Un’equipe di archeologi ha scoperto un’antica cella vinaria nella villa marittima di Sant Gregori, a Borriana, sulla costa spagnola, riportando alla luce uno degli epicentri della viticultura romana. La scoperta, coordinata dall’Aula d’Arqueologia Mediterrània dell’Università Jaume I di Castellón e dal Museo Arqueológico di Borriana, non solo ha svelato strutture di stoccaggio del vino, ma ha anche confermato la produzione di un vino “celestiale” che, secondo gli scritti di Frontone e Giovenale, era molto apprezzato a Roma nel II secolo d.C.
Ma cosa rendeva questo vino così speciale e perché veniva citato dagli autori latini? Le risposte emergono dai dettagli di questa straordinaria scoperta e dalle tecniche di produzione vinicola dell’epoca.
Una villa marittima dedicata al vino
La villa di Sant Gregori si trova a soli 75 metri dalla costa ed era un vasto complesso di oltre 15.000 metri quadrati, molto più grande della media delle ville costiere della Tarraconense. Costruita tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., ospitava strutture per la lavorazione agricola, bagni termali, magazzini e ambienti residenziali.
Le indagini hanno identificato dieci trincee parallele scavate per la coltivazione della vite, conformi ai sulci descritti da Columella e Plinio il Vecchio. Queste trincee, larghe circa 1,2 metri e distanziate di circa 2,8 metri, garantivano una disposizione ottimale per le viti, favorendo il drenaggio e l’esposizione al sole. La presenza di una zona paludosa nelle vicinanze, bonificata per ottenere terreni fertili, ricorda le tecniche agricole adottate nelle celebri paludi pontine italiane.
La produzione del vino e il suo prestigio
Il vino prodotto nella villa di Sant Gregori seguiva un processo rigoroso, combinando tradizione e innovazione. Dopo la raccolta delle uve, il mosto veniva ottenuto attraverso la spremitura manuale o con l’uso dei torcularia (ancora non identificati nel sito). Successivamente, il liquido veniva trasferito nelle dolia interrate, che garantivano una fermentazione a temperatura costante.
Questo vino si distingueva per il suo sapore ricco e per le sue proprietà, attribuibili al microclima unico della zona e alla qualità del terreno, che favoriva una maturazione ottimale delle uve. Non sorprende che gli autori romani abbiano elogiato il “vino saguntino” (prodotto nell’area di Sagunto, vicina a Borriana), definendolo un lusso da gustare nelle occasioni importanti.
Un tesoro archeologico e culturale
La scoperta della cella vinaria e delle “trincee” per la viticultura offre una finestra unica sulla produzione e sul commercio del vino nella Hispania romana. L’area, strettamente legata al municipium di Saguntum, era famosa per il suo vino già dal tempo dell’imperatore Augusto. Grazie a questa eccellenza, il vino locale divenne un prodotto richiesto non solo nelle province, ma anche nella capitale dell’Impero.
Con il supporto del Museo Archeologico di Borriana, il sito sarà valorizzato e aperto al pubblico, permettendo di esplorare non solo le tecniche agricole romane, ma anche l’evoluzione del gusto e del commercio nel Mediterraneo antico.
FONTE: www.uji.es