di Roberto Manescalchi
Con il termine “Madonna dei Fusi” si indica l’opera, dipinta da Leonardo, che fu sicuramente una delle immagini sacre più rappresentative del rinascimento e che ancora oggi rappresenta un “fondamentale” nella storia dell’arte. Sappiamo attraverso il Carmelitano Fra Pietro da Novellara, ambasciatrice di Isabella d’Este, che ne dà anche una breve descrizione, che Leonardo la dipinse nel 1501, durante il suo secondo soggiorno fiorentino. Il genio, che alloggiava presso i serviti nella foresteria laica della Santissima Annunziata la dipinse per il potente segretario del Re di Francia Monsieur Florimond de Robertet.
Confronta in questo giornale:
www.stilearte.it/se-quelle-rocce-son-le-balze-del-valdarno/
Nell’articolo, prezioso, si dà conto anche della recente identificazione del paesaggio oggetto dello sfondo del dipinto, operata da Carlo Starnazzi nel suo: La Madonna dei Fusi e il paesaggio del Valdarno Superiore, ed. Città di Arezzo, 2000.
Purtroppo l’originale di Leonardo è andato perduto e conosciamo l’opera solo attraverso le numerose repliche dei suoi allievi cosicché più che della “Madonna dei Fusi” potremmo dire che presentiamo oggi tutta una serie di “Madonne dei Confusi”*. Anche se potrebbe essere successo che Leonardo abbia supervisionato l’opera di qualche allievo e o possa anche essere intervenuto direttamente nella realizzazione/correzione di un qualche particolare la produzione della sua bottega è di qualità manifestamente inferiore e certo non può essere paragonata con quella del maestro. Le copie possono solo rendere una vaga idea di quel che il maestro poteva aver realizzato.
*La definizione non è nostra, ma di Federico Zeri coniata nell’occasione dell’infelice tentativo di presentazione di una delle tante copie come opera autografa di Leonardo.
“LA MADONNA DEI FUSI DI LEONARDO DA VINCI – tre versioni per la sua prima committenza francese -” In questo ricco ed elegante volume di 144 pagine per 84 euro, Carlo Pedretti e Margherita Melani sostengono essere tre le versioni riconducibili a Leonardo e alla sua cerchia più stretta: la Madonna Reford (Fot.1)
, la Madonna Buccleuch (Fot. 2)
e quella Crespi (Fot. 3).
A tutti gli effetti da ritenersi le tre versioni della sua prima committenza francese almeno stando ai due studiosi che… noi qualche dubbio lo nutriamo. La pubblicazione sembra pensata per la valorizzazione della versione Crespi di cui ignoriamo l’attuale ubicazione. Da un articolo del Corriere di Como di giovedì 20 novembre 2014 a firma di Lorenzo Morandotti sappiamo essere ubicata in un non meglio precisato punto del Ceresio (dovrebbe essere il lago di Lugano) in disponibilità di un collezionista americano (Crespi ?), ma che certamente ricomparirà in una delle infinite mostre dedicate al genio che si stanno allestendo in questi periodi.
Circa la Redford, già indicata come Montreal ed oggi in collezione privata a New York pur di squisita fattura ci sovviene l’operare del copista della Monna Lisa del Prado, confronta qui: www.stilearte.it/la-gioconda-e-le-sue-sorelle-gemelle-o-piu-giovani-o-vecchie-qual-e-la-vostra-monna-lisa-ideale/
L’opera, sicuramente eseguita nell’ ambito dell’atelier del Vinci, ci pare sicuramente più dura, cristallina e spigolosa rispetto alla morbidezza posta in essere comunemente dal maestro. Della versione Buccleuch già conservata nel castello di Drumlaring ed oggi, dopo che fu trafugata nel 2003 e ritrovata nel 2007, in prestito nella Galleria Nazionale di Scozia ad Edimburgo troviamo una qualche assonanza con i modi dell’autore della Gioconda di Isleworth. Modi di bottega e vicini certamente all’operare del maestro, ma che non ci convincono affatto della loro autografia. La Crespi, per quel che possiamo apprezzare dalla foto reperita nell’articolo già citato, sembrerebbe presentare un volto della vergine scorciato in modo anomalo rispetto al comune disegno di Leonardo e la mano che cinge il bambino sembra abnorme, per non dire della macroscopica sproporzione tra pollice ed indice e tale da far escludere, a mio avviso, qualsivoglia controllo operato da Leonardo. Detto delle tre che, forse, si avvicinano di più a quella che dovrebbe essere la versione originale, vi propongo ora la solita carrellata di copie, per rimarcare, anche in questo caso, l’enorme fortuna storica dell’opera del genio. Iniziamo con tre disegni il primo (Fot.4)
