di Rossana Bossaglia
Emilio Longoni, Ragazzina col gatto, 1892 ca., olio su tavola, 24×33 cm
Nel panorama della pittura tardo-ottocentesca di impronta verista, e in particolare di quella lombarda coinvolta nelle tematiche sociali, gli studi degli ultimi vent’anni hanno sempre più sottolineato il ruolo significativo svolto, in quel contesto, da Emilio Longoni. La sua produzione nell’ultimo decennio del XIX secolo è largamente orientata a rappresentare la realtà della classe povera, e soprattutto l’isolamento e lo sfruttamento dei bambini; senza compiacimenti descrittivi di tipo morboso, anzi con calibrata dolcezza, ma con una sottile capacità di renderne la solitudine psicologica. Longoni si sofferma più dei suoi compagni di strada sul tema dell’infanzia, estrapolandone singole personalità nelle raffigurazioni del quotidiano: personalità colte in maniera differenziata.
Ed ecco che il bambino non è soltanto un’occasione per sottolineare le colpe della società, ma un individuo di cui indagare i sentimenti e studiare gli atteggiamenti anche nel privato. La “Ragazzina col gatto” è un dipinto di eccezionale finezza interpretativa, assecondata da una magistrale sapienza pittorica; un dipinto che si può leggere in vari modi: come indice di solitudine (la protagonista si intrattiene con l’animale domestico per riempire il vuoto della sua giornata), ma anche di consapevolezza morale (l’amore per gli animali è segno di maturità interiore). E si badi che nel repertorio di Longoni esiste un altro dipinto, ambientato nello stesso luogo o in luogo simile, dove stavolta la piccola protagonista allunga il piatto sul tavolo per nutrire un pulcino. Poi Longoni si sarebbe orientato sempre più verso trasfigurazioni simboliste, quasi a indicare un riscatto sublime al male del mondo.
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