di Ilaria Bignotti
Come conosceva bene il profondo legame che, dalla notte dei tempi, unisce indissolubilmente il figlio alla madre. Lui, Bartolomeo Cavarozzi, che con la propria madre aveva abitato fino all’ultimo giorno di vita in quella via Ripetta, ricca di artisti e “barcaroli”, traghettatori e bottegai, alla Madre per eccellenza di tutta l’umanità avrebbe dedicato le opere più impegnative e le maggiori fatiche creative. Si era ben preparato, sul soggetto e sulle tecniche: dalla sonnolenta Viterbo, che lo aveva visto nascere nel 1587, aveva compiuto il grande salto a Roma, dove Pomarancio innanzitutto, e ovviamente Raffaello, ma anche i più vicini Reni, Domenichino e Gentileschi, avrebbero costituito fonti inesauribili sulle quali imparare ad affinare il proprio disegno, perfezionare lo studio dei classici, addentrarsi nelle nuove concezioni pittoriche che andavano delineandosi, fra la fine dell’imponente Cinquecento e gli inizi del turbato Seicento.
Della sua abilità ancora acerba si era accorto più di un collezionista romano, in primis la famiglia Crescenzi, che gli avrebbe permesso di compiere anche il fondamentale viaggio spagnolo, di entrare nelle grazie del Re Cattolico e di immergersi nei guizzi di luce e di passione che fiammeggiavano sulle tele di Zurbaràn; poi vi era il passaggio a Genova, l’impatto con Rubens, l’emozione per i fiamminghi, da Rembrandt a Simon Vouet. Ma l’estasi era stata per Caravaggio, che una febbre violenta aveva da poco strappato alla vita: fu per lui che Bartolomeo “…dapoi cangiò gusto, e diedesi a ritrarre dal naturale con grande diligenza, e con finimenti da grand’amore accompagnati”. Bartolomeo aveva capito la lezione del maestro: l’arte è immergersi nella realtà, e viverla. L’artista ha la responsabilità di dire la storia in quanto fatto. Anche la religione è storia, che va raccontata nei suoi scenari concreti e per i suoi accadimenti, siano essi miseri e disperati, gloriosi ed esaltanti: da qui scaturisce la Verità, da qui s’intravede l’enigma della Fede.
Bartolomeo era pronto: ora dovevano apparire sulla tela, le sue Madri, le sue Sacre Famiglie, dopo che tante volte erano apparse nel suo animo; ne avrebbe ripetuto il soggetto fino allo sfinimento, se fosse stato necessario; avrebbe cercato la modella giusta in ogni vicolo di Roma, il bambino in ogni culla, e scovato il giusto volto di San Giuseppe fra tutti i “barcaroli”, bottegai, garzoni che vivevano nel suo quartiere. Dal reale all’ideale: negli occhi gli si assiepavano intanto le sante più intense e le madri più toccanti che erano state create dagli oli e dai pennelli da Caravaggio a Gentileschi, da Borgianni a Reni. Dall’ideale al Reale: Bartolomeo non voleva la perfezione astratta dalla vita, ma neppure la volgare quotidianità lontana dal divino.
Così consapevole dei nuovi fermenti che animavano l’appena nato Seicento, il suo sforzo fu quello di creare un’arte che sapesse impressionare, commuovere, persuadere lo spettatore, trascinandolo con l’enfasi delle forme alla percezione della Verità. Mondate le tele dagli equilibrismi manieristici e dalla astrazioni classicheggianti, Bartolomeo era riuscito a trovare la delicata via mediana tra le conturbanti ortodossie caravaggesche e gli algidi nitori reniani. Questo raccontano le sue Sacre Famiglie mentre si mostrano nella loro semplice maternità caldamente reale, le sue Madri col Bambino subito si astraggono dalla Storia e diventano trascendenti figure dell’Eternità. Quasi a voler scavare nelle pieghe del più antico Mistero, Bartolomeo – come San Giuseppe – pare guardare assorto, in una lontananza sospirata, Maria e Gesù. I loro sguardi non si incontrano mai, il Mistero è custodito fra le pieghe dei tessuti, celato dai gesti delle mani, oltre i cieli plumbei e nei cristalli delle dure rocce. Intangibile è la Verità, eppure essa c’è, esiste, come esiste quella famiglia stanca e serena che ci guarda da lontano. La verità è tutta lì: nella Fede che si diffonde dallo sguardo consapevole, ipnotico e rassicurante di una mamma con il bambino in braccio.
Bartolomeo Cavarozzi – Una pittura ricca d'affetto e di moti dell'anima lega le Sacre famiglie
Bartolomeo Cavarozzi, folgorato da Caravaggio, per tutta la sua vita replicò sulla tela, quasi rapito nel vortice d’una magnifica ossessione, il tema della Sacra Famiglia, in un continuo oscillare tra reale e ideale