Tredici apostoli all’Ultima Cena più Gesù. Perchè in alcuni affreschi i conti non tornano?

Qui la preoccupazione del pittore - che evidentemente sottostava a una pianificazione politico-teologica che giungeva dai committenti dell'affresco - è di sottolineare la continuità della Chiesa, la sua invulnerabilità; la sua eternità. La scomparsa di Giuda non è ancora avvenuta, ma ecco che il pittore anticipa l'avvento di Mattia, che dà l'idea della tempestività della Chiesa stessa a colmare i vuoti che si creano in essa. Ben più di un semplice eccesso, quello dell'affresco di Carisolo. Ma chi era esattamente il tredicesimo apostolo?

PUOI RICEVERE GRATUITAMENTE, OGNI GIORNO, I NOSTRI SAGGI E I NOSTRI ARTICOLI D’ARTE SULLA TUA HOME DI FACEBOOK. BASTA CLICCARE “MI PIACE”, SUBITO QUI A DESTRA. STILE ARTE E’ UN QUOTIDIANO , OGGI ON LINE, FONDATO NEL 1995
ultima cena

Può capitare che un pittore, dipingendo il Cenacolo, disponga attorno al tavolo tredici apostoli più Cristo? E’ chiaro che i conti non tornano. Gli apostoli erano Dodici. Quella sera, a tavola, per l’ultima Cena, sedettero in tredici,Cristo compreso, e da qui, per inciso, discese la duplice natura attribuita alla valenza del  numero: negativo se lo si considera esclusivamente portatore di morte, positivo se dai quei tredici seduti a Cena, pur nel dolore e nel tradimento, si giunge a configurare alla Resurrezione di Cristo. Comunque, sia quattordici commensali sono eccessivi. Perchè allora, soprattutto in alcuni affreschi medievali, come avviene nella bella Ultima Cena, realizzata dalla famiglia Baschenis nella chiesa di Santo Stefano a Carisolo, in provincia di Trento, gli apostoli sono uno in più del previsto?
ultima cena

Osserviamo la splendida tavola, ricca di brocche, di vino. di bicchieri, di pani e di pesci -ricordate il primo miracolo di Cristo, alle nozze di Cana? – e di gamberi rossi, che indicano il dolore, il sangue che sarà versato da Gesù. Sul lato del tavolo, in direzione dello spettatore, piccolo e contorto, bruciato da un’interna fiamma invisibile si colloca Giuda Iscariota, in una solitudine arsa che è già condanna. Dall’altro lato del tavolo,Gesù: accanto a sé, piegato dal dolore, Giovanni, il più giovane, l’apostolo prediletto. Finiamo di contare. Compresi Giovanni e Giuda, gli apostoli sono tredici.

Perché il numero non conta? Guardate la fotografia e contateli.
ultima cena
Le epigrafi con i nomi dei membri della più ristretta cerchia cristiana sono riportate dal pittore nei pressi di ogni apostolo. L’intruso,in questa scena, è Mattia; si trova alla nostra sinistra, verso l’estremità del tavolo. E che ci fa Mattia all’Ultima Cena? Un falso storico evidente che certo non sarebbe piaciuto ai precisissimi padri del Concilio di Trento che avrebbero richiamato anche la pittura a non immaginare, ma a raccontare ciò che riferiva la Bibbia. Mattia non era presente all’ultima Cena. Ma dopo il tradimento e il suicidio di Giuda, ne avrebbe preso il posto, reintegrando il numero del collegio apostolico. Qui la preoccupazione del pittore – che evidentemente sottostava a una pianificazione politico-teologica che giungeva dai committenti dell’affresco – è quella di sottolineare la continuità della Chiesa, la sua invulnerabilità; la sua eternità, il passaggio di consegne, il superamento immediato di ogni tradimento. La scomparsa di Giuda non è ancora avvenuta, ma ecco che il pittore anticipa l’avvento di Mattia, che dà l’idea della tempestività della Chiesa stessa a colmare i vuoti che si creano in essa. Ben più di un semplice eccesso, quello dell’affresco di Carisolo. Ma chi era esattamente il tredicesimo apostolo? Secondo gli atti degli Apostoli – 1,21-22 – Mattia, che non va confuso con Matteo, apparteneva alla cerchia allargata dei settanta discepoli, coloro che seguivano il Signore, pur non appartenendo  al gruppo dei fondatori. Eppure Mattia – il cui nome, in ebraico, significa Dono di Dio, aveva seguito Cristo dal Battesimo, ad opera di Giovanni Battista, fino all’Ascensione.

