Archeologi e ingegneri calano nel mare di Lecce una strana macchina. Cosa stanno cercando? La storia del luogo, le indagini

L’ingegnosa chiatta è stata calata a mare nei giorni scorsi: galleggianti di plastica ad incastro, che formano una sorta di grande cornice al cui centro viene appoggiata la strumentazione di rilevamento. L’obiettivo è quello di costruire una mappa dettagliata del fondale e di vedere anche sotto il livello della sabbia. Siamo all’interno di quello che era un grande porto romano, recentemente scoperto dagli archeologi in località Cesine, a Lecce, in Puglia. La campagna 2024 – che sarà sempre condotta dall’Università del Salento, con la collaborazione del Politecnico di Torino, dei Poli Biblio-museali di Puglia e dal Museo Castromediano – è iniziata.

Il Porto Romano delle Cesine di Lecce è un sito storico che offre un’importante finestra sul passato marittimo della regione. Situato lungo la costa adriatica del Salento, questo porto antico rappresenta un esempio significativo dell’ingegneria romana e della sua capacità di gestire e sfruttare le risorse marine.

Il porto romano, datato tra il I e il II secolo d.C., è stato identificato ed è oggetto di studio. Sono rimaste enormi strutture sprofondate, coperte in buona dalla sabbia portata dalle onde, e resti di edifici che una volta supportavano l’attività commerciale e marittima dell’antica città di Lupiae, oggi conosciuta come Lecce. Secondo la storia, Ottaviano – destinato a diventare il primo imperatore romano, con il nome di Augusto – sbarcò proprio in queste acque durante la sua campagna militare del 44 a.C. . Il porto romano delle Cesine non era solo un punto di sbarco strategico, ma anche un simbolo della potenza marittima e commerciale di Roma in quell’epoca.

Uno degli elementi più impressionanti del Porto Romano delle Cesine è la sua progettazione. Gli antichi romani, noti per la loro abilità ingegneristica, costruirono un sistema di darsene e banchine che potevano ospitare una varietà di imbarcazioni, dalle piccole barche da pesca fino a navi mercantili più grandi. Questa struttura è testimone del ruolo centrale che il commercio marittimo giocava nell’economia dell’Impero Romano e nella vita quotidiana delle comunità locali. La struttura del porto e di tutte le sue strutture, nell’abbraccio del mare è ben visibile dalle strutture aeree. I Romani approfittarono di un’ampia insenatura delimitata da un lato da ampia lingua rocciosa e dall’altra dalla spiaggia. E lì attorno, iniziarono a costruire.

Ecco le strutture viste dall’alto

A 15 metri circa dalla costa, verosimilmente in corrispondenza della riva antica, a una profondità che va da meno di un metro ai 3,5 metri, si sviluppa una struttura (settore A) identificata con la fondazione di un possente molo, larga circa 8 m, lunga almeno 90 m, realizzata in grandi blocchi giustapposti e originariamente sovrapposti, oggi crollati e sparsi a causa della forza disgregatrice del moto ondoso. Si nota la presenza di grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato a cilindro posti a intervalli piuttosto regolari e interpretabili come possibili bitte, anch’essi in crollo, e di altri blocchi lavorati e canalette. Sullo stesso allineamento ma più al largo si trovano altri blocchi, disposti in linee parallele e perpendicolari (settore B). Una parte di questa struttura era stata vista e documentata negli anni ’90 ma le ricerche in corso hanno messo in luce altri tratti, rivelandone l’imponenza.

Infine, il settore C corrisponde all’area della cosiddetta “Chiesa sommersa” – nella foto qui sotto -; si tratta dei resti di un edificio con base intagliata in uno sperone roccioso e l’elevato dei muri in cementizio; la possibile identificazione con una “torre-faro” è un’ipotesi ancora da verificare, ma risulta assai probabile, per la posizione che essa occupa, all’accesso del porto stesso.

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Redazione
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