Il Museo del Territorio Riccione e gli archeologi dell’Università di Bologna hanno compiuto una campagna di scavi nell’area del Castello degli Agolanti di Riccione. Sono state aperte tre vaste aree di scavo: il primo saggio si è svolto all’interno del fortilizio e sono state individuate tre diverse fasi costruttive, tutte anteriori alle murature che sono conservate in alzato. Dall’analisi dei materiali è stata riconosciuta una frequentazione databile tra VIII e X secolo e continuata con varie trasformazioni in tutto il medioevo. Le murature appartengono a un sito rurale che ha sfruttato la sopraelevazione naturale e la sua posizione strategica sopra la via Flaminia sin dall’antichità.
Le ricerche hanno consentito di individuare strutture di età romana imperiale interpretabili come i resti di una villa. In questo ambito è stata recuperata lucerna, databile a un periodo compreso tra la metà del I secolo e metà del II. La presenza di un bollo ha permesso persino di ricostruire la provenienza dell’oggetto – Modena – e il laboratorio che lo realizzò – Vibiani -.
“Scavare in questo luogo – afferma Enrico Cirelli, Professore di Archeologia del Medioevo europeo dell’Università di Bologna – è una grande opportunità che ci permette di conoscere la storia di un sito in gran parte ignorato dalla letteratura archeologica e dalle fonti scritte ma che si trova su un’area strategica per il controllo del territorio e per lo sfruttamento agrario, sormontante la viabilità adriatica e dominante il mare. Già nei primi giorni abbiamo ottenuto risultati straordinari con il rinvenimento di strutture murarie anteriori al XIII sec. e con un insediamento rurale romano che indica una lunga durata nell’occupazione del sito finora completamente ignorata”.
In un secondo grande saggio aperto a qualche decina di metri più a ovest del castello sono state invece individuate – come dicevamo – le strutture murarie e gli strati di frequentazione di una fattoria romana. Sono conservati i basamenti in mattoni e nelle pavimentazioni emergono ceramiche che ne consentono una datazione compresa tra il II sec. a.C. e il IV d.C.
Il Castello degli Agolanti, o Tomba, prende il nome dalla nobile famiglia fiorentina in esilio che lo fece edificare nella prima metà del XIV secolo, probabilmente su una costruzione preesistente. L’edificio viene descritto nei documenti dell’epoca come una pregevole costruzione fortificata. La sua storia rimane legata agli Agolanti fino al XVIII secolo.
Molti autori riportano l’arrivo di questa prestigiosa famiglia nel riminese intorno alla fine del XIII secolo; con alterne vicende fu legata ai Malatesta e vari componenti di essa rivestirono importanti cariche in seno all’amministrazione locale. A Riccione gli Agolanti non risiedettero in modo stabile, usarono il Castello come residenza di campagna per il controllo dell’attività agricola legata ai loro possedimenti o come luogo di villeggiatura e di rappresentanza.
Rosita Copioli in un suo intervento in “Studi Romagnoli” indica nel testamento di Cesare Agolanti, del 1415, la prima menzione di un Agolanti sul possesso della tomba.
Nel periodo del suo massimo splendore, nella metà del XVII secolo, il Castello di Riccione ben due volte ospitò la regina Cristina di Svezia in peregrinazione dalla residenza di Roma.
Il cronista riminese Ubaldo Antonio Marchi così descrive l’edificio nel 1743: “Questo palazzo è uno delle belle fabbriche, anzi la migliore, che sia nel territorio del Rimino, perché oltre la sua ampiezza e nobiltà, è formato a guisa di castello con suoi torrioni alle quattro cantonate, colle muraglie al di fuori delle mura castellane, con una fossa non piccola d’intorno, in cui si suole far andar l’acqua co’suoi ponti levatoi: l’abitabile poi è molto, e non ignobile con comodissimi sotterranei e necessarie officine”.
Fonti storiche documentano l’esistenza di una chiesina e di un “camerino ad uso biblioteca” all’interno della Tomba Bianca, che custodiva la raccolta di libri di famiglia, ritenuta cospicua, purtroppo andata perduta.
L’edificio costituì per l’importante posizione strategica un punto d’osservazione privilegiato, un avamposto, tanto che nel 1743 fu trasformato in quartier generale dell’esercito austriaco agli ordini del generale Lobkowitz. Ancora nella metà del Settecento sembra essere in buone condizioni. Luigi Vendramin ci informa, nel suo saggio in Tracce di storia, che “si hanno notizie di vari restauri e rimaneggiamenti avvenuti nel tempo; il bel palazzo, non più posseduto dagli Agolanti dall’inizio del XVIII secolo, per la morte di Alessandro, passò successivamente alle famiglie Bertola (o Bertolli), Pedrocchi di Brescia, Buonadrata ed altri ancora. Fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1786, venne, successivamente, in parte abbattuto e in parte adibito a casa colonica e tale rimase fino a quando, nel 1982, fu ceduto dai signori Verni di S. Giovanni in Marignano all’Amministrazione comunale di Riccione, ormai ridotto a misero rudere”.
L’Amministrazione comunale di Riccione ha effettuato un notevole intervento di ristrutturazione dell’edificio, tornato a nuova vita come contenitore culturale nel rispetto della sua valenza storica e ambientale.