Saturno che divora i suoi figli (Saturno devorando a su hijo) è un dipinto a olio su intonaco trasportato su tela (146×83 cm) del pittore spagnolo Francisco Goya, realizzato nel 1821-1823 e conservato al museo del Prado di Madrid.
STILETTATE
di Tonino Zana
Un bambino ucraino di 6 anni è stato costretto da alcuni soldati russi ad assistere allo stupro della sua mamma poi assassinata. La chimica della mente si è impressa nel cervello e l’ordine per sopravvivere a una tale insuperabile tortura dell’umanità e dell’infanzia si è manifestato in una trasformazione dei suoi capelli, da biondi a bianchi. Quel bambino di 6 anni è invecchiato d’un colpo di cent’anni. Nessuno lo dirà mai a Putin, lui non leggerà nulla che non sia di suo gradimento, soltanto una bellissima seconda Norimberga potrebbe sottoporlo alla tortura di assistere alla tortura dei suoi soldati.
Penso a quel bambino. Penso ai capelli e alla mente di quel bambino. Penso alla bugia più bella per restituirgli, in ogni modo, i suoi capelli originali. La dimenticanza si produce anche con il ritorno ai colori dell’origine.
Congiungo, per un attimo, il corpo spazzato via e buttato in una rupe della nostra Valle, dalla furia di un delinquente bellimbusto di una giovane donna che non voleva separare la sua anarchica voglia di vivere con la voglia di riavvicinarsi al suo bambino.
Mi viene in mente l’orco e quello sguardo distratto di Dio rispetto a questa tragedia. Dio si è girato da un’altra parte, Dio si gira troppo spesso da un’altra parte. Come possiamo non scappare di casa, noi figli disperati e ancora attratti dalla pietà, se Lui, che la pietà l’ha inventata e alimentata non la offre ogni sera sotto forma del pane di Emmaus, che molto presto ritroveremo verso sera, alle nostre case?
Dico di un Dio di tutti, dico, perfino, di un Dio di nessuno.
Desideriamo la pietà, altrimenti non riusciamo a passare questa notte indecifrabile e troppo lunga. Serve pietà per i morti, serve pietà per i vivi. Dio, rivoltati.