LEONARDO IN TV | “Leonardo non dipinse la battaglia d’Anghiari”. Perchè? Ricerche convergono sulla tesi De Toni-Manescalchi

Le indagini sono raccolte nel volume, fresco di stampa, intitolato "La Sala Grande di Palazzo Vecchio e la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Dalla configurazione architettonica all'apparato decorativo", pubblicato dalla casa editrice fiorentina Olschki nella collana 'Biblioteca Leonardiana. Studi e Documenti', a cura di Roberta Barsanti, Gianluca Belli, Emanuela Ferretti e Cecilia Frosinini. Ma anni fa, due studiosi di vaglia - De Toni e Manescalchi - erano già giunti a questa conclusione, spiegando i motivi del fraintendimento sul lavoro svolto da Leonardo a Palazzo Vecchio. Per noi ricostruisce la vicenda lo stesso Roberto Manescalchi

[I]n occasione del quarto e ultimo appuntamento con la serie tv Rai dedicata a Leonardo (in programma stasera, martedì 13 aprile alle 21.25 su Rai Uno), vi proponiamo in queste ore alcune pillole tratte dai nostri studi e le scoperte incredibili che gli studiosi di Stile arte hanno compiuto in questi anni, nella speranza che possano servire a comprendere a tutto tondo un personaggio eclettico e difficilmente squadernabile come il Da Vinci. Il focus della puntata di stasera è sulla celeberrima Battaglia di Anghiari. Qui un approfondimento a cura di Roberto Manescalchi per Stile arte. Buona lettura

 

“Non c’è nessuna Battaglia di Anghiari sotto il dipinto del Vasari nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio”. Lo ha affermato, in questi giorni, Cecilia Frosinini, esperta di Leonardo da Vinci, direttrice del dipartimento Restauro pitture murali dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. E converge su questa conclusione un gruppo di esperti – tra i quali storici dell’arte, storici dell’architettura – che avevano partecipato a un convegno sulla decorazione della Sala Grande di Palazzo Vecchio. Le indagini sono raccolte nel volume, fresco di stampa, intitolato “La Sala Grande di Palazzo Vecchio e la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Dalla configurazione architettonica all’apparato decorativo”, pubblicato dalla casa editrice fiorentina Olschki nella collana ‘Biblioteca Leonardiana. Studi e Documenti’, a cura di Roberta Barsanti, Gianluca Belli, Emanuela Ferretti e Cecilia Frosinini.
Ma anni fa, due studiosi di vaglia – De Toni e Manescalchi – erano già giunti a questa conclusione, spiegando i motivi del fraintendimento sul lavoro svolto da Leonardo a Palazzo Vecchio. Per noi ricostruisce la vicenda lo stesso Roberto Manescalchi.

di Roberto Manescalchi

Sono vecchio e malandato, non ero un fulmine neppure da giovane, ma ora arrivo sempre a scoppio ritardato. Confesso di nutrire un’ammirazione sviscerata per chi scrive di getto e lo fa con cognizione di causa…: i cavalli di razza! Si sono allenati a lungo, hanno fatto sacrifici enormi, hanno studiato in modo pazzo e disperato ed ora il traguardo dei cinque furlong sulla pista dritta di Epsom è loro. Possono vincere la corsa. Io al cospetto sono un povero ronzino che si barcamena come può in ippodromi di periferia ed arrivo al palo sempre più tardi. Vengo chiamato per far numero e a malapena riesco a guadagnarmi la biada. Attenzione pero che l’albo d’oro dei vincitori ad Epsom non è poi lunghissimo. Chi non vi compare… è quasi sempre un piscialibri e o pisciarticoli (sostantivi onomatopeici della velocità e sinonimi di scemenza) ed allora la coscienza del ronzino ha la sua ragione e la sua motivazione d’essere. È ormai di qualche giorno la notizia del fatto che Leonardo non avrebbe dipinto la battaglia di Anghiari nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.

