Una scoperta-portafortuna durante gli scavi sul lastricato dell’antico forte romano. A cosa serviva come segnale. La pietra anomala

Il simbolo è stato martellinato sulla soglia di un edificio contrassegnata da una pietra circolare rossiccia, tra un basolato della strada bianco-grigio. L'ipotesi dell'indicatore topografico

Scoperta portafortuna per una volontaria archeologa impegnata, in queste ore, nei lavori di scavo di una parte inesplorata del forte di Vindolanda, in Inghilterra, a un paio di chilometri dal vallo di Adriano. La ricercatrice ha trovato uno dei noti segnali stradali romani. Molto spesso gli antenati, per i quali ciò rappresentava un elemento di fortuna e di prosperità, utilizzavano questa immagine nello stesso modo in cui noi utilizziamo i segnali di indicazione viaria. A Pompei pare che essi potessero indicare luoghi di piacere.


Il simbolo, in tensione – ne sono stati trovati una quindicina, complessivamente, nel forte di Vindolanda – è stato realizzato sulla soglia di un edificio all’interno della fortificazione romana, sulla strada interna del forte. La soglia era indicata da una pietra – sviluppata, in modo anomalo, circolarmente e di colore rossiccio, a differenza delle altre pietre circostanti, bianco-grigie  – che è stata martellinata con una punta, così da scavare numerose piccole cavità, in punta di scalpello. Nella fotografia, qui sopra, vediamo perfettamente la pietra piatta, tonda e bruno-rossiccia. Il segnale quanto la pietra – una soglia evidentemente – indicano i resti di un edificio. Che c’era lì dentro?

Forse c’erano le latrine del reggimento, entrando e dirigendosi di fronte, nella parte destra dell’atrio? E nella parte sinistra cosa c’era? C’erano forse i bagni intesi come luoghi in cui ci si poteva lavare e stare in ammollo? Hanno questo significato le coppelle, cioè le cavità, che furono scavate con chiara finalità simbolica, nella parte sinistra della pietra di ingresso?

Nel 2022, nel forte, è stata trovata un’altra grossa pietra, posta verticalmente, con analogo soggetto ed una scritta.

Il bassorilievo – realizzato su una pietra calcarea di 40 cm per 15 di altezza – rappresenta lo stesso organo, seguito da un’epigrafe: Secondinus cacor.

Cacor potrebbe essere una contrazione di “cacator”. Gli studiosi inglesi hanno tradotto l’epigrafe come un insulto – “Secondinus malcagat…”.

L’epigrafe è al centro di studi e di riscontri linguistici, che proseguiranno. Andranno verificate, a nostro giudizio, forme analoghe che possano essere ricorrenti in iscrizioni gergali latine. La pietra andrà rivista, nella parte superiore. E’ scritto con certezza “secundinus” – come dicono gli inglesi – o è “secundus”?  Secundus potrebbe essere un elemento di identificazione di un’unità militare? In questo caso potrebbe essere rivista l’ipotesi inglese e sarebbe possibile pensare che il segno indicasse il Secondo – inteso come gruppo di soldati – e la sua latrina.

Il lavoro per la realizzazione di questa “insegna” deve aver richiesto un po’ di tempo allo “scultore”. Una vendetta avrebbe richiesto tale impegno o, più semplicemente, l’epigrafe fu realizzata come indicazione topografica, all’interno del forte?

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz