Sul litorale di Lido Marini, una località balneare situata tra i comuni di Salve e Ugento, in provincia di Lecce – Puglia – le acque del mare nascondono un affascinante segreto. Dalle viscere della terra sgorgano sorgenti di acqua dolce, fenomeno che ha affascinato gli abitanti e gli studiosi per secoli.
Le fonti sono legate a presenze antichissime. E, soprattutto, ai Romani.
Sono risorgive attive anche durante il periodo estivo, con l’emissione di elevati quantitativi d’acqua dolce, che forse riemergono qui, proprio a causa della presenza di banchi rocciosi. Il fenomeno interessa un lungo tratto e diventa più intenso in alcuni punti, laddove esistono erosioni a V o piccole insenature. L’acqua copiosa che sbocca direttamente nel mare, è particolarmente fresca e pura.
Già al tempo dei Romani, la presenza di queste copiose risorse idriche aveva attirato l’attenzione, favorendo l’impianto di approdi di servizio e altre strutture, forse militari.
Questo approdo era indispensabile per le imbarcazioni che solcavano il mar Mediterraneo, le quali necessitavano di rifornirsi della preziosa acqua dolce durante la navigazione. Ma probabilmente gli edifici che si affacciavano direttamente sul mare avevano forse una finalità ricettiva e costituivano uno snodo per i commerci. Poco più in lì, ecco un approdo molto più ampio – che si configura come un possibile porto, forse di natura militare.
Si può supporre che, grazie alla presenza di queste fonti che ora fiottano direttamente nel mare, le aree interne fossero coltivate e che forse, dove oggi sono cresciute le case delle vacanze, ci fosse una villa rustica. Il terreno rossiccio ancora si imbeve di acque risalenti. E ciò fa pensare che la zona fosse particolarmente adatta all’agricoltura.
I pavimenti di questo che possiamo immaginare come un ostello sul mare, forse interconnesso anche con un servizio di presidio militare furono realizzati, come risulta dai resti sconvolti dall’erosione e dai marosi, in cocciopesto, una miscela di calce e di cocci di ceramica triturati.
Stratigrafia archeologica erosa dai marosi
Lungo la costa rocciosa di Lido Marini, soprattutto a sud della marina, dove l’acqua diventa improvvisamente fredda e dolce grazie alle sorgenti subacquee, si conservano significativi resti di queste antiche costruzioni.
Tra questi resti si trovano abbondanti frammenti di materiale ceramico, testimoni di un passato ricco e movimentato. Si può osservare una struttura muraria parallela alla linea di costa, lunga circa 17 metri, accompagnata da tre altre strutture perpendicolari, ognuna delle quali lunga circa 2 metri.
Questi resti murari, che poggiano su uno strato di crollo, sembrano definire una serie di ambienti, ora intaccati dall’azione erosiva del mare che ha causato il continuo arretramento della linea di costa.
Descrizione dei ruderi
I ruderi delle strutture murarie, conservatisi in alzato per un’altezza di circa 40 cm, sono costituiti da pietre calcaree informi di piccole e medie dimensioni, poste in opera direttamente sul banco roccioso.
I muri sono composti da numerosi frammenti ceramici, prevalentemente laterizi, il tutto coeso con malta. Alle strutture sono connessi depositi archeologici, visibili grazie all’erosione marina che ha messo in luce sezioni di sedimento terroso ricche di frammenti ceramici. I cocci di ceramica servivano per creare un vespaio che evitava la risalita dell’umidità.
Ma i resti di ceramiche d’impasto di colore diverso – rosse, ocra, arancioni, verdi salvia e neri – forse testimoniano una plurisecolare attività di commercio e di prelievo di acqua, con contenitori che giungevano da ree molto diverse. Sono le diverse colorazioni dell’argilla a testimoniarlo.
Per oltre 150 metri il banco roccioso, alto oggi circa un paio di metri sul livello del mare, fu livellato e, in alcuni punto scavato. Qui, in più punti sorgevano edifici, probabilmente a filo del banco roccioso stesso, Ciò che emerge da un’osservazione del litorale dal punto di vista del mare.
A qualche decina di metri dal bar che dà sulla spiaggia, dove la sabbia cede terreno agli scogli, iniziano i segni dell’occupazione.
Una prima lieve insenatura offre l’emissione di acqua dolce, a livello del fondo, freschissima e chiara. Spostandosi a nuoto, lungo la roccia sono evidenti crolli – probabilmente di rinforzi – e punti scavati, forse un tempo utilizzati come ripari. Notevoli paiono i segni di malte e cocciopesto rossiccio.
Un primo approdo, di dimensioni contenute, è caratterizzato dalla presenza di una scala che scende verso l’acqua, in parte scavata nella roccia e in parte realizzata con malta e cocciopesto.
Alla fine della scala è evidente l’inizio di una banchina, che si rivela piatta. Possiamo ben vedere questo approdo, nella fotografia qui sotto.
Il tumulo artificiale
Non lontano dalle costruzioni, si può osservare un tumulo artificiale, composto da pietre calcaree informi e terra, anch’esso eroso dall’azione del mare. In sezione, questo tumulo mostra uno strato significativo di frammenti ceramici che poggia direttamente sul banco roccioso. Si tratta probabilmente di una base per un sovrastante allineamento di blocchi e pietre calcaree, realizzato in opus caementicium.
Datazione e interpretazione delle strutture
Attualmente, gli elementi significativi per una precisa datazione sono pressoché assenti, ma i frammenti ritrovati – ceramica comune, vasi di varie dimensioni con pareti di dolio, tegole, coppi e anfore – suggeriscono una generica collocazione nell’età romana. E’ assai probabile che la funzione delle strutture abbia avuto una lunga durata.
Funzione degli approdi
È plausibile ritenere che queste strutture rappresentassero da lato un approdo al servizio di uno o più insediamenti rustici e/o produttivi situati nell’entroterra immediato e dall’altro potessero offrire una difesa della zona attraverso un presidio militare navale. La presenza delle numerose sorgenti d’acqua dolce nelle vicinanze ha sicuramente influenzato la scelta del luogo. Ma spostandosi lievemente a sud, di qualche decina di metri, si può notare lo scasso totale del banco roccioso, probabilmente per la realizzazione di un porto ben più ampio. Anche qui, sul fondale, passa acqua fresca e dolce. Si può ipotizzare che un tempo esse fosse raccolta in superficie.
Se il primo approdo con scalette ha la dimensione di un porto privato o commerciale, il secondo per vastità e materiali crollati, forse con un molo franato, dà l’idea di una struttura più ampia e servita. Dall’una e dall’altra parte di questo spazio tagliato nella roccia per far spazio al mare, notiamo i resti di edifici.
Non si può escludere – ma potrebbero essere indagini sistematiche a confermarlo – che qui avesse stanza un’unità della marina romana, per svolgere azione di controllo e di presidio della costa.
Ostacoli naturali e navigazione
La scelta del luogo, oltre che per preziosi rifornimenti d’acqua e di cibo, si rivelava accessibile a differenza di altri punti, critici, e ostacoli naturali come le Secche di Ugento, la Secca dei Malandruni e l’Isola della Fanciulla, situati a breve distanza dall’approdo. Questi ostacoli potevano rivelarsi particolarmente pericolosi per la navigazione di cabotaggio, soprattutto in caso di condizioni meteorologiche avverse, rendendo necessario un punto sicuro dove le imbarcazioni potessero rifugiarsi e rifornirsi di acqua dolce.
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