L’artista, come avvenne in Mantegna, orientò l’eloquenza delle nubi, dipingendo in esse figure. Non giochi di pareidolia, ma veri e propri apparati simbolici in grado di orientare, in modo subliminale, lo spettatore.
Il pittore olandese aveva studiato approfonditamente la pittura rinascimentale e la pittura classica. Così da imparare che un quadro non è una fotografia e che il pittore, quando dipinge, evoca. Che, nell’ombra, si possono dipingere piccole figure. Che nella luce più intensa si possono evocare volti. angelici. Lo spettatore non se avvedrà, perché è “segreto del mestiere”.
Basta ruotare il quadro. di 90 gradi per capire che il motore della dolcezza di questo dipinto risiede nella strana nube dorata che si appoggia a un paesaggio denso d’ulivi e di monti.
Non siamo di fronte a una semplice nube, ma a un prodigio vespertino, a un abbraccio materno, prima dell’arrivo della notte. E quanto conforto suscita quell’insieme di figure, in grado di ricordare l’abbraccio di nostra madre o il tema religioso della Maternità.
La forza dei dipinti non risiede nell’atto di creare visioni assolutamente oggettive, ma di lavorare sul rapporto tra percezione ed emozione.
Ed è per questo che ciò che vedete in questo quadro è ciò che il pittore non avrebbe voluto che voi vedeste, ma che voi percepiste tra le righe.
L’arte del passato era in grado di evocare. Era ricca di piani simbolici e di trame sentimentali che si materializzavano come un sottofondo, come un registro di accompagnamento musicale. Chi volesse vedere altre immagini nascoste nei quadri può cliccare qui. Chi, invece, voglia conoscere la funzione delle nuvole nell’arte, può cliccare su questa riga.