Che caos, questi nomi romani antichi! Come funzionavano prenomen, nomen e cognomen. I cambiamenti. Il caso dei liberti.

Servirebbe, certamente, un lungo trattato per affrontare il tema dei nomi e cognomi degli antichi romani. Poiché tutto era molto più complesso, rispetto ai nostri. Ma facciamo una sintesi estrema, che può essere utile

Struttura dei nomi romani antichi

Servirebbe, certamente, un lungo trattato per affrontare il tema dei nomi e cognomi degli antichi romani. Poiché tutto era molto più complesso, rispetto ai nostri. Ma facciamo una sintesi estrema. I nomi romani erano generalmente divisi in tre parti:

  1. Praenomen: Il praenomen era il nome personale individuale, simile al nostro nome di battesimo o prenome moderno. Tra i nomi più comuni, Publius (P.), Gaius (C.), Marcus (M.), Lucius (L.), etc. Spesso abbreviato con una sola lettera nelle epigrafi, era utilizzato principalmente all’interno della cerchia familiare o tra amici intimi. Con il tempo assistiamo a diversi casi di “cognomi” trasformati in un nome personale. Tra il I secolo a.C. e il V d.C.,  Iulia si diffonde come nome proprio di numerose bambine, in onore della potente famiglia di Cesare; poi Claudia FlaviaCorneliaAureliaValeriaAeliaUlpiaIunia e Licinia. Tutti nomi che si riferivano, in precedenza, non a un persona ma a una gens. Anche in àmbito maschile prevale Iulius, Claudius è 3º Aurelius; seguono FlaviusAeliusValeriusCorneliusUlpiusIunius e Caecilius. Anch’essi derivati da gentes famose.
  2. Nomen: Il nomen era il nome gentilizio, che indicava l’appartenenza a una gens (famiglia o clan). Ad esempio, nella gens Iulia, il nomen era “Iulius”. Questo nome era condiviso da tutti i membri della gens e serviva a identificare l’appartenenza familiare.
  3. Cognomen: Il cognomen era un soprannome che distingueva tra loro i vari rami di una stessa gens. Inizialmente utilizzato per distinguere i diversi rami della stessa famiglia, nel corso del tempo divenne sempre più comune e identificativo. In alcuni casi, più cognomina potevano essere accumulati nel corso delle generazioni.

Evoluzione dei nomi romani

Nell’antica Roma, i nomi seguirono un modello tripartito come sopra descritto. Tuttavia, nel corso del tempo, soprattutto durante l’Impero, i nomi romani subirono delle trasformazioni:

  • Aggiunta del cognomen: con l’espansione dell’Impero e l’ingresso di nuove famiglie nell’élite romana, i cognomina divennero sempre più distintivi e indicativi di stati e carriere.
  • Cambio dei nomi e cognomi: a volte, i nomi e i cognomi potevano essere cambiati per motivi vari, come l’adozione, la liberazione dalla schiavitù, l’eredità o la concessione della cittadinanza romana.

Liberti e nomi

I liberti, persone che erano state precedentemente schiave ma poi liberate, avevano spesso un nome che rifletteva la loro origine, seguito dal nomen della gens del loro padrone. Ad esempio, se uno schiavo appartenente alla gens Iulia veniva liberato, potrebbe essere chiamato “Lucius Iulius Libertus” (Lucio, liberato della gens Iulia).

Nella Roma antica, il liberto generalmente continuava a vivere nella casa del patronus e aveva nei suoi confronti doveri di rispetto e obblighi di natura economica. In alcuni casi possiamo pensare a una sorta di società de facto, che consentiva al liberto di guadagnare in attività che non si addicevano ai nobili e di riconoscere al proprio ex padrone parte dei guadagni.

Identificazione dei liberti nelle iscrizioni

Nei tempi antichi, un liberto veniva spesso identificato nelle iscrizioni con la menzione “Libertus” (maschile) o “Liberta” (femminile) seguito dal nomen del suo ex-padrone. La condizione poteva essere sfumata con l’indicazione di una semplice L. Il cambiamento dei nomi era un modo per distinguere la loro condizione sociale precedente e riconoscere la loro nuova libertà. L’uso del cognome del padrone era particolarmente importante poiché dava lustro all’ex schiavo e riconosceva la liberalità del proprietario. I liberti erano gli schiavi più preparati, abili, affidabili. Diversi di loro, ottenuto l’affrancamento si diedero ai commerci e agli affari costituendo una sorta di alta borghesia dell’epoca, in alcuni casi economicamente più potente della nobiltà stessa.

In sintesi, i nomi romani riflettevano una complessa struttura sociale e genealogica, con praenomen, nomen e cognomen che fornivano informazioni cruciali sull’identità e l’appartenenza familiare dei Romani. Nel corso dei secoli, questa struttura subì cambiamenti significativi, riflettendo l’evoluzione della società romana e dei suoi valori.

Nell’antica Roma, i liberti hanno giocato ruoli diversi e significativi nella società, alcuni dei quali sono rimasti noti per le loro imprese e influenze distintive. Antonia Filematio, ad esempio, servì gli Antoni nel 13 a.C., mostrando abilità negli affari che si estendevano fino all’Egitto. G. Cecilio Isidoro, nel 8 a.C., possedeva immensi latifondi e gestiva ben 4116 schiavi, evidenziando la sua vasta ricchezza e potere. Roscio, un commediante dell’epoca, fu onorato da Silla con l’anello d’oro, un raro riconoscimento per un individuo della sua condizione. Narciso e Pallante, invece, furono arbitri di importanti carriere militari e politiche, influenzando il destino di molte persone attraverso le loro decisioni. Mena, il cui orgoglio fu oggetto di scherno da parte del poeta Quinto Orazio Flacco nell’Epodo IV, rappresenta un altro esempio di come i liberti potessero essere soggetti di discussione nella letteratura dell’epoca.

Quinto Orazio Flacco stesso era figlio di un liberto, esattore di aste pubbliche, dimostrando come alcuni liberti potessero avanzare socialmente e contribuire alla vita pubblica. Nel celebre “Satyricon” di Petronio, Trimalcione è ritratto come un libertino ricco e vanitoso, che accumula ricchezze anche attraverso pratiche di usura. Epafrodito, il segretario estremamente ricco di Nerone, e il filosofo Epitteto, un tempo schiavo di Epafrodito, sono esempi di come i liberti potessero raggiungere eminenza e influenza anche nelle sfere intellettuali e filosofiche. Infine, Marcia, la concubina di Commodo, dimostra come i liberti potessero anche influenzare la sfera personale degli imperatori romani.

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Redazione
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