L’antichissima cella vinaria ritrovata in Spagna: il segreto del vino “celestiale” celebrato dagli scrittori romani del II secolo. Come era prodotto il vino a quei tempi?

Un’equipe di archeologi ha scoperto un’antica cella vinaria nella villa marittima di Sant Gregori, a Borriana, sulla costa spagnola, riportando alla luce uno degli epicentri della viticultura romana. La scoperta, coordinata dall’Aula d’Arqueologia Mediterrània dell’Università Jaume I di Castellón e dal Museo Arqueológico di Borriana, non solo ha svelato strutture di stoccaggio del vino, ma ha anche confermato la produzione di un vino “celestiale” che, secondo gli scritti di Frontone e Giovenale, era molto apprezzato a Roma nel II secolo d.C.

Ma cosa rendeva questo vino così speciale e perché veniva citato dagli autori latini? Le risposte emergono dai dettagli di questa straordinaria scoperta e dalle tecniche di produzione vinicola dell’epoca.

Photocredit: https://www.facebook.com/universitatjaumei

Una villa marittima dedicata al vino

La villa di Sant Gregori si trova a soli 75 metri dalla costa ed era un vasto complesso di oltre 15.000 metri quadrati, molto più grande della media delle ville costiere della Tarraconense. Costruita tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., ospitava strutture per la lavorazione agricola, bagni termali, magazzini e ambienti residenziali.

Le indagini hanno identificato dieci trincee parallele scavate per la coltivazione della vite, conformi ai sulci descritti da Columella e Plinio il Vecchio. Queste trincee, larghe circa 1,2 metri e distanziate di circa 2,8 metri, garantivano una disposizione ottimale per le viti, favorendo il drenaggio e l’esposizione al sole. La presenza di una zona paludosa nelle vicinanze, bonificata per ottenere terreni fertili, ricorda le tecniche agricole adottate nelle celebri paludi pontine italiane.


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La produzione del vino e il suo prestigio

Il vino prodotto nella villa di Sant Gregori seguiva un processo rigoroso, combinando tradizione e innovazione. Dopo la raccolta delle uve, il mosto veniva ottenuto attraverso la spremitura manuale o con l’uso dei torcularia (ancora non identificati nel sito). Successivamente, il liquido veniva trasferito nelle dolia interrate, che garantivano una fermentazione a temperatura costante.

Questo vino si distingueva per il suo sapore ricco e per le sue proprietà, attribuibili al microclima unico della zona e alla qualità del terreno, che favoriva una maturazione ottimale delle uve. Non sorprende che gli autori romani abbiano elogiato il “vino saguntino” (prodotto nell’area di Sagunto, vicina a Borriana), definendolo un lusso da gustare nelle occasioni importanti.


Un tesoro archeologico e culturale

La scoperta della cella vinaria e delle “trincee” per la viticultura offre una finestra unica sulla produzione e sul commercio del vino nella Hispania romana. L’area, strettamente legata al municipium di Saguntum, era famosa per il suo vino già dal tempo dell’imperatore Augusto. Grazie a questa eccellenza, il vino locale divenne un prodotto richiesto non solo nelle province, ma anche nella capitale dell’Impero.

Con il supporto del Museo Archeologico di Borriana, il sito sarà valorizzato e aperto al pubblico, permettendo di esplorare non solo le tecniche agricole romane, ma anche l’evoluzione del gusto e del commercio nel Mediterraneo antico.

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FONTE: www.uji.es

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa