Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti), Cena con suonatore di liuto, 1619-1629, olio su tela, Firenze, Galleria degli Uffizi.
STILETTATE
di Tonino Zana
Ti ricordi di me? Non sarà necessario tagliare grandi età e la domanda riserverà stupore, te la caverai come tutti, “certo che mi ricordo di te e non permetterti di dubitare del mio ricordo”.
Delle persone incontrate, almeno metà non le ho incontrate e cioè non le riconosco. Dunque, le ho incontrate se non le riconosco? Potrebbero scherzare, affermare una relazione inesistente, introducendo alla visione di una vita come sogno.
Balle, la vita c’è, c’è stata, ci sarà, la perdita della memoria è naturale, altrimenti saremmo immortali, però dimenticare un colore, un viso, un muro è morire poco a poco. Il resto è necessaria letteratura.
Ce ne andiamo diverse volte e l’ultima è la fine ufficiale, ma il nostro allontanarci è costituito da diversi passaggi. La questione è l’ammissione. Se accettassimo di perdere per strada, mente, fisico, sentimento, vivremmo in modo meno angusto. O meglio, se riuscissimo ad accettarlo in modo intermittente, non è necessario adeguarci totalmente, non siamo marziani, basterebbe. Allora, gli anni sarebbero nostri, non del giudizio di altri.
Tener stretti i nostri anni e le nostre defezioni non è brutto, soltanto desideriamo un decalogo in cui si ammetta l’indispensabilità di un arretrare, o, chissà, di un avanzare. Quando non conosci la lunghezza del tragitto, il destino del dopo e dell’altrove, che cosa vuoi giudicare il più e il meno.
Lo so bene, sono in un vicolo cieco e d’altro canto dovrò bene entrarci e sfidare il tanto di buio e chissà mai, quella lucina su cui non faccio un gran conto, però ci penso.
Ehi, voi, là in fondo, i più vicini alla lucina, vi ricordate di me?