L’affresco trentino imprime un’accelerazione notevole alla cooptazione di Mattia tra gli apostoli, atto che avvenne in realtà ben oltre 40 giorni giorni dopo l’Ultima Cena, in seguito all’Ascensione. Nel libro degli Atti -1,15-26 – si narra che, nei giorni seguenti l’ascensione, Pietro propose all’assemblea dei fratelli, il cui numero era di centoventi, di scegliere uno tra loro per prendere il posto del traditore Giuda Iscariota nel collegio apostolico. Furono indicati due discepoli, Giuseppe, chiamato Barsaba, e Mattia, e fu fatto il sorteggio, col risultato in favore di Mattia, che pertanto venne associato agli undici apostoli Secondo Niceforo, egli predicò prima in Giudea e poi in Etiopia e quindi fu crocifisso.

Considerato il momento cupo della scisma luterano e dei movimenti che lo precedettero e seguirono – nonchè la collocazione della provincia trentina, molto esposta, per collocazione geografica, all'”eresia nordica” – si può ipotizzare che, in questo affresco, i committenti volessero sottolineare che eventuali defezioni da parte di traditori non avrebbero messo in pericolo la stabilità della Chiesa. Troverebbe pertanto spiegazione, in una necessità di propaganda politico-religiosa, la presenza del tredicesimo apostolo.

L’affresco dei tredici apostoli si trova nella ricchissima chiesa di S. Stefano, arroccata su una rupe granitica che domina l´imbocco della Val di Genova, nel Parco Naturale Adamello Brenta, nel Trentino turistico. La parte meridionale esterna è interamente affrescata con pitture di Simone Baschenis che ha realizzato la danza macabra. La disposizione dei protagonisti riflette la rigida gerarchia della società medievale, per cui i nobili precedono i popolani, e la netta distinzione fra ecclesiastici e laici. Sulla parete nord dell’interno, Baschenis realizzò nel 1534 il grande affresco di Carlo Magno, che dà grande pregio artistico alla chiesetta. Rappresenta il battesimo di un catecumeno da parte di papa Urbano I: sulla sinistra Carlo Magno con la corona imperiale, circondato da sette vescovi e da soldati in arme, ed ancora vescovi col pastorale ed una schiera di catecumeni.

La leggenda racconta che prima di arrivare a Pinzolo Carlo Magno vide una chiesetta isolata su uno spuntone di roccia, vi si diresse e vi lasciò un documento con il racconto delle sue imprese. Di certo, la prima testimonianza dell’esistenza della chiesa di S. Stefano risale al 1244 e le decorazioni pittoriche ad opera dei Baschenis ebbero inizio nel 1461. La chiesetta originaria è stata successivamente ampliata, e sul lato ovest è stata costruita dopo il 1530 una grande scala che ha coperto e parzialmente distrutto gli affreschi preesistenti, datati 1519. Comunque, i toponimi Sot Castel, Mas del Castel, Fontana del Castel lasciano supporre che il colle abbia accolto un castelliere preistorico, forse utilizzato nell´Alto Medioevo. (curuz)
Orario:
1 LUGLIO – 1 SETTEMBRE
Dalle 10.30 alle 11.30 e dalle 15.30 alle 17.00. Esclusi la domenica mattina e il lunedi.
ALTRI PERIODI
La Chiesa non è aperta al pubblico. La ProLoco di Carisolo organizza su richiesta visite guidate per gruppi.
https://

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa