Prova a scavare. Cosa c’è qui sotto? Cosa stanno trovando gli archeologi? Le nuove scoperte. Il segreto costruttivo degli antichi Romani

Alcuni viaggiatori ottocenteschi l’avevano documentato, a livello di ruderi ancora emergenti. Poi, in un poco più di un secolo, tutto è stato inghiottito dalla natura. Certo è il fatto che prima delle immagini aeree – scattate nel 2020 – era impossibile vedere uno spettacolo del genere. Un anello ellittico che rivelava la presenza di una grossa struttura antica.

Veduta aerea dell’Anfiteatro Mastaura quando fu scoperto nel 2020. @ Direzione provinciale della cultura e del turismo di Aydın

Nuovi studi e scoperte sul “ritrovato anfiteatro di Mastaura” – che poteva ospitare tra i 15mila e i 20mila spettatori – rivelano che la straordinaria conservazione dell’edificio romano di pietra è dovuta a una malta di eccezionale tenuta, che ha permesso alle sue strutture di resistere al tempo, senza fenomeni disgregativi. Si parla di un composto ricco di calce idraulica, in grado di rafforzarsi al contatto con l’acqua.

Accanto a questo, naturalmente, viene alla luce la straordinaria capacità progettuale dei romani, in grado di realizzare edifici di grande pregio tecnico, anche sotto il profilo ingegneristico. Un contributo alla conservazione è certamente collegato al fatto che la zona abbastanza impervia in cui sorge l’anfiteatro ha limitato all’anello esterno l’asportazione di notevoli quantitativi di materiale edilizio dal rudere, evitando uno sfruttamento intensivo dei resti com’è invece avvenuto per numerosi altri edifici romani più accessibili che sono stati letteralmente “smontati” e utilizzati per il recupero di materiali edilizi di grande qualità e già pronti.

Alberi, terra, arbusti avevano coperto quasi completamente l’anfiteatro. Poi l’intervento di taglio della vegetazione e l’inizio degli scavi.

Gli esiti della pulizia della struttura, in precedenza totalmente dalla vegetazione @ Direzione provinciale della cultura e del turismo di Aydın

L’archeologo capo Sedat Akkurnaz, insieme al suo team dell’Università Adnan Menderes e al direttore provinciale Mehmet Umut Tuncer, ha definito la riscoperta di questa monumentale struttura come “magnifica”. L’anfiteatro – luogo in cui si svolgevano gli spettacoli dei gladiatori – è stato identificato grazie a immagini aeree nel 2020 e l’edificio dimostra una tenuta notevole. Anche le fondamenta rivelano una qualità e una condizione di salute eccezionali. Akkurnaz ha commentato che la loro solidità è tale che sembra siano appena state realizzate.

L’anfiteatro nel suo contesto, dopo la pulizia @ Direzione provinciale della cultura e del turismo di Aydın

L’anfiteatro, risalente al II secolo d.C., durante la dinastia dei Severi, rappresenta un simbolo del periodo di massimo splendore di Mastaura. Attualmente, il team si dedica alla conservazione e allo studio approfondito della struttura, utilizzando avanzate tecniche come scansioni laser e rilievi geofisici per mappare l’intera arena, comprese le sezioni sotterranee nascoste. Situato su un pendio nella parte occidentale della città antica, l’edificio era – come dicevamo – ricoperto da una fitta vegetazione al momento della sua riscoperta.

La storia di Mastaura, una città dell’antica Lidia situata nell’attuale Turchia occidentale, è ancora poco documentata a causa della scarsità di fonti antiche e di ricerche approfondite prima delle scoperte più recenti. I resti della città romana si trovano nella provincia di Aydın, nella regione dell’Egeo, vicino alla città di Nazilli, da cui dista circa 5 chilometri. L’antica città è collocata su un terreno collinare, nelle immediate vicinanze delle montagne di Bozdağlar, che si estendono verso nord e ovest. il paesaggio montano accidentato in cui si trova ha contribuito, nel corso dei secoli, al suo progressivo isolamento.

Le origini di Mastaura

Mastaura sembra essere stata fondata durante il periodo ellenistico, probabilmente sotto il dominio dei successori di Alessandro Magno. La città si trovava in una posizione strategica lungo una delle vie commerciali che collegavano le regioni interne dell’Asia Minore con la costa egea. Durante questo periodo, molte città della regione prosperarono grazie al commercio e alle ricchezze naturali della Lidia, che includevano risorse agricole e minerarie.

Il periodo romano e il massimo splendore

Il periodo di massimo splendore di Mastaura risale all’epoca romana, specialmente tra il I e il III secolo d.C., quando la città entrò a far parte dell’Impero Romano sotto il controllo della provincia d’Asia. Durante questo periodo, Mastaura beneficiò del vasto sistema di infrastrutture romane, tra cui strade, acquedotti e altre opere pubbliche, che facilitavano il commercio e lo sviluppo urbano.

Il declino di Mastaura

Nonostante il suo sviluppo durante l’epoca romana, Mastaura iniziò a declinare a partire dal III secolo d.C., quando l’intera regione fu colpita da crisi economiche, invasioni barbariche e instabilità politica. È possibile che la città sia stata danneggiata o abbandonata a seguito delle incursioni dei Goti e delle guerre contro i Persiani Sasanidi, che colpirono molte città dell’Asia Minore.

Nel periodo bizantino, Mastaura sembra aver perso gran parte della sua importanza. La città continuò ad essere abitata, ma non è menzionata nelle fonti principali dell’epoca, il che suggerisce che fosse diventata una piccola comunità rurale, molto distante dai fasti del passato.