Eminenti studiosi lo avrebbero accertato, ci sarebbe stato un convegno al proposito ed una importante casa editrice annovera ora nel suo catalogo un libro dedicato alla scoperta della battaglia che non c’è. La notizia ha avuto un enorme risalto mediatico e io, un po’ in ritardo e vi ho spiegato perché, arrivo oggi a sottoporvi alcune questioncelle garbate.

cfr: firenze.repubblica.it/tempo-libero/articoli/cultura/2020/10/07/news/firenze_salone_dei_cinquecento_li_sotto_non_c_e_nessuna_battaglia_di_anghiari_-269730116/

cfr: www.corriere.it/cronache/20_ottobre_07/leonardo-suo-dipinto-perduto-non-esiste-la-battaglia-anghiari-mai-dipinta-5e7f8d26-08bf-11eb-ab0e-c425b38361b4.shtml

1° questioncella garbata

In un magistrale saggio del 1982 (la storia bisognerebbe conoscerla – almeno limitatamente all’argomento di cui uno si ritiene esperto –  il compianto Nando de Toni, poi vedremo chi fu, dopo una accurata e attenta comparazione e disamina delle fonti scriveva « … Allo stesso modo facilmente avrebbe potuto essere evitato l’errore della ricerca, con la relativa ingentissima spesa di un ‘dipinto’ vinciano su una parete della sala del Gran Consiglio a Firenze

un ‘dipinto’ sulla battaglia di Anghiari mai esistito, se non per qualche pennellata di colore aggiunta su quel ‘cartone’ che la bufera di un giorno distrusse il 6 giugno 1505. Scrive Vasari che “da Piero Soderini, Gonfaloniere allora di Giustizia, gli fu allogata la detta sala” non tutta, naturalmente ma la parte di fronte a quella allogata a Michelangelo. La deliberazione della Signoria circa quell’opera fu presa il 4 Maggio 1504 ma Leonardo aveva già iniziato il lavoro per il cartone nella sala del Papa in Santa Maria Novella.

“Atteso – dicono i Signori Priori di Libertà e il Gonfaloniere di Giustizia – come, havendo più mesi fa Lionardo di ser Piero da Vinci, cittadino Fiorentino, tolto a dipingere uno quadro della Sala del Consiglio grande, et sendosi già per detto Lionardo cominciata tal pictura in sur un cartone … e prefati magnifici signori … che il detto Lionardo da vinci debba havere interamente finito di dipingere el detto cartone et rechatolo alla sua intera perfectione per infinito a tutto el mese di Febbraio proximo futuro del 1505, ogni exceptione et gavillatione remossa … “Nell’Ottobre del 1503 il Vinci cominciò il cartone, poiché al 24 di quel mese i Signori e Collegi ordinarono al Massaio della Camera dell’Arme di consegnare a Leonardo la chiave della Sala del Papa e di altre stanze attigue. Dal febbraio del 1504 cominciarono ad essere annotate le spese per l’opera: salarii a Leonardo, ponti nella detta sala del Papa, materiali occorrenti per la pittura, pagamenti agli aiutanti del Maestro. Le spese figurano fino al 31 Ottobre del 1505.

Se ne potrebbe dedurre, dato che il cartone venne praticamente distrutto da un violentissimo uragano il 6 giugno del 1505 e che i pagamenti continuarono fino all’Ottobre dello stesso anno, che il Vinci abbia lavorato anche nella sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio. Di certo sappiamo soltanto che nel 1507 anche il cartone di Michelangelo non era stato tradotto sulla parete che gli era stata destinata e che i due cartoni (forse soltanto alcune parti di quello di Leonardo), uno nella Sala del Papa e l’altro nel Palazzo dei Medici “furono (ce lo dice Benvenuto Cellini) la scuola del Mondo” La restituzione alla Signoria di Firenze di centocinquanta fiorini larghi d’oro da parte di Leonardo ci costringe a ritenere che la distruzione del cartone, anche se dovuta ad un nubifragio eccezionale, sia stata considerata una ‘cavillosità’ del Vinci e che lo stesso, al quale era stata concessa la facoltà di trattare per un contratto supplementare per la ‘pittura’ nella Sala del Consiglio, non se ne sia valso ed abbia rinunciato al proseguimento dell’opera. Forse da alcune parti del cartone del Vinci, salvate a stento dalla completa rovina e probabilmente già pennelleggiate, vennero a noi quelle copie parziali che unitamente ad alcunistudi sparsi in vari fogli di Leonardo ci lasciano un pallido segno di come poteva essere stata concepita dal Maestro la “Battaglia per lo Stendardo”. Se il mecenate americano Signor Hammer, avesse conosciuto a tempo debito tutto questo, di certo avrebbe ritenuto miglior cosa non tanto la ricerca di una inesistente pittura vinciana ma una più efficace, urgente e necessaria protezione e difesa del capolavoro milanese di Leonardo». (Nando De Toni: Errare umanum est, Notiziario Vinciano n° 21, Centro Ricerche Leonardiane, Brescia 1982).

Che la battaglia di Anghiari non fu mai dipinta era già stato detto e dimostrato.


