Un capolavoro – l’acquerello di Van Gogh in vendita – e un capolavoro l’azione diplomatico-finanziaria svolta da Christie’s per risolvere preventivamente qualsiasi tipo di contenzioso, in una situazione davvero intricata, che parte dal sequestro illegittimo dell’opera da parte dei nazisti alla famiglia ebrea che ne era proprietaria.
L’acquerello Covoni di grano, opera di Vincent van Gogh, sarà messo all’asta da Christie’s, a New York, l’11 novembre 2021, con una stima compresa tra i 20 e i 30 milioni di dollari. Ma potrebbe spuntarne di più. L’ultima volta che questo dipinto fu visto pubblicamente – al di là di qualche foto in bianco e nero – fu nel 1905, quando venne esposto in una mostra. Successivamente il quadro non è più riemerso dalle abitazioni dei collezionisti ed ha avuto una storia travagliata – a partire dal sequestro da parte dei nazisti -.
In questi mesi il dipinto è riapparso poiché la collezione del miliardario Cox – in cui l’opera era conservata, negli Stati Uniti, accanto ad altri quadri di Van Gogh – andrà all’asta per divisioni ereditarie, in seguito alla morte del petroliere.
L’acquerello all’asta nel novembre 2021 fu dipinto nei primi giorni del mese di giugno 1888. Van Gogh era arrivato ad Arles, da Parigi, con il sogno di fondare una comune di artisti, della quale avrebbe dovuto far parte anche Gauguin.
Nella cittadina provenzale, Van Gogh – inserito nel mondo di luce cristallina e dei colori intensi del Midi – aveva iniziato a dipingere con tonalità più chiare e vibranti. Aveva rischiarato – come si dice in gergo – la tavolozza. Il primo periodo del soggiorno ad Arles fu ricco di euforia e di speranze. E ciò è intuibile anche dalla pittura gioiosa della quale questo acquerello è testimonianza. Dopo aver dipinto l’acquerello, l’artista preparò un’opera ad olio, che vibra dello stesso humus, oggi conservata al Museo Kröller-Müller.
A una settimana dallo stesura, Van Gogh inviò l’acquerello a suo fratello Théo. L’opera cartacea rimase in casa. Nel 1905 Johanna Gezina van Gogh-Bonger – vedova di Theo – la prestò alla grande mostra retrospettiva dedicata a Van Gogh tenutasi ad Amsterdam, durante il quale il mondo iniziò a risarcire idealmente il pittore che in pochi avevano capito.
Un paio di anni dopo, la cognata del pittore – considerato il fatto che il mercato si stava aprendo e che lei doveva mantenere la famiglia – vendette il dipinto all’artista e collezionista parigino Gustave Fayet, il quale nel 1913, lo vendette – a suo volta – a Max Meirowsky, un industriale ebreo che risiedeva a Berlino. Nel 1938 l’imprenditore lasciò la Germania per sfuggire alle persecuzioni naziste. E raggiunse Amsterdam. Meirowsky affidò l’acquerello, affinchè fosse messo in vendita, a un mercante d’arte ebreo che lavorava a Parigi.
L’opera fu acquistata a Parigi da Alexandrine de Rothschild (1884-1965), esponente della principesca, ricca famiglia ebrea di banchieri.
La signora, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si rifugiò in Svizzera, lasciando la propria collezione in Francia. Nel 1941 l’acquarello fu così sequestrato dai nazisti – perché facente parte della collezione di una famiglia ebrea – a Parigi e successivamente inviato allo Schloss Kogl. un castello austriaco che era uno dei punti di accumulo delle opere d’arte rapinate dai tedeschi.
Ciò che avvenne in quegli anni non è possibile sapere.
Alexandrine de Rothschild cercò di recuperare il dipinto, finita la guerra. Ma non ci riuscì. L’acquerello fu acquistato alla fine degli anni Settanta, negli Stati Uniti, dal miliardario Cox. Ora, considerati i pronunciamenti di numerosi tribunali che ritengono i quadri rubati dai nazisti – e inseriti, successivamente nel mercato – proprietà dei collezionisti ebrei ai quali furono sottratti, la casa d’aste ha lavorato per evitare ogni possibile contenzioso, raggiungendo un accordo tra i venditori – gli eredi Cox -, gli eredi della famiglia ebrea al quale il quadro fu illegittimamente sequestrato – i Rothschild – e gli eredi dell’industriale berlinese – i Meirowsky – costretto a vendere l’opera, a causa delle persecuzioni naziste -. Non si conoscono, però, le percentuali riaspetto alle quali sarà diviso l’introito. Con questa operazione salomonica, la casa d’aste non solo è intervenuta accogliendo gli orientamenti della giurisprudenza internazionale, ma li ha assolutamente perfezionati, in termini di equità, liberando l’opera da qualsiasi gravame giudiziario che ne avrebbe diminuito il valore o – addirittura – pregiudicato l’acquisto.