Anche durante le festività natalizie, le attività di scavo a Pompei non si fermano. Dalla Regio IX, sono emersi, in queste ore, nuovi affreschi di particolare pregio raffiguranti nature morte, rinvenuti in uno degli ambienti di ricevimento di una grande casa in corso di scavo.
I dipinti parietali sono un canto veristico all’abbondanza. Probabilmente si riferiscono sia alla caccia che alla pesca, ma anche ai banchi di un mercato ideale – in cui pesci e carni si alternano – o alla materia prima accumulata sotto il colonnato di una domus, in vista di un banchetto. Vi appaiono soprattutto creature del mare: rosee triglie, vicino a una cesta, candide seppie, cupe murene, eleganti orate, gustosi molluschi in eleganti conchiglie, tra le quali si riconoscono i gusci di cappesante, cannolicchi, vongole. In alcuni riquadri, sui pesci, incombono animali appesi per le zampe. Tra essi un maiale o un cinghiale, uccelli palustri, pollame e un coniglio o lepre. Su un bordo del banco, zampettano – vive – le quaglie. La presenza di anatidi appesi per le zampe ma evidente vivi, come appare dal collo, indurrebbe ad allontanarsi dalla natura morta derivata dalla caccia per orientarsi verso un’esposizione della merce in un mercato o sotto il colonnato della villa, prima della cottura.
Tutto è dipinto su un luminoso sfondo rosso pompeiano, simbolo di lusso e convivialità, che rimanda agli opulenti banchetti del mondo romano. Gli animali appesi e quelli collocati sul piano anticipano i bodegones – trompe l’oeil di angoli di botteghe o “vetrine” con carni esposte – della pittura spagnola del Seicento.
Un oecus colonnato e la vivacità del Secondo Stile
Gli archeologi hanno trovato gli affreschi portando alla luce un oecus colonnato, un ampio salone di rappresentanza di una casa pompeiana decorato con affreschi del Secondo Stile. Una stanza satura di un rosso divampante, inquadrata da colonne color vinaccia. I colori sono estremamente saturi e intensi. La stanza doveva comunicare una straordinaria ricchezza e un calore intenso, immaginandola, peraltro, alla luce serale delle torce, certamente pensate affinché, con la fiamma oscillante, venissero alla luce, alternativamente, parti di animali succulenti. Solo scorci edonistici. Solo, meravigliosamente, la roba, senza aperture ai miti e alla mitologia. E’ il “qui e ora” che rimanda ai pranzi trimalcioneschi della “borghesia” opulenta dell’antica Roma. Ma anche a una sorta di esibizione della potenza del proprietario nel dominio degli animali che popolano i tre elementi – acqua terra, aria – uniti dal rosso-fuoco delle quadrature architettoniche e dei drappi dipinti.
Pompei, come punto di incontro tra terra e mare, doveva essere un luogo di mercato di carni, di pesce e di sale. E se il proprietario di casa avesse dovuto la propria ricchezza proprio a questo “interscambio”? Nel registro superiore delle pareti, uno straordinario colonnato in trompe-l’œil fa da cornice a una scena di natura morta. Quadrature e nature morte sono disposte in linea con il secondo stile della pittura pompeiana, che si sviluppa tra il 90 e il 20 a.C., e che segna una svolta rispetto al primo stile, caratterizzato da decorazioni a rilievo e imitazioni di marmi policromi. Questo stile introduce una prospettiva illusionistica che trasforma le pareti in ampie vedute su paesaggi, architetture e scenari immaginari. L’opera, ai pompeiani del 79 d.C. – anno dell’eruzione del Vesuvio – doveva apparire già “antica” perché realizzata decenni di anni prima o secondo un gusto tardivo.
Le pareti decorate con il secondo stile appaiono come “finestre aperte”, che dissolvono i confini fisici della stanza per proiettare l’osservatore in uno spazio illusorio. Elementi architettonici dipinti, come colonne e archi, creano la sensazione di trovarsi all’interno di ambienti grandiosi, camere con vista. In questo caso, su un colonnato pieno di materia prima per la cucina, come in un elegante mercato.
