Demoliscono officina. E, sotto, le scoperte. Torre e affreschi. Un quartiere romano che verrà cancellato. Sorgerà condominio

È composto da diversi isolati urbani, scanditi da tre strade e un vicolo, dotati di tubazioni che garantiscono l'evacuazione delle acque piovane e reflue, alcune delle quali si intersecano. Il quartiere subì diverse riqualificazioni durante la sua fase di occupazione (dalla metà del I secolo fino al III secolo e poi – dopo una fase di abbandono – nel IV e V secolo ).
Una stanza affrescata con imitazione di marmi rari, scoperta durante gli scavi. Il soffitto, crollato, era chiaro, con motivi vegetali . © Flore Giraud, Inrap

Oggi sabato 23 marzo l’Inrap organizza un open day del cantiere di scavo per mostrare gli ultimi ritrovamenti relativi a una zona portuale romana di Narbonne, in Francia.. I visitatori potranno scoprire l’archeologia preventiva attraverso una mostra e un laboratorio di “archaeomaquette”, prima di vedere i resti, in compagnia degli archeologi che lavorano a questo scavo. Lo scavo preventivo ha portato alla luce fortificazioni della zona del porto urbano, che contraddicono l’idea che Narbonne fosse una città aperta. I lavoro stanno permettendo di compiere un viaggio nel tempo in un settore commerciale e abitativo della città romana della Gallia meridionale del litorale. Il lavoro si svolge su un’area di 3.000 mq alla periferia del centro storico di Narbonne e porta alla luce un antico quartiere per lo stoccaggio e il commercio, attivo tra il I secolo e il IV secolo . dC della Colonia Narbo Martius, risalente all’Alto Impero.

Lo scavo, condotto dall’Istituto nazionale francese per le ricerche archeologiche preventive, si sta svolgendo al quai d’Alsace, lungo il fiume Robine. E’ stato dopo l’abbattimento delle vecchie officine della società Guille wood, in vista della realizzazione di un condominio con 118 appartamenti, che gli archeologi dell’Inrap hanno portato alla luce resti sorprendenti, tra i quali la torre del porto fluviale, domus con stanze affrescate, magazzini, sistemi di deumidificazione degli spazi per la conservazione di prodotti – probabilmente granaglie – ottenuti con un vespaio formato da anfore, che impediva il contatto con la terra bagnata della zona. Il porto, al quale si giungeva con imbarcazioni dalla chiglia piatta era un punto di scambio intermodale tra il mondo dei trasporti marini e di quelli terrestri e fluviali. Era protetto da mura – gli archeologi ne hanno portato alla luce un tratto di 30 metri – e da una torre circolare.

Lo scavo si svolge in un’area periferica della città antica, urbanizzata intorno al 50 d.C., più di un secolo e mezzo dopo la fondazione della Colonia Narbo Martius nel 118 a.C. È composto da diversi isolati urbani, scanditi da tre strade e un vicolo, dotati di tubazioni che garantivano l’evacuazione delle acque piovane e reflue, alcune delle quali si intersecano. Il quartiere subì diverse riqualificazioni durante la sua fase di occupazione (dalla metà del I secolo fino al III secolo e poi – dopo una fase di abbandono – nel IV e V secolo ).

Anfore praticamente intere sono state trovate in un vespaio realizzato per evitare che l’umidità del terreno fluviale raggiungesse i magazzini. © Jean-Baptiste Jamin, Inrap

“Questo settore della città era dedicato allo stoccaggio e al commercio delle merci. – affermano gli archeologi dell’Inrap – In questo sito sono stati parzialmente sgomberati da tre a quattro magazzini, spazi di stoccaggio probabilmente amministrati da diversi commercianti. Uno degli edifici si distingue dagli altri: permetteva lo stoccaggio delle merci al piano terra, su un terreno ripulito da un sistema di vespaio realizzato con anfore di recupero. Il piano superiore doveva essere adibito ad ufficio o abitazione, come testimoniano i frammenti di pavimenti in cemento e mosaici nonché le pareti in mattoni crudi ricoperte da rivestimenti verniciati rinvenuti crollati a seguito di un incendio”.

La stanza affrescata © Flore Giraud, Inrap

“Poco più distante, un secondo magazzino appare distrutto dallo stesso fenomeno. – afferma l’Inrap – Gli edifici ricostruiti sembrano legati ad altre attività. Così, una stanza con pareti particolarmente ben conservate, alte quasi 80 cm, è decorata con rivestimenti dipinti. Il loro disegno imita le lastre di marmo mentre il soffitto era decorato con intrecci vegetali su fondo bianco. Questo insieme sarà cristallizzato dai restauratori – per il recupero, ndr – e integrerà, dopo gli studi, le collezioni del museo di Narbo Via grazie ad un accordo di deposito che vincola lo Stato e l’EPCC Narbo”.

E i resti romani che fine faranno? In buona parte saranno distrutti, ad esclusione di quelli notevoli.

“Le strutture individuate durante la diagnostica e gli scavi archeologici preventivi sono destinate alla distruzione, una volta documentate, per far posto a nuove costruzioni. – dicono gli archeologi dell’Inrap – Considerando l’eccezionalità delle scoperte effettuate sul Quai d’Alsace, il Gruppo SM – l’azienda immobiliare ndr – ha deciso di modificare il proprio progetto di sviluppo, al fine di garantire la conservazione dei resti dell’antico recinto (torre e cortina muraria), che sarà essere quindi integrati nella realizzazione futura”.

 

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz