Cantiere pronto. Da oggi scavi archeologici di fronte alle Terme di Caracalla. Cosa si cerca

"Il paesaggio intorno al primo tratto della via Appia, prima dei terrazzamenti artificiali su cui furono innalzate le Terme di Caracalla, era molto vario, caratterizzato da alture e pendii. - scrivono gli archeologi di Open Appia regina viarum - Non mancavano le case: il Piccolo Aventino già a partire dall’età repubblicana era una zona residenziale, con residenze di lusso immerse nel verde".

“Buongiorno e buon lunedì! Questo lunedì per noi di Open – Appia regina viarum è speciale, perché torniamo sullo scavo con l’obiettivo di indagare la stratificazione dei paesaggi dell’Appia nel tratto iniziale.
Vogliamo quindi darvi un assaggio dei tanti elementi che compongono il mosaico di storie con i quali, scavando presso le terme di Caracalla, dobbiamo fare i conti”.
IL QUARTIERE PRIMA DELLE TERME
“Il paesaggio intorno al primo tratto della via Appia, prima dei terrazzamenti artificiali su cui furono innalzate le Terme di Caracalla, era molto vario, caratterizzato da alture e pendii. – scrivono gli archeologi di Open Appia regina viarum – Non mancavano le case: il Piccolo Aventino già a partire dall’età repubblicana era una zona residenziale, con residenze di lusso immerse nel verde”.

“Tra il 1858 e il 1869 il cav. Guidi l, conducendo degli scavi nella vigna di sua proprietà, nella parte orientale delle Terme, individuò i resti di un’abitazione, in parte distrutta per la costruzione del grandioso edificio.
A circa 10 metri di profondità furono scoperte diverse sale affrescate e pavimenti a mosaico, ed un cortile porticato intorno al quale si distribuivano gli ambienti della domus, fotografati da J.H. Parker (in foto).
Nel 1970 gli archeologi della Soprintenenza Archeologica di Roma, Irene Jacopi e Claudio Mocchegiani, riaprirono lo scavo, esplorarono alcuni ambienti della domus sepolta e i restauratori Elio e Gianna Paparatti seguirono il distacco degli affreschi per garantirne la conservazione”.

Dopo quasi trent’anni in cui sono rimasti chiusi al pubblico, grazie al Soprintendente Daniela Porro e al Direttore delle Terme Mirella Serlorenzi, è oggi possibile ammirare in parte gli affreschi del triclinio, la sala da pranzo dell’elegante abitazione, con immagini ispirate al culto di Dioniso, su fondo rosso cinabro.
Un’intera stanza della domus, il sacello, è stata ricostruita, grazie al distacco integrale delle pitture operato negli anni ‘70. Si possono ancora osservare tracce di due fasi di affreschi: la prima decorazione, risalente alla fine dell’età adrianea (134-138 d.C.) era caratterizzata da prospettive architettoniche con piccole figure umane, statue, felini rampanti e simboli dionisiaci che occupavano lo spazio delle lunette.
Nella seconda decorazione, databile alla fine del II secolo d. C., la zona inferiore fu probabilmente rivestita da lastre di marmo (ne restano solo le impronte) e nelle lunette furono inserite figure di grandi dimensioni: Giove, Giunone e Minerva a destra, Iside a sinistra, e Anubi sulla parete d’ingresso, divinità infernale dalla testa di cane, espressione della fusione di culti che si andava affermando a Roma già in quei decenni.
Gli affreschi -un raro esempio di pittura romana con esplicito contenuto religioso – e un altare sulla parete di fondo (non più visibile) inducono a interpretare il vano come uno spazio per celebrare di un culto domestico.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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