Vediamo ora chi fu Nando de Toni. Innanzi tutto fu figlio d’arte di Giovanni Battista (1864-1924) illustre botanico dell’ateneo di Camerino prima e di Brescia poi che, dopo lunga e onorata carriera, si dedicò per anni allo studio della botanica di Leonardo. Il giovane Nando (1902) è cresciuto respirando un Leonardo spiegato ad altissimi livelli. Dopo la laurea in ingegneria coltivò, praticamente in esclusiva, i suoi interessi storici. Completò la trascrizione del Codice Trivulziano (Milano 1939); trascrisse (trascrizione diplomatica e critica e indice) e pubblicò per primo (Brescia 1950) il Codice Atlantico. Si occupò poi delle trascrizioni diplomatiche e critiche dei manoscritti A, B, C, D dell’Institute de France (Grenoble 1960, 1964, 1972). Negli anni, il tutto unitamente ad una numerosa produzione di lavori ‘i Frammenti vinciani’ (Giunti-Barbera), con ricerche anche sui manoscritti E,F,G,H,I,K,L,M dello stesso Istituto. Conosciuto in Italia e all’estero come il maggior studioso moderno di Leonardo fu socio della ‘Raccolta Vinciana’ di Milano fin dal 1926 e membro della commissione vinciana per l’edizione nazionale degli scritti dal 1948. Fu premiato, per il suo lavoro, tre volte dall’Académie française, (1962, 1965, 1974). La cosa è controversa, perché ci fu chi cercò di prendersene il merito in sua vece come spesso accade con cose che riguardano Leonardo, ma da suo figlio ho appreso del ritrovamento, ad opera sua, nel 1965, dei codici di Madrid… Certamente fu il primo a studiarli. Nel 1977 istituì presso la sua abitazione bresciana il ‘Centro di ricerche leonardiane’ che conserva una raccolta unica e pressoché completa delle opere scritte da e su Leonardo. Diede vita al ’Notiziario Vinciano’ un trimestrale che in, più o meno, 30 numeri, ci pare di ricordare, sempre stampati a Brescia, pubblicò saggi di tutti i più importanti studiosi di Leonardo a lui coevi. Nando morì nella sua città nel 1982 e la sua opera è stata a lungo portata avanti dal figlio Giovanni (tradizione di famiglia) ingegnere meccanico ed esperto conclamato di meccanica leonardiana.

2° questioncella

Intanto che il mio studio e la scoperta e o identificazione di un nuovo gruppo della battaglia avevano compimento (lo studio, rivisto ed ampliato, l’ho riproposto in questa rivista… il link sotto):

cfr www.stilearte.it/?s=battaglia+manescalchi

volgeva ad un tragicomico epilogo tra polemiche di ogni tipo – che non mi interessa qui documentare – la quasi quarantennale ricerca dell’affresco nelle pareti del salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.

Avevo già a suo tempo scritto e di seguito estrapolo:
«Che la penso esattamente come il prof. De Toni l’ho già detto, ma in aggiunta mi sia consentito di rilevare che a partire dai “trapani ed altri strumenti” del 1975 allo “scanner ad attivazione neutronica” del 2009 (Giornale della Toscana), sembra che da San Diego (California) sia arrivato o sia stato in procinto di arrivare (almeno stando alle cronache) di tutto e di più senza che, dopo oltre trentacinque anni, si sia addivenuti ad alcuna certezza. Siamo nel 2011, anno in cui a Vasari, nato esattamente 500 anni prima, dovrebbe essere riservato un qualche onore. Credo in assoluta franchezza, che ci sia disponibilità anche in Italia, di tecnologia sufficientemente evoluta per operare un micro foro (che non danneggi assolutamente alcunché).