In questo contesto, le nature morte, nell’ambito del secondo stile,vengono inserite con cura nei dettagli dei dipinti, come tavole o cesti di frutta collocati in angoli che sembrano estendersi oltre il piano del muro. Questo stile rappresenta un compromesso tra la volontà di esaltare la realtà tangibile e il desiderio di evocare un mondo ideale, in cui la vita e la natura si fondono armoniosamente.
Un progetto di tutela e valorizzazione
Questi affreschi emergono nel contesto di un cantiere finalizzato alla messa in sicurezza dell’area tra le zone già scavate e quelle ancora interrate, nella Regio IX di Pompei. Questo intervento fa parte di un più ampio progetto di miglioramento dell’assetto idrogeologico del sito archeologico, mirato a garantire una tutela più sostenibile del patrimonio.
Con oltre 13.000 ambienti distribuiti in 1.070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri, Pompei rappresenta una sfida costante per la conservazione. Questi lavori non solo prevengono i danni derivanti dall’instabilità idrogeologica, ma contribuiscono a valorizzare ulteriormente uno dei siti archeologici più celebri al mondo.
Un invito alla riscoperta del passato
Le nuove scoperte nella Regio IX offrono uno sguardo affascinante sulla vita quotidiana e sui momenti di convivialità degli antichi abitanti di Pompei. La vividezza dei dettagli e la raffinatezza delle composizioni pittoriche continuano a stupire e a testimoniare la maestria artistica di questa civiltà millenaria.
Come gli stessi affreschi sembrano suggerire, Pompei resta un banchetto per la mente e gli occhi, invitandoci a immergerci nel suo passato con ogni nuova scoperta.
La natura morta nell’antica Roma: simbolismo e quotidianità
La natura morta (o “xenia”, dal greco, riferito ai doni offerti agli ospiti) rappresenta una categoria artistica che rivela l’attenzione degli antichi romani per la bellezza e la semplicità della vita quotidiana. Questa tipologia di rappresentazione emerge come una celebrazione dell’abbondanza e della prosperità, spesso con riferimenti a tematiche simboliche o religiose. Gli oggetti raffigurati, come frutti, vasi, pesci o pane, non erano mai scelti casualmente: essi incarnavano il lusso domestico e il piacere sensoriale, sottolineando l’importanza di una vita benestante e civilizzata.
Nell’arte romana, le nature morte venivano dipinte principalmente sui muri delle case e delle ville, dove fungevano da decorazioni che riflettevano il gusto e lo status del proprietario. La composizione delle nature morte romane esprime un realismo minuzioso, spesso arricchito da illusioni ottiche, che catturano l’attenzione dell’osservatore attraverso dettagli estremamente precisi, come la rugiada su un grappolo d’uva o la pelle lucida di una pesca.
La natura morta a Pompei: realismo e bellezza domestica
Pompei, con la sua ricchezza di reperti pittorici, offre un’immagine vibrante della vita quotidiana nell’antica Roma. Le nature morte pompeiane, ritrovate nelle case e nelle taverne, riflettono non solo il gusto estetico del tempo, ma anche la centralità del cibo e del banchetto nella cultura romana.
Un esempio celebre – nel circondario pompeiano – è la natura morta con pesche e brocca d’acqua, scoperta nella Casa dei Cervi a Ercolano: i frutti sono disposti con cura su una superficie, mentre la brocca riflette la luce, creando un’impressione di profondità e tridimensionalità. Simili opere esprimono la maestria degli artisti nel rappresentare le qualità tattili degli oggetti, come la morbidezza della frutta o la trasparenza dell’acqua.
Oltre alla funzione decorativa, queste rappresentazioni erano collegate a valori simbolici e rituali: la frutta e gli alimenti potevano simboleggiare la fertilità, l’abbondanza o offrire un richiamo ai riti religiosi legati alla natura e alla terra.