mostra una testa muliebre assolutamente riconducibile al modello di cui stiamo trattando e seppur la foto sia di infima qualità ed in bianco e nero crediamo proprio possa trattarsi del disegno preparatorio, bellissimo, di Leonardo per la sua Madonna dei Fusi. Disegno che ci mostra la siderale lontananza dal maestro delle copie di cui fin qui abbiamo trattato. Il disegno si dovrebbe trovare nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi almeno stando a quanto riportato in: Leonardo da Vinci, 1956, Reynald & Co., New York, p. 179. Da noi, in assenza di altre indicazioni, non reperito e, a quanto pare, neanche da Carmen Bambach nel suo imponente “Leonardo da Vinci master draftsman (The Metropoltan Museun of Art e Yale University Press, 2003). Il Secondo (Fot.5) in collezione privata New York, secondo noi riconducibile al Sodoma (Giovanni Antonio de’ Bazzi)
è forse la testimonianza più precisa dopo l’autografo di cui abbiamo appena trattato della testa della Vergine dei Fusi di Leonardo. Infine il terzo, sempre al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi e sempre non verificato per mancanza di indicazioni precise, di mano non ben identificabile (Fot.6), ci mostra l’intera composizione. Disegno che crediamo appunto necessario alla redazione di una delle tante copie.
Dopo i disegni, di un qualche rilievo e degne di un minimo di considerazione sono: La copia del museo Soumaya di Città del Messico, già in collezione privata francese (Fot.7)
quella del Galleria Nazionale di Scozia (Fot. 8) che, sempre ad Edimburgo, fa pendant la versione Buccleuch di cui abbiamo già trattato
quella che troviamo in Palazzo Costa a Piacenza (Fot. 9)
la copia del Circolo Ufficiali di Milano (Fot.10)
la versione, tardissima testimonianza, del Museo di Cordova
quella interessantissima, miscuglio di Vergine delle Rocce e di Madonna dei Fusi, realizzata da Martino Piazza da Lodi e conservata nella galleria di arte antica di Roma (Fot.12).
Naturalmente ne esistono tante altre ancora, tra cui quelle del Musées des Beaux -Arts di Digione e del Worcester Art Museum che per pietas e per non tediarvi ulteriormente omettiamo. Tra le infinite copie coeve e o tarde battute in aste minori che puntualmente ricompariranno nei prossimi mesi e o che, a nostra insaputa, sono già ricomparse dotate di compiacenti e preziosissimi expertise che ne comproverebbero la realizzazione da parte del Vinci ne ricordiamo solo una, ubicazione sconosciuta, già attribuita a Bernardino Luini (Fot. 13), ma che a noi pare con una qualche assonanza al disegno di testa già ricondotto al Sodoma anche se la pessima e piccola foto dal vecchio catalogo di un’asta minore consente ben poche considerazioni.
La chicca in anticipo per i lettori di Stile è che, tra gli addetti ai lavori, si mormora di un ritrovamento al Louvre della vera Madonna dei Fusi. Voci che circolano parlano di imminente presentazione di quello che sarebbe il nono capolavoro di Leonardo presente nel museo. Sembra siano stati fatti tutti i confronti possibili e immaginabili con le altre opere e che tutto torni e sia compatibile. A mente del fatto che tra compatibilità, e certezza c’è una qualche differenza di significato… Speriamo che tutto torni veramente e che non si tratti dell’ennesima Madonna dei confusi.
Tra qualche giorno, con qualche novità, Leonardo ed i suoi studi, disegni e dipinti, sul volo degli uccelli.
Tutto sulla Madonna dei Fusi di Leonardo. Originale perduto? E' tra repliche e copie?
Purtroppo l’originale di Leonardo è andato perduto e conosciamo l’opera solo attraverso le numerose repliche dei suoi allievi cosicché più che della “Madonna dei Fusi” potremmo dire che presentiamo oggi tutta una serie di “Madonne dei Confusi”. Anche se potrebbe essere successo che Leonardo abbia supervisionato l’opera di qualche allievo e o possa anche essere intervenuto direttamente nella realizzazione/correzione di un qualche particolare la produzione della sua bottega è di qualità manifestamente inferiore e certo non può essere paragonata con quella del maestro. Le copie possono solo rendere una vaga idea di quel che il maestro poteva aver realizzato.