Micro foro che consenta, senza tante masturbazioni mentali, per di più esterofile, di ispezionare il vano retrostante alla parete fatta erigere da Vasari. Anche in presenza di un essere assolutamente basico come me (senza necessità alcuna di tecnologia evoluta) credo che il buon Giorgio non si offenderebbe affatto se venisse staccato un metro quadro di un suo affresco in modo da poter fare un buco nella parete. Buco in grado di consentire l’ingresso (alla visione retrostante) di quattro o cinque teste in contemporanea, così che si possa, finalmente, prendere atto di cosa realmente lo stesso Vasari abbia o non abbia coperto. Che dite, ci saranno nella disponibilità di una qualche soprintendenza e/o istituto di restauro un tecnico in grado di un distacco parziale di affresco e un maestro muratore in grado di aprire un buco sufficientemente largo? Se anche si rovinasse e o andasse definitivamente perduto un metro di affresco di Giorgio Vasari non sarebbe certo la fine del mondo – tutti conoscono il lapidario giudizio di Michelangelo sul pitturare del buon Giorgio – e una copia avrebbe la stessa precisa valenza dell’originale. Dobbiamo andare a cercarli in California ed aspettare altri trentacinque anni? Credo che trovarli ed operare nel breve termine di qualche settimana sarebbe un bel modo di celebrare il più grande architetto del Cinquecento e servirebbe anche (oltre la boutade) a porre finalmente la parola fine su una vicenda che, dopo trentacinque anni assume contorni che, almeno per noi, non possono non avere il sentore del grottesco. Vasari, infatti, certamente non ha coperto il suo campione. Sì perché nelle sue Vite, per chi non lo sapesse, i fiorentini sono sempre descritti come i migliori e tra i fiorentini certamente Leonardo ebbe un posto di assoluto rilievo. Vasari non era un fesso (come per altro ha già sostenuto pubblicamente il prof. Antonio Paolucci) e crediamo che non avrebbe mai coperto un affresco di Leonardo. Per non dire che, analizzata l’opera e la vita del grande di Vinci, stando al suo modus operandi, egli non avrebbe avuto il tempo di riprodurre in affresco neanche un braccio e o una gamba tratte dal suo cartone. Il cartone attende alla sua produzione grafica che sempre è realizzata di getto e rapidissimamente … per realizzare l’Ultima Cena, invece e ad esempio, il nostro impiegò diversi anni e La Battaglia avrebbe dovuto coprire una superficie notevolmente più grande. Tutta la sua vita è costellata da numerosi “non finito”: con quale logica si può supporre il completamento della Battaglia di Anghiari?

(Roberto Manescalchi: Leonardo ed il mistero della battaglia che si cerca e non si trova, in: Leonardo da Vinci e la
Valtiberina, Centro Studi Mario Pancrazi, 2012 (credo che il centro in questione diretto dal prof. Matteo Martelli sia il più importante centro mondiale di studi Pacioliani)

3°questioncella

Citando correttamente il lavoro di Nando de Toni ho riproposto la cosa almeno altre quattro volte dopo quella appena citata:

– La prima in una conferenza presso la Biblioteca comunale di Anghiari nel 2013

– La seconda in una conferenza presso la libreria Salvemini di Firenze sempre nel 2013

– La terza ad illustrazione -testo- di una cartella di incisioni/studi di Franco Alessandrini* dedicate alla Battaglia (2015)

– La quarta ad illustrazione di un catalogo di mostra/studio di Franco Alessandrini dedicata alla Battaglia (La mostra ad Arezzo, Logge del Vasari, 2015 (Fot. 6)

*Franco Alessandrini, fortunatamente ancora in vita ed operante, nato a Sansepolcro e residente abitualmente a New Orleans è artista di caratura internazionale fin da quando, negli anni sessanta del Novecento, venne accolto dagli ultimi futuristi in una storica collettiva alla famosa galleria ‘La Barcaccia’ di Roma… chi scrive ancora non lo sapeva fare concesso e non ammesso che abbia appreso a farlo.

Conclusioni:

per beneficio di inventario ed onestà intellettuale che agli studiosi è sempre richiesta… ci pare che:
a) un purosangue: Nando de Toni, nel 1982, abbia vinto la corsa.
b) un ronzino (chi scrive) lo abbia ricordato a dovere contribuendo ad aggiungere, anche da queste colonne, una qualche documentazione inedita sull’andamento della corsa/battaglia.

Tutto quanto sopra, ovviamente, per il purosangue e non per il ronzino e per una stagione di studi Leonardiani fantastici che ha visto Brescia sede deputata. Brescia è anche la città dove Stile è nata e continua ad operare… ci pare di aver dedicato molte pagine nuove a Leonardo (una sorta di piccola enciclopedia) fin dal nostro primo operare nel solco di una bella tradizione, che rivendichiamo perché a lui, nel Centro Studi Leonardiani della rivista la nostra gente continua a dedicare considerevoli energie.
Per dovere di cronaca, infine, ricordiamo che l’ing. Seracini – uno dei più importanti fautori della ricerca del dipinto fantasma, almeno stando all’ articolo:

cfr www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/07/leonardo-da-vinci-non-dipinse-mai-la-battaglia-di-anghiari-la-scoperta-di-un-team-internazionale/5958099/

e malgrado le ultime conclusioni degli studiosi – si riserva ancora di dimostrare (quello che in oltre quaranta anni di ricerca con dispiego di enormi capitali e mezzi) non è riuscito ancora a fare (non gli hanno concesso di fare? ognuno la veda come vuole) ovvero l’esistenza del dipinto fantasma.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz