IMPERO ROMANO – Sul metallo ci sono alcune scritte. La piastra è forata e, nei forellini, appariva l’acqua. A che serviva questa parte di uno strumento di misurazione presente nel forte di Vindolanda, nei pressi del Vallo di Adriano?
“Questo frammento di un antico dispositivo di “cronometro”, inteso come “misuratore di tempo” – dicono gli archeologi del museo del forte romano di Vindolanda, in Inghilterra – è stato trovato durante gli scavi tra il granaio est e l’edificio della sede nel 2008. È un pezzo del bordo di un oggetto molto più grande, noto come clepsydra calenrica, noto per meno di una mezza dozzina di manufatti simili. Si usava per misurare le ore del giorno, tracciando il livello dell’acqua in una ciotola mentre gocciolava un piccolo buco nel fondo. Questo frammento è etichettato con il nome del mese (settembre), il primo del mese (le calende), il quinto del mese (thenones), il tredicesimo (le idi) e l’equinozio (aequinoctium). Questi manufatti sono esposti al museo Vindolanda”.
Il sistema qui utilizzato doveva essere complesso perché probabilmente con una serie di vasi comunicanti, i Romani riuscivano a stabilire, dopo le ore del giorno, anche il giorno corrente del mese e il mese stesso. E’ probabile che il sistema fosse posto sotto la sorveglianza di personale specializzato, a garanzia del corretto funzionamento del marchingegno, che doveva essere molto preciso.
Nell’antica Roma, la misurazione del tempo – a causa della società complessa e fortemente interrelata -diventava fondamentale per la vita quotidiana, le attività pubbliche e le cerimonie religiose. Sebbene gli orologi a sole e i calendari lunari fossero prevalentemente utilizzati, esistevano anche strumenti più sofisticati per monitorare il passare delle ore. Tra questi, gli orologi ad acqua, noti come “clepsidre”, occupano un posto di rilievo. Un ritrovamento particolarmente significativo di questi strumenti è avvenuto, appunto, al forte di Vindolanda, una delle fortificazioni romane lungo il Vallo di Adriano in Britannia.
Clepsidre: gli orologi ad acqua dei Romani
Gli orologi ad acqua, o clepsidre, erano strumenti utilizzati per misurare il tempo attraverso il flusso di acqua da un recipiente all’altro. Questi dispositivi funzionavano con due serbatoi principali: uno superiore, da cui l’acqua fuoriusciva lentamente, e uno inferiore, che raccoglieva l’acqua in entrata. La velocità con cui l’acqua fluiva determinava la misurazione del tempo. Alcuni modelli più avanzati erano dotati di indicatori graduati o segnalatori per fornire una lettura precisa.
Le clepsidre romane variavano notevolmente in termini di design e complessità. Alcuni modelli erano semplici, mentre altri incorporavano meccanismi più sofisticati come indicatori di tempo e dispositivi per regolare il flusso d’acqua. La loro applicazione spaziava dall’uso privato per la gestione del tempo personale fino all’uso pubblico in contesti legali e amministrativi.
Il ritrovamento al Forte di Vindolanda
Nel contesto delle scoperte archeologiche al forte di Vindolanda, un’importante fortificazione militare situata vicino all’attuale città di Hexham, Northumberland, è emerso un frammento di clepsidra che fornisce preziose informazioni sull’uso di questi strumenti nella Britannia romana. Vindolanda, un sito di notevole rilevanza per la storia romana, è stato oggetto di scavi che hanno portato alla luce numerosi reperti, tra cui un orologio ad acqua parzialmente conservato.
Il frammento rinvenuto è particolarmente interessante perché mostra non solo la struttura tipica di una clepsidra romana, ma anche alcune caratteristiche uniche che riflettono le influenze locali e l’adattamento agli usi pratici. Questo ritrovamento suggerisce che l’uso delle clepsidre non fosse limitato ai centri urbani e agli ambienti di alto profilo, ma si estendesse anche alle zone periferiche e militari dell’Impero.
Altre misurazioni del tempo nell’Antica Roma
Oltre alle clepsidre, i romani utilizzavano vari altri metodi per misurare il tempo. Gli orologi solari erano molto diffusi e utilizzavano il posizionamento del sole per indicare le ore del giorno. Questi strumenti, chiamati “solaria” o “gnomone”, erano particolarmente utili durante le ore di luce ma poco pratici di notte o in condizioni meteorologiche avverse.
I romani avevano anche un sofisticato sistema di calendario basato su cicli lunari e solari. Il calendario giuliano, riformato da Giulio Cesare nel 45 a.C., stabiliva un anno di 365 giorni con un anno bisestile ogni quattro anni. Questo calendario era fondamentale per la programmazione di eventi pubblici e cerimonie.