STILETTATE
di Tonino Zana
Mi ha stupito, di nuovo, quel rigo di poesia recitato da Mandela nel film “Invictus”: …sono padrone del mio destino, sono capitano della mia anima”. Completamente rinascimentale, cristiano e garantista per la centralità resa a un invitto libero arbitrio. Ci ripete, spetta noi, a ciascuno di noi, il resto non conta. Padroni del nostro destino e capitani della nostra anima, allora avremmo in mano il mondo, anzi, la vita del mondo, bambini e anziani, maturi, donne e uomini, con gli acciacchi ovvi e legittimi però fuori dalla barbarie.
Mandela spiegava al capitano degli Springboks, Francois Pienaar, che serve, nei momenti cruciali, un rialzo dell’ispirazione, un andare oltre se stessi.
Non ci è forse dedicata in queste ore di guerra e di male umano, in cui l’orrore è nelle strade ucraine e la pandemia mutante ci uccide anche se non ci mette in ginocchio. Ecco, rispetto alla guerra orrenda, l’ispirazione di Invictus equivale alla resistenza dei combattenti e alla resistenza nell’ascolto del male. Di fronte a un covid mortale e privo dell’angoscia del suo primo apparire, l’ispirazione si incarna nella sconfitta della morte intesa come terrore, come parte di una punizione, di un tempo contro natura.
L’ispirazione, forse, è respirare fino a un passo dalla fine e sperare di sorpassarla, almeno di contenerla nella provocazione del suo spavento virale. L’ispirazione, ad un punto, diviene la sconfitta della morte, l’accettazione di una sua naturalità. A quel punto, tutto diviene in sequenze sempre pensose e mai più morte prima di morire.
Dovremo chiedere agli educatori delle contrade di allenarci alla normalità della fine, proprio perché non è finito per sempre chi ci ha preceduto.