La lettura di un affresco datato 1522, dipinto nella Chiesa della Disciplina, a Verolanuova, in provincia di Brescia – edificio che ai tempi quell’intervento pittorico era il principale luogo di culto della zona – rivela, indirettamente, attraverso l’impaginazione, quali fossero le maggiori e più temute cause di sofferenza o di infermità nella pianura padana, ai tempi del Rinascimento. L’opera, di una certa, rude eleganza, rinvia a moduli arcaici, ancora quattrocenteschi, sia nella delineazione delle figure che per l’impaginazione a scomparti. Arcaicità della lingua pittorica che risulta evidente nel momento in cui si considera che l’affresco di Verolanuova fu realizzato tre anni dopo la morte di Leonardo da Vinci e a due anni dalla scomparsa di Raffaello.
Ripartito come un polittico, con aree delimitate da false cornici, il dipinto non è lontano dall’ingresso della chiesa e dovette costituire, in ambito parrocchiale, un nucleo interno specializzato, con funzioni di santuario, legato cioè al culto dei santi e alla richiesta di grazie. L’affresco presenta nella parte superiore san Girolamo, il traduttore della Bibbia dal greco al latino – che ha la funzione di orientare alla Bibbia il culto dei Santi, prevenendo atteggiamenti idolatrici dei fedeli – mentre nell’ordine inferiore, offre la vista di quattro santi, in uno spazio quadripartito irregolarmente, santi ai quali, anche attraverso iscrizioni in lingua e caratteri latini, si impetra l’intercessione divina. La differenza di spazio assegnata a Santa Caterina d’Alessandria – a fronte della mancanza di carte che provino la dedicazione del tempio a questa santa – le drammatiche immagini di operai-contadini lacerati dalle lame delle ruote, ai suoi piedi, lascerebbero intendere la necessità di aumentare l’evidenza della scelta cultuale per creare un canale più ampio di contatto.
Il dipinto di Santa Caterina d’Alessandria – impostato strutturalmente come un ex voto collettivo – rievoca parzialmente il primo tentativo di martirio. Secondo le fonti antiche, Caterina rifiutò l’apostasia della religione cristiana e venne pertanto condannata al supplizio della ruota, che si spezzò miracolosamente, come per volontà divina, sicchè i persecutori eseguirono la sentenza con la spada. Ma qui, Caterina sta sull’asse di una sorta di biga, le cui ruote sono dotate di spaventose lame di tortura. Una biga che ferisce anche due uomini, sfigurandoli, con un realismo che caratterizza la pittura bresciana e bergamasca dell’epoca, molto attenta alle fonti del vero, per quanto crudele esso sia. Caterina, leva lo sguardo a Dio, mentre il carro attraversa la campagna ormai raggelata: candido è il paesaggio lontano, con alberi brulli dalle cortecce imbrunite, solcato da un fiume azzurro, evidentemente lo Strone, il corso d’acqua di Verolanuova, che si getta più a Sud nell’Oglio.
Il pittore suggerisce anche, nell’area in cui dipinge gli alberi, uno scoscendimento che caratterizza il paesaggio locale. Nonostante Verolanuova sia in pianura, il nucleo originario sorse nei pressi del vallone, una depressione del terreno che dovette favorire non solo la difesa di Castel Merlino, lì abbarbicato, con la creazione di una profonda fossa difensiva, ma l’istallazione di laboratori artigianali e di mulini che usufruivano del moto vivido delle acque. L’altimetria di Verolanuova passa da 73 metri sul livello del mare a 53 metri, segnando pertanto un salto teorico di venti metri, ottimo da sfruttare soprattutto per la presenza naturale di una fonte d’energia primaria come l’acqua.
Santa Caterina d’Alessandria, secondo la tradizione più antica. proteggeva mugnai, tornitori, arrotini, barbieri, sarte, carradori e comunque veniva impetrata la sua intercessione da coloro i quali lavoravano utilizzando meccanismi a ruote, lame, chiodi o aghi. Ma nell’affresco di Verolanuova, il pittore sembra indicare un’estensione dell’intervento di protezione ai contadini durante i lavori di aratura e di erpicatura del terreno. Non è casuale la scelta dell’ambientazione stagionale della scena – coincidente con la festa della santa, il 25 novembre, e con le operazioni di aratura – e il fatto che i due uomini gravemente feriti dalle lame delle ruote appaiano sulla terra viva, marrone e caratterizzata dall’emersione di numerosi sassi, e non sulla zolla del prato. L’area sottoposta ad aratura occupa sia la fascia inferiore dell’affresco, quale poggiano i due feriti, che due nastri, posti come due lati di completamento di un triangolo.
Non è certo possibile dire se il numero di infortuni, anche mortali, fosse davvero numericamente così elevato, ma indubbiamente, poichè il lavoro ha una connotazione sociale e l’infortunio avviene con rapidità imprevista, essi dovevano assumere un rilievo assoluto, nella comunità. Il pittore ci svela, attraverso le immagini degli altri santi, le malattie più temute -e diffuse – nella comunità, che assumevano, per quanto diffuse, assumevano comunque un rilievo sociale minore poiché afferenti alla sfera del privato.
L’immagine di Santa Liberata da Como – monaca benedettina, morta nel 580, e venerata, nel Bresciano, a Capodiponte -, protettrice del parto, delle puerpere e dei neonati, si riferisce soprattutto alla popolazione femminile di Verolanuova. Sant’Apollonia e Santa Lucia ricordano invece la diffusione e il tentativo di prevenzione di malattie ai denti, alla bocca e agli occhi, disturbi che travagliavano le popolazioni di quell’epoca. (mbc)
Un affresco del 1522 rivela la diffusione degli infortuni sul lavoro in Lombardia
La lettura di un affresco datato 1522, dipinto nella Chiesa della Disciplina, a Verolanuova, in provincia di Brescia - edificio che ai tempi quell'intervento pittorico era il principale luogo di culto della zona - rivela, indirettamente, attraverso l'impaginazione, quali fossero le maggiori e più temute cause di sofferenza o di infermità nella pianura padana, ai tempi del Rinascimento