Resti di un insediamento rurale gallico-romano e uno straordinario pozzo, che ha conservato una perfetta muratura, sono stati portati alla luce nei giorni scorsi nella Francia meridionale, non lontano dalla costa, a Béziers, una città di 72.500 abitanti situata nella regione dell’Occitania.
Il nome della città ha radici romane. Esso deriva dal toponimo latino Baeterrae.
Gli archeologi dell’Inrap – Istituto nazionale per le ricerche archeologiche preventive – hanno condotto l’indagine in occasione del progetto di sviluppo della Zona di attività produttive e commerciali della frazione Mazeran.
Nel corso degli scavi hanno trovato numerosi silos del neolitico – cavità scavate nel terreno, che venivano utilizzate per lo stoccaggio dei semi, soprattutto per le farine – e i resti di una fattoria edificata durante il periodo romano, probabilmente caratterizzata da un’elevata vocazione vitivinicola, che mostrano una continuità di uso di una zona agricola utilizzata sin dalla preistoria.
“Vi si accumulano piante di vite e vi si mantiene un frutteto (è in corso lo studio per identificare la specie). – dicono gli archeologi dell’Inrap – Si rileva la presenza di un primo habitat in materiali deperibili (adobes, cioè mattoni fatti essiccare al sole, e pani di terra). Nel corso del I secolo d.C.. vengono realizzate nuove costruzioni, più ampie e con vocazione agricola, che si mantengono per tutto il II e III secolo con lo stesso fine produttivo”.
“Nel cortile centrale di questo stabilimento è stato portato alla luce un pozzo. – proseguono gli archeologi dell’Inrap – Il Nucleo di Intervento Strutture Archeologiche Profonde (Cisap) dell’Inrap ha effettuato lo scavo manuale in sicurezza. L’involucro cilindrico costruito affonda a una profondità di quasi diciotto metri, lasciando un condotto interno di poco più di un metro di diametro. Il fondo del bacino è scavato nella roccia marnosa impermeabile. Alla base del riempimento sono stati scoperti i resti di piccole stecche di legno associate a raccordi, che evocano un secchio che potrebbe essere stato utilizzato per attingere acqua”.
Successivamente, in concomitanza con l’abbandono del sito, il pozzo fu utilizzato come discarica, “raccogliendo materiali di demolizione ed elementi di occupazione superficiale. Nel fondo del pozzo sono stati trovati resti di arredi e di strumenti che documentano le attività agropastorali svolte in loco. “Le numerose schegge di dolio – un vaso di grandi dimensioni, di terracotta – corroborano in particolare l’ipotesi della vocazione vitivinicola dell’azienda. Un fondo completo di questo tipo di contenitore, annerito dal fuoco, ne attesta il riutilizzo come struttura di un focolare. Frammenti di macine in basalto di Orvieto permettono di intuire la presenza di un impianto a trazione animale”