pompei, sepolto lì accanto. Lui, non si fece cremare. Lei scelse di seguire la consuetudine delle popolazioni romane dell’epoca. Ma qualcosa di particolare e misterioso c’è, anche in quest’urna.

 

“L’urna verde chiaro, con due manici a forma di “M”, coperta da un coperchio anch’esso in vetro sigillato con malta di calce, si trova all’interno di un contenitore metallico in lega di piombo. – dicono gli studiosi del Parco archeologico di Pompei – L’urna era riempita con sei litri di un liquido scuro simile al vino, estratto prima del microscavo delle ossa. All’interno dell’urna sono stati ritrovati anche resti vegetali. Accanto si trovava una lastra di marmo bianco (columella) con l’iscrizione NOVIA AMABILES, anch’essa visibile in mostra”.

La sepoltura di Novia è collegata con quella di Marcus Venerius Secundio, un imprenditore romano attivo nel I secolo, che aveva organizzato una memorabile “4 giorni” di spettacoli teatrali in greco e latino e che aveva svolto il ruolo di custode del tempio di Venere a Pompei. Nato probabilmente agli inizi dell’era cristiana, Marco morì alcuni anni prima dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., all’età di circa 60 anni secondo l’analisi dei suoi resti.

La struttura sepolcrale, risalente agli ultimi decenni di vita della città, è costituita da un recinto in muratura, sulla cui facciata si conservano tracce di pittura: si intravedono piante verdi su sfondo blu. Il personaggio di Marcus Venerius Secundio – che compare anche nell’archivio di tavolette cerate del banchiere pompeiano Cecilio Giocondo, proprietario della domus omonima su via Vesuvio – era uno schiavo pubblico e custode del tempio di Venere. Una volta liberato, aveva poi raggiunto un certo status sociale ed economico, come emergerebbe non solo dalla tomba piuttosto monumentale, ma anche dall’iscrizione: oltre a diventare Augustale, ovvero membro del collegio di sacerdoti dediti al culto imperiale, come ricorda l’epigrafe, “diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni”.

Columella. Segnacolo lapideo Porta Sarno

La tomba includeva anche due urne cinerarie, una appartenente a Novia Amabilis, insieme a vari corredi funerari. Sul frontone della tomba è stata posta una targa commemorativa in marmo che riassume brevemente la vita di Marco Venerio Secundio, indicando il suo status di liberto della colonia e il suo ruolo di custode del tempio di Venere Augustalis. Il testo sulla targa menziona anche l’organizzazione di un grande evento, con spettacoli in greco e latino, che si tenne per quattro giorni consecutivi.

Il team archeologico dell’Università di Valencia ha avanzato l’ipotesi che Marcus potesse essere nato in Grecia, spiegando così la sua produzione di spettacoli teatrali in greco e la mancanza di cremazione dei suoi resti, in linea con le credenze greche sulla sepoltura come condizione per la vita dopo la morte.

Il complesso tombale scavato presso Porta Sarno