giacomo balla

Giacomo Balla. Tre autoritratti, tre stili che si sviluppano nel tempo

Proponiamo qui tre autoritratti di Giacomo Balla, emblematici del percorso creativo dell’autore. I primi due, risalenti agli anni Venti, sono da interpretare quali tentativi di fornire una risposta a quella che il Balla futurista definiva, in un suo scritto, “la necessità di entrare nel grande dominio dello stato d’animo plastico con delle nuove forme astratte equivalenti”.
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Giacomo Balla fu nauseato dal Futurismo. E tornò alla pittura figurativa. Eccola

Per Balla il Futurismo aveva tanta forza da ricostruire l’universo su fondamenta nuove. L’artista torinese credette a lungo nell’impossibile sogno. Poi, negli anni Trenta, la svolta imprevedibile, il ripudio dell’avanguardia e il ritorno all’assoluta verità della figura
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Balla: Gli esordi divisionisti e gli ideali umanitari

Giacomo Balla esordisce da divisionista. Compagno di studi di Pellizza da Volpedo, quando, nel 1895, si trasferisce a Roma, non tarda a radunare intorno a sé un gruppo di giovani artisti (tra cui Boccioni, Severini e Sironi), che lo considerano un pioniere della nuova tendenza e che lo riconoscono subito come punto di riferimento della stessa.
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La memoria del presente. A Pesaro capolavori dal Novecento italiano

Dal 22 giugno la mostra sul Novecento con dipinti e sculture di importanza internazionale per raccontare un secolo “impetuoso”, in pieno movimento, stravolto da due conflitti mondiali e che nell'arte trova il luogo ideale per esprimere tutte le sue vicissitudini.
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