In un periodo di crescente difficoltà per la professione archeologica, l’Associazione Nazionale Archeologi (ANA) ha lanciato un appello urgente per richiedere parità di trattamento rispetto ad altre professioni intellettuali. La recente disposizione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che richiede agli archeologi di possedere una “patente a crediti” per operare nei cantieri edili, rappresenta, secondo l’ANA, una minaccia senza precedenti per la categoria.
L’ANA denuncia: “Norma penalizzante per gli archeologi”
Secondo quanto riportato dall’ANA, l’obbligo della patente per la sicurezza in cantiere non dovrebbe applicarsi agli archeologi liberi professionisti. Tale richiesta, infatti, è stata esclusa per altre figure intellettuali come architetti e ingegneri. Marcella Giorgio, presidente dell’ANA, dichiara: «Quella dell’archeologo è riconosciuta dalla normativa di settore come una professione intellettuale di alto livello, al pari di quella di ingegneri o architetti, che proprio per questa ragione non sono tenuti ad osservare l’obbligo della patente a crediti per la sicurezza per lavorare nei cantieri».
L’interpretazione dell’INL ha già portato conseguenze concrete: gli archeologi segnalano minacce di perdita di commesse e mancati pagamenti. La disparità di trattamento, afferma Giorgio, è inconcepibile e rischia di compromettere l’intera professione. «Ci sono professionisti che si sono già visti negare il pagamento o a cui è stata minacciata la sospensione del lavoro».
L’ANA chiede interventi rapidi
In risposta alla situazione, l’ANA ha chiesto all’Ispettorato Nazionale del Lavoro di modificare la F.A.Q. n. 11 che impone la patente di sicurezza. La presidente Giorgio ha aggiunto: «Chiediamo lo stesso trattamento delle altre professioni intellettuali. L’archeologo è un consulente a 360 gradi, e le sue prestazioni non sono basate su operazioni standardizzate, ma su azioni professionali e decisioni fondate sulla discrezionalità e preparazione. Speriamo che il nostro ricorso sia accolto rapidamente, altrimenti rischierà di danneggiare seriamente il lavoro di migliaia di professionisti».