Stilettate di Zana. Con l’Icaro di Carlo Saraceni. Morire giovani sulle strade

Carlo Saraceni, Paesaggio con il volo di Icaro, prima del 1608, Napoli, Galleria di Capodimonte

STILETTATE
di Tonino Zana
I camposanti disegnano sezioni in cui abitano i nostri figli morti sulla strada. Dal 1980 ad oggi, qui da noi, nel Bresciano, abbiamo perso circa 3 mila giovani dai 18 ai 30 anni. Un popolo di futuro è sparito e noi siamo corresponsabili.
Perché siamo corresponsabili? Per un’auto comprata troppo presto, un’informazione e una formazione stradale insufficienti, per un uso suicidiario del telefonino a bordo, per aver affidare e affidare il ritorno dei nostri figli alla fortuna del caso.
Finito o non finito il covid, comunque dichiarato finito, la giovinezza ha rioccupato la strada come una liberazione e la velocità e la conseguente imprudenza hanno accresciuto le probabilità di una morte sull’asfalto.
Non domandiamo alla psicologia se morire ad alta velocità o ad alta distrazione siano componenti di queste morti, lo sappiamo da madri e da padri e ci basta.
E ci sta bastando, so di alludere a una questione tragicissima, la resistenza all’idea di perdere un figlio sulla strada. Ogni genitore istruisce nevroticamente, il pericolo di un funerale al figlio portato via su un manto d’asfalto e si allena già a resistere alla sua scomparsa. Qualche decennio fa, invece, proclamavamo la nostra fine con la fine del figlio.
Va riannodato con corde d’acciaio questo patto a resistere insieme e ad evitare al massimo le insidie della vita. I genitori scendano nelle stanze e ordinino ai figli che alla prima imprudenza, diretta o indiretta, le chiavi dell’automobile sono sequestrate. E vadano pure dall’avvocato oppure si mettano a vivere da soli e proclamino indipendenti di vivere e di morire.
No, madri e padri, obbediti tutti i precetti per la vita sicura, nella difesa massima dei figli, abbiamo il diritto di essere obbediti, altrimenti si rompe il patto di sussistenza e di resistenza insieme e ciascuno, allora, vadano per la loro strada.
Se ci va male, piangeremo e non saremo obbligati al pensiero di morire anche se moriremo. Ma questo è il cammino di un colpo di reni a questo modo di stare al mondo che è il modo di andare via dal mondo. Punto, coraggio e avanti, carissimi colleghi padri e colleghe madri, altrimenti varrà la pena di morre prima di loro, o di minacciare la nostra morte, prima, se soltanto fanno lo scherzo di non ritornare. Si prenota anche una manifestazione di notte davanti ai bar del venerdì e del sabato. Ci vediamo?

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Maurizio Bernardelli Curuz
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