Vasi da cucina e un ghiro d’argento trovati nell’accampamento romano con frigoriferi di 1900 anni fa. L’arrosto di ghiro

Un portafortuna donato a un militare pigro, amante del sonno e dei piaceri della tavola? I ghiri erano "compagni di giochi" dei bambini romani in quanti venivano allevati in casa. Essi crescevano in appositi stanze o recinti o, per chi avesse spazi minori, in glirari, grossi vasi con fori alle pareti che permettevano l'aerazione dell'interno. Gli animaletti venivano poi consumati dalla famiglia per l'ottimo sapore delle carni.


di Redazione
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Suppellettili, vasi, tanti “effetti personali” dei soldati e persino un ciondolo d’argento che rappresenta un ghiro o un topo sono stati rinvenuti durante gli scavi condotti nel 2023 dagli archeologi polacchi nel campo legionario romano di Novae, in Bulgaria, in cui, nei mesi scorsi, sono stati rinvenuti – ne abbiamo dato ampiamente notizie – due “frigoriferi” realizzati con refrattari per tener isolato termicamente il vano dal resto dall’ambiente. Uno dei due refrigeratori era persino dotato di un tubo d’acqua della rete idrica interna del campo che, passando in esso, abbassava la temperatura della cavità, rendendo prezioso questo servizio durante il periodo estivo.

Questo campo legionario fu eretto nel I secolo d.C. dalla I Legione italiana come base permanente sul limes del Basso Danubio, in risposta alla crescente minaccia dalla vicina Dacia. La 1a legione italiana rimase a Novae fino al V secolo, quando il campo si trasformò gradualmente in una cittadina.

Durante le ricerche condotte nell’area della caserma, sono stati identificati vari oggetti, tra cui lampade ad olio e contenitori in vetro, come bottiglie di vino e bicchieri. Gli archeologi hanno inoltre rinvenuto frammenti di vasi in bronzo e altri manufatti, tra cui fibbie, parti di armature, catene per lampadari, tavoli pieghevoli con basi in bronzo e gambe a forma di zampa di leopardo. Inoltre, sono stati scoperti strumenti chirurgici in bronzo nella zona che presumibilmente era dedicata al medico della legione

L’insediamento militare di Novae e, a destra, la struttura per il raffreddamento dei cibi. Il raffreddamento era garantito dal passaggio dei tubi di piombo che captavano l’acqua da un pozzo profondo posto a monte delle caserme e dall’acquedotto che convogliava acqua fresca dalla collina

Il professor Piotr Dyczek, a capo dell’equipe di ricerca, ha recentemente annunciato alcune scoperte interessanti, tra cui – appunto – quella di un antico “frigorifero” trovato in una stanza della caserma militare. Questo frigorifero era un contenitore di piatti di ceramica incassato sotto il pavimento, utilizzato dai legionari per conservare il cibo o forse per riscaldare la ceramica prima del travaso dei cibi.

Il vano con contenitore coibentato da ceramica refrattaria trovato lo scorso anno

Il professore ha spiegato che i frammenti ossei rinvenuti mostrano segni di cottura, indicando che la carne conservata era stata preparata. Inoltre, sono stati trovati pezzi di carbone e un frammento di una piccola ciotola. Non si può escludere che questa “cavità termica” fosse utilizzata anche durante la stagione fredda come minuscolo forno per evitare che gli alimenti, probabilmente cucinati altrove, in una cucina militare, si raffreddassero. Dedicato al freddo era invece lo spazio coibentato da refrattari in cui era stato murato un tubo in cui passava l’acqua fresca.

Numerosi i resti del lungo stazionamento dei militari romani. Oltre alle suppellettili di ceramica, gli archeologi polacchi hanno portato alla luce oggetti personali dei legionari, tra i quali un ciondolo che rappresenta un topo o un ghiro che trasporta con le zampe anteriori, facendolo rotolare, un pezzo di cibo.

L’animaletto sembra alludere al sogno legittimo di un legionario che forse evitava di pensare, per sé, a battaglie epiche, ma al cibo e al sonno ristoratore in un luogo riparato in cui nascondersi. L’osservazione della coda e del muso degli animale raffigurato nel ciondolo non consente di identificare con precisione il simpatico animaletto. L’appendice caudale dell’animaletto rappresentato è più larga di quella di un topo e più stretta di quella, pelosa, del ghiro. Ma dobbiamo tenere conto che i piccoli del ghiro sono dotati di code che si collocano dimensionalmente in un punto mediano tra l’appendice dei topi e quella dei ghiri adulti. Un augurio di serenità, quindi. Forse un dono che significava “riguardati!” o che intendeva cogliere, oltre a costituire un augurio di prospera tranquillità, l’inclinazione anti-eroica del soldato stesso, a cui dovevano piacere, più di tutto, il cibo e il sonno.

I ghiri erano “compagni di giochi” dei bambini romani in quanti venivano allevati in casa. Essi crescevano in appositi stanze o recinti o, per chi avesse spazi minori, in glirari, grossi vasi con fori alle pareti che permettevano l’aerazione dell’interno. Gli animaletti venivano poi consumati dalla famiglia per l’ottimo sapore delle carni.

Tra le altre scoperte degne di nota di quest’anno ci sono diverse dozzine di monete risalenti al periodo dall’invasione dei Goti nel III secolo all’inizio del regno di Costantino il Grande nel IV secolo. Gli archeologi hanno anche identificato sequenze di mura, resti di case, massi, pesi da tessitura e da pesca, fusaie, fosse di ossa e frammenti di vasi appartenenti a questo periodo.

Il professor Dyczek ha sottolineato che la città di Novae, durante questa fase, si trasformò progressivamente in una comunità civile. Inoltre, le nuove scoperte forniscono dati sufficienti per ricostruire la storia di questa antica località che è rimasta avvolta nel mistero.

Una scoperta rilevante riguarda i frammenti di interi sistemi di approvvigionamento idrico, costituiti sia da tubi in ceramica che da tubi in piombo. Secondo il professor Dyczek, questi ultimi sono rari poiché il piombo era una materia prima preziosa e spesso riutilizzata nel corso del tempo. La rete idrica di Novae dimostra l’importanza attribuita dall’esercito romano all’accesso costante all’acqua, fondamentale per le attività quotidiane dei soldati, inclusi l’uso nelle terme. L’acqua proveniva da una sorgente del fiume Dermen, poiché il vicino Danubio era inadatto a causa dell’elevato inquinamento. Un acquedotto di circa 10 chilometri forniva l’acqua a due grandi serbatoi di fronte al campo, che poi veniva distribuita attraverso una complessa rete di acquedotti e canali prima di riversarsi nel Danubio.

Proprio attorno a uno di questi tubi freddi venne realizzato il “frigorifero”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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