L’effetto è straordinario. Centinaia di quadri con lo stesso soggetto, con l’identica posizione dell’effigiata, con gli stessi colori, ma di dimensioni e di copisti diversi. Nell’insieme è un solenne concerto a cappella per soli colori; tutti concordi, ma riconoscibili nella loro singola tonalità. Colpisce, questo insieme. Una strofe ripetuta all’infinito da 450 ritratti di Santa Fabiola, matrona romana, protettrice delle donne maltrattate, picchiate, abbandonate o tradite; dei divorziati; celeste consolatrice delle vedove. Tutto parte da un bel ritratto immaginario firmato – evidentemente reso vero dal rilievo di posa di una modella – da Jean-Jacques Henner (Bernwiller, 5 marzo 1829 – Parigi, 23 luglio 1905) un ottimo pittore francese. Henner produsse l’opera probabilmente sull’ondata emotiva suscitata dal romanzo storico “Fabiola o la Chiesa delle catacombe”, scritto nel 1854 dall’allora arcivescovo di Westminster, poi cardinale Nicholas Wiseman. Santa Fabiola ne usciva trasfigurata, rispetto alle informazioni storiche. Quello era un romanzo e tale doveva essere, ma della martire originaria sono rimaste testimonianze importanti e veridiche, come quella lasciate da San Girolamo, il traduttore della Bibbia dal greco al latino. Fabiola (morta a Roma il 27 dicembre 399), appartenente alla gens Fabia, era una nobile romana di fede cristiana che, contro ogni regola cristiana, divorziò prima dal marito (violento) e si sposò una seconda volta, restando poi vedova. Si consacrò così, totalmente, alla preghiera e alla penitenza sotto l’influenza di Girolamo, che ne ha tramandato la memoria, descrivendone la vita in una lettera (Ep. LXXVII) indirizzata nel 400 al suo parente Oceano. Fondò il primo ospedale romano, visse in povertà; poi si trasferì a Betlemme, dove si era ritirato anche Gerolamo per meditare e pregare. Tornò poi a Roma, dove si impegnò costantemente per il bene dei sofferenti e per la diffusione dell’amore di Cristo. Ai suoi funerali partecipò una folla infinita che, di fatto, ne sancì la santità.a circondavano.
Ma veniamo ai 450 ritratti di Fabiola, esposti nella Cappella Byzantine della Menil Collection a Houston dal 21 maggio 2016 al 13 maggio 2018. Non siamo al cospetto di una semplice mostra, ma, nell’insieme, all’opera concettuale di Francis Alÿs (nato nel 1959, Anversa) un artista di origine belga, con base operativa in Messico. Il suo lavoro emerge nello spazio dell’arte interdisciplinare, dell’architettura, della pratica sociale, dell’antropologia.
Nel 1992, l’artista, frequentava assiduamente i mercati di “pulci” Bruxelles. Era soprattutto affascinato dalle semplificazioni, dalle sintesi e dalla scarsa elasticità tecnica dei pittori della domenica, che sembrava arrivassero più scioltamente, invece, al cuore del problema simbolico-rappresentativo rispetto ad artisti più dotati. Nell’ambito di questa ricerca egli dava particolare importanza alle copie di quadri molto noti, come l’Angelus Jean-François Millet, o l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. E fu durante questa ricerca che da un bancone spuntò un bel volto, con un panno cremisi. Quel giorno, l’artista acquistò l’opera e iniziò la sua collezione di copie del ritratto dipinto da Henner, rimanendo incantato da minuscole varianti o da differenze tecniche al cospetto dello stesso soggetto. I nuovi acquisti avvennero un po’ in tutto il mondo, ma il maggior numero dei lavori emerse in Messico, Cile, Brasile, Olanda e Germania.
Oggi, mentre il mondo occidentale affronta drammaticamente il permanere della violenza sulle donne e il dibattito sui divorziati nella chiesa è stato rilanciato da papa Francesco, sembra che Fabiola dischiuda anche notevoli spazi di meditazione sotto il profilo civile, morale e sociale. Non va dimenticato che la Santa, nonostante avesse commesso il peccato del divorzio fu riaccolta nella Chiesa, proprio dal pontefice.
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Un coro d'amore e dolore. I 450 ritratti di Fabiola, patrona delle donne picchiate e dei divorziati
L'effetto è straordinario. Centinaia di quadri con lo stesso soggetto, con l'identica posizione dell'effigiata, con gli stessi colori, ma di dimensioni e di copisti diversi. Nell'insieme è un solenne concerto a cappella per soli colori; tutti concordi, ma riconoscibili nella loro singola tonalità. Colpisce, questo insieme. Una strofe ripetuta all'infinito da 450 ritratti di Santa Fabiola, matrona romana, protettrice delle donne maltrattate, picchiate, abbandonate o tradite; dei divorziati; celeste consolatrice delle vedove. Tutto parte da un bel ritratto immaginario firmato da Jean-Jacques Henner (Bernwiller, 5 marzo 1829 – Parigi, 23 luglio 1905) un ottimo pittore francese. Henner produsse l'opera probabilmente sull'ondata emotiva suscitata dal romanzo storico "Fabiola o la Chiesa delle catacombe", scritto nel 1854 dall'allora arcivescovo di Westminster, poi cardinale Nicholas Wiseman. Santa Fabiola ne usciva trasfigurata, rispetto alle informazioni storiche. Quello era un romanzo e tale doveva essere, ma della martire originaria sono rimaste testimonianze importanti e veridiche, come quella lasciate da San Girolamo, il traduttore della Bibbia dal greco al latino