Van Gogh, il sesso e le donne
II puntata
Eugenie, la ragazzina con i capelli biondi e gli occhi azzurri, conosciuta a Londra, l’aveva messo in ginocchio. Vincent non poteva
sentirsi rifiutato, considerato anche il fatto che, vivendo sotto lo stesso tetto, qualche intimità dovevano averla raggiunta. O fu tutto soltanto nella testa di Vincent? La depressione, dopo l’allontanamento della casa in cui Eugenie Loyer viveva con la madre, fu tremendo. Gli tolse la voglia di lavorare; lo spinse più volte a tornare a Londra, probabilmente perchè Eugenie era diventata la sua fissazione. Conclusi i soggiorni londinesi, perso il posto di lavoro alla galleria Goupil di Parigi, Vincent fu ancora soccorso dalla famiglia.
Ad essere protagonista, generoso, some sempre, fu lo zio Cent, l’ex gallerista. Perchè il giovanotto si riprendesse dall’esaurimento nervoso di natura sentimentale, aggravato dal licenziamento dalla galleria d’arte, pensò di collocare il nipote come commesso in una libreria di Dordrecht, dove Vincent prese a vivere da solo. E a darsi, nel tempo libero, gli studi.
Leggeva libri religiosi e traduceva la Bibbia. Dopo Eugenie si era proiettato fortemente sulla religione e intendeva intraprendere l’altra professione di famiglia – che si divideva, tra gallerie d’arte e teologia – quella del pastore protestante, com’era suo padre, e com’era stato suo nonno. Nel 1878, però, gli esami di ammissione alla facoltà di teologia di Amsterdam, erano andati male quanto il successivo corso trimestrale di evangelizzazione in una scuola di Laeken presso Bruxelles, che non lo riconobbe idoneo a svolgere l’attività di predicatore. Alla fine dell’anno si trasferì nella regione belga del Borinage, a Pâturage: qui si prese cura dei malati e predicò la Bibbia ai minatori. Autorizzato, nel gennaio del 1879, a predicare temporaneamente – la licenza veniva dalla Scuola di Evangelizzazione di Bruxelles – si trasferì nel centro minerario di Wasmes anche Charbonnage de Marcasse, vivendo in una baracca. Ma il suo trasporto emotivo e lo zelo nei confronti dei minatori, lo fecero vedere come un individuo sospetto che poteva incitare alla ribellione sociale. Così perse anche il permesso di predicatore. Si trasferì quindi, nel vicino paese di Cuesmes dove visse con un minatore del luogo e, pur indigente, cercò ancora di aiutare chi non stava in realtà peggio di lui.
Poi diventò amico del pittore olandese Anthon van Rappard e studiò prospettiva e anatomia, impegnandosi in disegni che ritraevano soprattutto umili lavoratori della terra e delle miniere. Non a caso i suoi pittori di riferimento erano Millet e Daumier. Nell’aprile 1881 lasciò l’Accademia e tornò a casa, a Etten. Vincent sembrava migliorato, nell’equilibrio psichico, con il ritorno al proprio nucleo familiare.
Leggeva e disegnava, mentre la sorella Willemina vegliava su di lui. il fratello Theo gli si era avvicinato maggiormnentee, sotto il profilo emotivo. Lo zio Cent lo spronava nel disegno, nel quale notava progressi. Il quadro generale sembrava più sereno. Ma a questo puto iniziò un altra drammatica vicenda sentimentale. Kate Vos-Stricker, sua cugina – era figlia di una sorella della mamma di Vincent- rimasta, da poco vedova, era stata accolta in casa degli zii che la assistevano sotto ogni profilo, con amorevoile dedizione, dopo il gravissimo lutto, lei e il suo bambino di quattro anni.
Vincent inizia ad osservarla. Si accorge che sua cugina gli piace. Ha il desiderio di proteggerla, di risarcirla per quanto il destino le ha tolto. C’era in lui un sentimento di protezione e, al tempo stesso, una forte attrazione fisica e sentimentale. Giunge così a dichiararsi, probabilmente con una certa brutaltà. Kee è ancora innamorata del marito che non c’è più e non penserebbe mai a sostituirlo. La giovane donna, spaventata, lascia lo stesso giorno la casa degli zii. Ma cos’è avvenuto? Vincent ha cercato di baciarla? L’ha aggredita? Non si spiegherebbe una partenza così rapida della vedova e del suo bambino, se avesse semplicemente saputo che il proprio cugino era innamorato di lei. Avrebbe certamente lasciato la casa degli zii, ma non con quella fretta che lascerebbe intendere timore e offesa.
Per Vincent il rifiuto diviene un’esperienza orribile. Si riapre la stessa ferita che l’aveva fatto soffrire, ai tempi del rifiuto da parte di Eugenie. Probabilmente i familiari più stretti, gli consigliano di non inseguirla. Cercano di ridurne il trasporto emotivo, lo invitano a scrivere lettere. Vincent le scrive, allora, ma Kee non risponde. Manda persino una raccommandata agli zii, i genitori della cugina, chiedendo che gli lascino vedere la giovane donna. E un giorno disperato, in cui si sente solo, perduto, rifiutato, decide partire per raggiungere Amsterdam, dove Kee si è trasferita nella casa dei genitori. E’ l’ora di cena quando Vincent bussa alla porta dell’abitazione degli zii. Qualcuno apre la porta e nel vedere Vincent, prende tempo, affinche Kee si possa nascondere e poi lasciare la casa. Gli zii affrontano il nipote, cercando di spiegargli che è un amore impossibile. Che Kee non può pensare ad altri uomini, dopo il lutto terribile che ha vissuto e che sta vivendo. Kee deve tornare minimamente a vivere, a respirare. Ha bisogno di tranquillità. Vincent sa che Kee è lì o è da poco uscita., Di fronte ai genitori della donna, van Gogh si ustiona volontariamente una mano sulla fiamma di una lampada. Concluso l’incontro di quella sera, zii e nipote si danno appuntamento il giorno successivo. Vincent non accetta che qualcuno lo convinca che lui non deve vedere più Kee, per il bene di tutti, a partire dalla necessità di preservare se stesso e l’equilibrio nervoso. Poi gli zii diventano brutalmente sinceri. Riferiscono a Vincent che a Kee ripugnerebbe, il rivederlo e che lui deve smettere di essere così insistente. Il pittore è assalito da un dolore immane. Ormai si sente rifiutato dalla vita, ma il destino, preparerà il capitolo della prostituta, ragazza-madre, il cui volto è butterato dal vaiolo.