Un rito bacchico, un’arpista cieca e grande figure su sfondo rosso. Una galleria di grandi figure, compresa l’arpista, posizionata su piedistallo ed emergente su uno sfondo rosso vermiglio. La musicista è accompagnata da altri personaggi che forse rappresentano i protagonisti di una processione bacchica. Questo tipo di grande figurazione si chiama “Megalografia”. Rari esempi di figure su sfondo rosso vermiglio sono conosciuti in Italia, soprattutto nella Villa dei Misteri a Pompei.
In Francia, questo tipo di decorazione in tale stato di conservazione rappresenta una vera novità. Parliamo degli affreschi pompeiani della Maison de la Harpiste (Arles) recuperati nel corso degli scavi. In particolare il grande ciclo dell’Arpista, con le sue grandi figure, sarà totalmente ricomposto, a partire dal 2022.
Situato sulla riva destra del Rodano, il sito di La Verrerie, acquisito dalla città di Arles nel 1978, ha conosciuto diversi scavi che hanno portato alla luce ricche abitazioni urbane (o domus), abbandonate a seguito di un incendio, intorno al 260 d.C. La ripresa degli scavi da parte del Museo Dipartimentale di Arles Antique e dell’Inrap, tra il 2014 e il 2017, ha permesso di riportare alla luce “la casa dell’Arpista”. Oggi i magnifici “affreschi” in essa contenuti sono oggetto di un vasto programma di rimontaggio, studio e restauro. La casa dell’Arpista – che prende il nome dal misterioso personaggio – è stata scavata su 105 m² e si distingue per la sua antica datazione, il suo carattere lussuoso e l’eccezionale stato di conservazione dei suoi intonaci dipinti.
L’edificio fu costruito negli anni 70-50 a.C., ancor prima della creazione della colonia di Arles, da artigiani provenienti dalla penisola italiana che eressero la casa, utilizzando tecniche costruttive romane (a livello di muratura, coppi, pavimenti in mattonelle poste a spighe – opus spicatum che sarà generalizzato in Gallia molto più tardi, negli anni ’30 prima della nostra era). Questa prima datazione testimonia che Arles fu un importante punto di diffusione di nuove mode e tecniche attraverso le province di nuova acquisizione a Roma.
Con un impianto tradizionale per una domus della fine della Repubblica, il suo atrio comprende una galleria che circonda una vasca di raccolta delle acque piovane (impluvium) e serve una serie di ambienti, due dei quali sono stati completamente scavati dagli archeologi. L’arredamento della prima stanza suggerisce che sia una sala da pranzo o una camera da letto. La seconda sala, in gran parte aperta sull’atrio e con sontuose decorazioni dipinte, non può che essere una sala di ricevimento. La casa è stata distrutta tra il 50 e il 40 aC ed è stata riempita con le sue stesse macerie.
Ma i lacerti degli affreschi sono recuperabili nel disegno originale, attraverso un puzzle che sarà composto attingendo a 800 scatole di frammenti e alle pitture rimaste sulle pareti.
Al di là dei danni, la ricostruzione degli affreschi è possibile anche grazie al notevole stato di conservazione della materia pittorica, che si presenta compatta.
Nell’ambito di una partnership nata nel 2014 con l’Inrap, lo studio di questo materiale archeologico è stato affidato ad un toicografo (specialista in dipinti romani) dell’Inrap, in collaborazione con gli archeologi ei restauratori del Museo. Dall’aprile 2021 e per tre anni, questi specialisti si sono dedicati allo studio e poi al restauro degli eccezionali dipinti della Maison de la Harpiste. Da aprile 2021, la ricostruzione del primo set è stata effettuata nel cuore del museo, nella sala delle mostre temporanee dove i frammenti di affresco sono distribuiti su oltre 220 m². Allo stesso tempo, il laboratorio di conservazione e restauro assicura il pretrattamento delle pareti dipinte prelevate dal sito al fine di renderle nuovamente accessibili allo studio. Sono in corso ricerche anche sul rosso vermiglio per prevenirne l’irrimediabile annerimento.
In questa fase dello studio sono stati riconosciuti almeno sei decori, a testimonianza del lusso ostentato sviluppato dal proprietario. Questi dipinti si riferiscono al secondo stile pompeiano. Solo i personaggi più facoltosi, intrisi di cultura romana, avevano i mezzi necessari per portare in Francia botteghe italiane. La prima stanza, studiata quest’anno, presenta un arredo di ispirazione architettonica che divide la stanza in due ambienti distinti (anticamera e alcova).
Tipico di questo secondo stile pompeiano, l’ornamento imita un’architettura di grandi apparati. Ha un’anticamera prevalentemente gialla e un’alcova chiaramente evidenziata da ornamenti più elaborati e in colori molto più smaglianti. Nell’anticamera, la parte inferiore del muro imita un podio di marmo grigio che sostiene pesanti colonne gialle mentre file di blocchi colorati occupano la parte superiore. Nell’alcova, l’arredamento è similmente ispirato ma sviluppato con una policromia più lussuosa. Il podio dai colori vivaci è impreziosito da rosette tracciate in rosso bordeaux. Ricchi pannelli impiallacciati in finto marmo occupano l’area centrale, sormontata da file di blocchi ugualmente luccicanti, e al suo interno è inserito un delicato fregio di Amorini-cacciatori.