L’abbandono e la riscoperta

Nel corso dei secoli, Mastaura fu progressivamente abbandonata e dimenticata. Il sito della città fu ricoperto dalla vegetazione e le sue strutture monumentali, come l’anfiteatro, furono progressivamente nascoste dal terreno e dalla vegetazione

Perché la calce romana è “invincibile”

La calce utilizzata dagli antichi romani rappresenta uno degli esempi più sorprendenti di ingegneria e scienza dei materiali dell’antichità. Recenti studi scientifici hanno confermato l’eccezionale durata e la resistenza di questa calce, che ha permesso a molte strutture romane di restare in piedi per millenni, come il Pantheon, il Colosseo e gli acquedotti. Ma cosa rendeva la calce romana così speciale? E perché le sue caratteristiche tecniche si rivelano ancora oggi superiori a molti materiali moderni?

La composizione della calce romana

La calce romana, conosciuta come calce aerea, era prodotta attraverso un processo che prevedeva la cottura di pietre calcaree ad alte temperature (intorno ai 900-1000 °C), creando così ossido di calcio, noto anche come calce viva. Successivamente, la calce viva veniva mescolata con acqua, processo che liberava molto calore e trasformava l’ossido di calcio in idrossido di calcio. Questo materiale poteva poi essere utilizzato come legante per la costruzione, mescolato con aggregati come sabbia o pietrisco per formare malte e intonaci. Quando esposto all’aria, l’idrossido di calcio reagiva con l’anidride carbonica dell’atmosfera, tornando a formare carbonato di calcio, un materiale solido e durevole.

Tuttavia, la formula della calce romana era tutt’altro che semplice. Oltre alla calce viva, spesso venivano aggiunti ingredienti pozzolanici, come la cenere vulcanica proveniente da località come Pozzuoli o il Vesuvio, o frammenti di laterizio. Questi materiali pozzolanici, ricchi di silice e allumina, conferivano alla calce proprietà idrauliche, permettendole di indurirsi anche sott’acqua e migliorandone la resistenza e la durata.

La straordinaria durata della calce romana

Uno dei motivi principali della longevità della calce romana risiede proprio nell’uso di materiali pozzolanici. Gli studi hanno dimostrato che questi materiali, combinandosi con l’idrossido di calcio, formano nuovi composti chimici, come i silicati di calcio idrati (C-S-H), che contribuiscono a rendere la malta incredibilmente resistente e duratura. Questi composti sono particolarmente efficienti nel bloccare l’acqua e prevenire l’erosione, uno dei principali nemici dei materiali da costruzione.

Recenti ricerche, condotte da scienziati del MIT e dell’Università di Harvard, hanno analizzato frammenti di calce romana utilizzando tecniche avanzate come la microscopia elettronica e la diffrazione dei raggi X, rivelando la presenza di “clasti calcarei”. Questi piccoli frammenti di calce viva non completamente disciolti agivano come “riparatori” naturali all’interno della malta, consentendo al materiale di “autoguarire” nel corso del tempo. In presenza di crepe o infiltrazioni d’acqua, infatti, i clasti calcarei si dissolvono lentamente e reagiscono con l’acqua, formando nuovo carbonato di calcio e sigillando le crepe.

Questa capacità di auto-riparazione ha permesso alle strutture romane di sopravvivere per secoli in ambienti anche molto difficili, resistendo a terremoti, intemperie e all’erosione naturale. È un principio che oggi sta ispirando lo sviluppo di materiali moderni con proprietà simili.

I consigli di Vitruvio sulla “ricetta” della calce

L’architetto e ingegnere romano Vitruvio, nel suo trattato “De Architectura”, dedicò ampio spazio alla descrizione delle tecniche di produzione e utilizzo della calce. Egli sottolineava l’importanza della qualità della pietra calcarea utilizzata e del processo di cottura. Vitruvio consigliava l’impiego di pietre calcaree bianche e pure, evitando quelle di scarsa qualità o contaminate da argilla o altri minerali che avrebbero potuto compromettere la resistenza del materiale.

Un’altra raccomandazione di Vitruvio era quella di mescolare la calce con sabbie pozzolaniche o vulcaniche, che riteneva essenziali per la costruzione di opere idrauliche come acquedotti, cisterne o porti. In particolare, egli elogiava le qualità della cenere vulcanica di Pozzuoli, che conferiva alla calce una straordinaria capacità di resistere all’acqua. Le opere romane che seguivano questi principi, osservava Vitruvio, erano destinate a durare per generazioni.

Curiosità sulla calce romana

L’uso del latte di calce: I Romani usavano anche una variante più fluida della calce, chiamata “latte di calce”, per intonacare e impermeabilizzare le pareti interne delle cisterne d’acqua. Questa tecnica permetteva di ottenere superfici lisce e impermeabili, che prevenivano la dispersione dell’acqua e miglioravano l’efficienza degli acquedotti.

Il segreto del Pantheon: Il Pantheon di Roma, costruito nel II secolo d.C., è una delle strutture meglio conservate dell’antichità, grazie anche all’uso di calce pozzolanica. La sua cupola, che è ancora oggi la più grande cupola in calcestruzzo non armato del mondo, sfrutta una miscela di calce e materiali vulcanici leggeri per alleggerire la struttura e aumentarne la resistenza.

L’invenzione del cemento idraulico: Sebbene spesso si attribuisca ai Romani l’invenzione del cemento idraulico, in realtà essi perfezionarono e diffusero l’uso della calce pozzolanica su larga scala. Questo materiale, grazie alla sua capacità di indurire anche sott’acqua, venne utilizzato per la costruzione di porti e banchine lungo il Mediterraneo, come il porto di Cesarea Marittima in Israele, che resistette per secoli all’azione del mare.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa