Recenti scoperte archeologiche, frutto di uno studio meticoloso condotto su scheletri risalenti al V-IV secolo a.C., aprono una finestra sulla turbolenza e la violenza che pervadevano l’antico Perù durante un’epoca di crisi. L’analisi dei resti umani risalenti a quel periodo, provenienti da un cimitero situato nella Valle di Supe, ha rivelato un panorama di ferite mortali inflitte a uomini, donne e persino bambini, insieme a segni di povertà materiale che dipingono un quadro agghiacciante ma intrigante della vita in quell’era antica. Quelle sepolture sono state oggetto di uno studio i cui esiti sono stati pubblicati nel 2024 su Antiquity (Latin american)
Il periodo in questione, la transizione dal V al IV secolo a.C., è stato identificato come critico per le Ande centrali, una regione oggi parte del Perù. Durante questo passaggio dal periodo Formativo Medio al periodo Formativo Tardo, sembra che la regione fosse attraversata da una disintegrazione politica e violenza intercomunitaria, forse correlata al passaggio da una teocrazia a un governo secolare. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Latin American Antiquity”, è stato condotto da un team di ricercatori guidati dal bioarcheologo peruviano Luis Pezo-Lanfranco, supportato dalla FAPESP (FUNDAÇÃO DE AMPARO À PESQUISA DO ESTADO DE SÃO PAULO) attraverso un programma di sovvenzioni per giovani ricercatori.
L’analisi dettagliata dei resti scheletrici di 67 individui seppelliti nel cimitero della Valle di Supe ha rivelato una scia di violenza e sofferenza che ha segnato la vita di queste persone. Circa l’80% degli adulti e degli adolescenti esaminati sono stati trovati morti a causa di lesioni traumatiche inflitte. Le ferite, che vanno da fratture craniche a traumi facciali e toracici, suggeriscono un’escalation di violenza interpersonale che ha coinvolto l’intera comunità, incluso persino i bambini.
Le ferite perimortem, ossia quelle inflitte poco prima o al momento della morte, sono state identificate come il tipo di lesione più comune tra gli scheletri adulti studiati. Tuttavia, non mancano esempi di traumi antemortem, cioè precedenti alla morte, suggerendo l’esistenza di almeno due eventi violenti durante la vita di questi individui. Questo suggerisce un ambiente di violenza persistente che li ha segnati profondamente.
Parallelamente alla violenza, l’analisi delle ossa ha rivelato un alto tasso di stress aspecifici e malattie infettive, indicando condizioni di vita avverse influenzate dalla scarsità di risorse e dalla crescita demografica. La povertà materiale è stata ulteriormente evidenziata dalla semplicità dei corredi funerari, composti principalmente da tessuti di cotone, stuoie intrecciate e ceramiche.
Il contesto storico di questi ritrovamenti è ancorato al collasso della cultura Chavín, diffusa nelle Ande tra il 1200 e il 500 a.C. Il declino della teocrazia e l’emergere di un governo secolare durante questo periodo di transizione politica e culturale sembra essere stato accompagnato da un aumento della violenza e dalla competizione per le risorse scarse nella regione.
Questo studio non solo getta luce su un’epoca poco documentata dell’antica storia andina, ma anche solleva importanti interrogativi sulle dinamiche sociali, politiche ed economiche di quel periodo. La bioarcheologia della violenza, come definita dagli studiosi, offre uno strumento prezioso per comprendere meglio il conflitto interpersonale e le sue conseguenze in un contesto antico.
In definitiva, questo studio rappresenta un tassello fondamentale nella comprensione della complessa storia dell’antico Perù e apre nuove prospettive di ricerca per esplorare le dinamiche sociali e culturali di quell’epoca travagliata.