Archeologia a colpo d’occhio. Vedete una cosa così in un campo. Cosa nasconde questo cerchio di grandioso e di orribile. Rispondono gli archeologi

Strutture circolari. Si stagliano sul terreno verde e si comprende che sono antiche e sono di natura umana. Ma cosa sono? Scendente con noi verso ciò che resta di queste struttura di migliaia di anni fa e lo scoprirete. Con un brivido.

Nella maggior parte dei casi queste strutture circolari sono preistoriche. La loro diffusione copre aree vastissime, sotto il profilo geografico.

Lo studio pubblicato da Antiquity l’8 ottobre 2024, intitolato “Una cavalcata spettrale: sacrificio di cavalli dell’età del ferro in una tomba reale nella Siberia meridionale”, getta nuova luce sulle pratiche funerarie che uniscono sepoltura umane e di animali. Esse furono molto diffuse in tutta Europa. In particolare il mondo gallo seguì questi riti. Qui siamo, invece, nelle culture delle steppe eurasiatiche, per evidenziare, in particolare, i sacrifici di cavalli in una tomba reale risalente al IX secolo a.C., nella valle di Uyuk, situata nella repubblica di Tuva, nella Siberia meridionale. I resti archeologici scoperti a Tunnug 1, un antico kurgan o tumulo funerario, testimoniano una cerimonia che riflette i racconti storici di Erodoto, il quale descrisse in dettaglio i rituali funebri sciti del V secolo a.C.

La scoperta include i resti di 18 cavalli disposti attorno al corpo del defunto, probabilmente un personaggio di rilievo all’interno della comunità locale. Questa pratica conferma quanto narrato da Erodoto nel suo celebre Storie (IV, 71-72), dove descrive il sontuoso funerale dei re sciti e il sacrificio di cavalli e servitori, sepolti insieme al sovrano per accompagnarlo nel suo viaggio nell’aldilà.

Riporto qui integralmente la testimonianza di Erodoto riguardo ai funerali dei re sciti:

Erodoto, Storie IV, 71-72:

“Quando muore il loro re, scavano una grande fossa quadrata. Il corpo del morto, dopo essere stato percorso con piccole aperture, viene unto con cera e imbalsamato. Quindi lo pongono su una lettiga, lo trasportano in un’ampia fossa e lo seppelliscono tra vari oggetti preziosi. Con lui uccidono una delle sue mogli, il suo coppiere, il suo cuoco, il suo stalliere, il suo araldo, alcuni dei suoi cavalli, e vari servitori scelti tra quelli che erano stati al suo servizio. Fanno questo perché il defunto possa avere i suoi servitori e i suoi animali nell’aldilà. Dopo un anno, per commemorare il loro re, i Sciti sacrificano cinquantacinque giovani cavalieri appartenenti alle famiglie nobili della nazione e altrettanti cavalli, di cui rimuovono la pelle. I cavalli, impagliati e fatti stare in piedi, vengono disposti attorno alla tomba del re, mentre i giovani cavalieri vengono impalati sopra di essi. Così formano una specie di guardia onoraria che veglia sul sepolcro reale.”

La descrizione di Erodoto, pur presentando qualche aspetto macabro e dettagli impressionanti, rispecchia sorprendentemente quanto emerso dai recenti scavi di Tunnug 1. La disposizione dei cavalli, con i loro finimenti e gli oggetti decorati rinvenuti, sembra seguire uno schema rituale simile, seppur con le dovute variazioni culturali e temporali. Il sacrificio di cavalli, così come il loro ruolo simbolico nelle cerimonie funebri, risale a tradizioni diffuse tra le élite nomadi della steppa, che utilizzavano questi animali non solo come mezzi di trasporto, ma anche come simboli di prestigio e status sociale.

Il contesto storico e archeologico

Il sito di Tunnug 1, un enorme kurgan situato nella valle di Uyuk, è stato al centro di scavi condotti dal team internazionale dell’Istituto Russo di Archeologia e del Centro Eurasia dell’Università di Lipsia. Risalente al periodo Scita antico, questo tumulo è uno dei più antichi della regione e presenta caratteristiche tipiche della cultura tagar e dei popoli delle steppe eurasiatiche. La cultura scita, famosa per la sua maestria nell’uso del cavallo e per le sue pratiche guerriere, sviluppò complesse cerimonie funebri in cui il sacrificio animale assumeva un ruolo centrale.

Gli scavi di Tunnug 1 hanno portato alla luce numerosi resti equini, ma anche oggetti di metallo, armi, e ornamenti. I cavalli erano disposti attorno alla camera funeraria principale, suggerendo un rituale simile a quello descritto da Erodoto, dove gli animali erano offerti come accompagnatori per il viaggio ultraterreno del defunto. Gli archeologi hanno identificato finimenti in bronzo e ferro, decorati con motivi animali, tipici dell’arte scita e della tradizione nomade delle steppe. Questi ornamenti, raffiguranti spesso teste di rapaci o animali stilizzati, confermano l’importanza rituale dei cavalli e la loro associazione con il potere regale.

Influenze culturali e simbolismo

La pratica del sacrificio di cavalli non era esclusiva della cultura scita. Molte culture della steppa eurasiatica, tra cui quella tagar e i sarmati, utilizzavano cavalli nelle cerimonie funerarie, vedendo in questi animali un legame tra il mondo terreno e quello ultraterreno. L’importanza simbolica del cavallo come mezzo di trasporto per l’aldilà è stata riscontrata anche in altre culture nomadi, come quella dei mongoli e dei turchi, che continuarono ad adottare pratiche simili per secoli.

Gli oggetti rinvenuti a Tunnug 1 indicano influenze provenienti dalle regioni più occidentali della steppa, in particolare dalla cultura delle steppe pontico-caspiche. Questo suggerisce un’ampia rete di scambi culturali e commerciali, che attraversava l’intero continente eurasiatico e collegava popoli distanti geograficamente ma simili nelle loro pratiche rituali.

Conclusioni

Lo studio archeologico di Tunnug 1 arricchisce la nostra comprensione delle pratiche funerarie dell’età del ferro nella Siberia meridionale, collegando queste cerimonie a un più ampio panorama culturale delle steppe eurasiatiche. Il sacrificio di cavalli, testimoniato sia dalle evidenze archeologiche che dalle fonti storiche come Erodoto, mostra come queste pratiche rituali fossero parte integrante delle credenze religiose e del sistema sociale delle élite nomadi. Le scoperte confermano che i cavalli erano non solo una risorsa essenziale per la sopravvivenza nelle steppe, ma anche simboli potenti di prestigio, potere e continuità spirituale tra vita e morte.

Fonte: A spectral cavalcade: Early Iron Age horse sacrifice at a royal tomb in southern Siberi, Antiquity, Cambridge University Press, October 2024, di Timur Sadykov, Jegor Blochin,William Taylor, Daria Fomicheva, Alexey Kasparov, Sergey Khavrin, Anna Malyutina, Sönke Szidat, Gino Caspari. DOI: https://doi.org/10.15184/aqy.2024.145

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa