Come si fa un ritratto. Come si dipinge un ritratto.Imparare a dipingere un ritratto a olio, con i pastelli, con le matite, con l’acrilico, con gli acquerelli. Un ritratto perfettamente somigliante al soggetto da effigiare. Trasferire il disegno del volto, con proporzioni millimetriche, alla carta o alla tela. Preparare una tavolozza con colori che permettano di dipingere l’incarnato, le variazioni dei toni della pelle, la brillantezza dell’occhio. Trasferire una fotografia sulla tela per preparare il ritratto. Questo non è solo un articolo, ma un prezioso manuale gratuito, scritto grazie alla convergenza di pittori e di storici dell’arte, che illustrano sinteticamente, con prove inoppugnabili, segreti di bottega e trucchi del mestiere, che altri testi non menzionano.
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Riteniamo che sia indispensabile partire da un esame del ritratto, inteso come genere, e degli strumenti di rilevamenti dei volti, utilizzati in millenni di pittura. Ciò renderà conscio l’aspirante ritrattista o lo studioso che conosce problemi stilistici senza aver potuto approfondire le tecniche, di mettere a fuoco perfettamente il problema. Alla fine offriremo, con estrema chiarezza, le soluzioni tecniche che vengono utilizzate oggi, come le modalità di trasferimento dell’immagine di una fotografia sulla tela, senza dover ricorrere a strumentazioni complesse, ma potendo usufruire di una semplice macchina fotocopiatrice o della stampante
Sin dall’antichità il ritratto fu oggetto di particolare attenzione. Esso serviva per ricordare – accanto alla statua ricavata dal calco funebre del volto – il viso dei parenti o degli amici morti; era uno strumento di propaganda; una modalità per essere ricordati da chi stava lontano.
Ritratti funebri di un realismo intensissimo ricordavano i visi dei defunti nella necropoli di Al Fayyum (nei link vi proponiamo una serie di letture, utili per approfondire l’argomento). I romani, basandosi sui risultati dai Greci, avevano sviluppato modalità di rilievo sia per il rilevamento della fisionomia che tecniche di stesura pittorica di straordinaria efficacia. Inizialmente, per avere un’immagine fedele all’originale, i Greci, come narra Plinio il Vecchio , avevano seguito la pratica di collocare di profilo la persona da effigiare. Non era difficile raccogliere la silhouette del volto, in questo modo. Bastava porre contro il muro una pergamena, un foglio o una tavola chiara e percorrere con un pennello la linea dell’ombra proiettata dal corpo o dal volto.
I ritratti, specie se realizzati di profilo, avevano anche una funzione documentaria finalizzata anche alla combinazione di matrimoni, alla distanza, poichè, una volta stabilite le convenienze politiche dell’unione di due famiglie potenti, non era possibile forzare i gusti dei futuri sposi o dei loro genitori. Per cui si procedeva a questo confronto visivo, con uno scambio di uno o più ritratti che, in alcuni casi, portava il futuro sposo a prendere in moglie, ad esempio, una sorella di colei che aveva mandato l’immagine perchè la preferiva esteticamente.
Perchè un ritratto matrimoniale? Perchè il profilo, preso con l’ombra, è molto più aderente al vero di un ritratto frontale o tre quarti, specie in epoche, come quella di Leonardo, in cui i grandi ritrattisti – come si lamentava Isabella d’Este – non erano numerosi.
Allora: come avveniva il rilievo del profilo? Il sole colpiva la persona, stagliando perfettamente l’ombra sul muro o sul supporto preparato dal pittore. L’artista bastava che seguisse le linee della silhouette del volto che apparivano molto nette. Poi completava con l’occhio e con il colorito. E il gioco era fatto. Per compiere questo rilievo si attendevano le prime ore del mattino quando il sole si è ormai staccato dall’orizzonte, ma non è ancora alto, così poteva colpire quasi perpendicolarmente le figure. Oppure si attendevano le ore del tardo pomeriggio, quando il sole declinante aveva un’altezza limitata. Questo andava benissimo anche per raccogliere la forma della testa in un ritratto di frontale o di tre quarti, ma a quel punto si imponevano altri strumenti per il rilevamento degli occhi, dei sopraccigli, delle palpebre, del naso e della bocca affinché la somiglianza fosse assoluta. Per questo furono utilizzate lenti, camere ottiche, prismi di vetro simili alla cosiddetta camera luci, a più una griglia come quella presentata in un’incisione di Durer, per rilevare volto e corpo.
Un sistema utilizzato per il rilievo del volto, come vediamo nell’incisione di Durer (Qui proponiamo l’opera completa con 106 riproduzioni di incisioni su rame – bulini, puntesecche, acqueforti – e da 279 di xilografie), qui sopra, era quello di utilizzare un vetro, frapponendolo tra il pittore e il soggetto da ritrarre. Si poneva il modello di fronte a sè, si assicurava il vetro a una morsa e si osservava il modello attraverso il vetro. Quindi il pittore prendeva un pennello e, con il colore seguiva, sul vetro, le linee del volto, degli occhi del naso e del mento. Un errore di pochi millimetri e la somiglianza sarebbe svanita.
Una volta catturata perfettamente la fisionomia, i pittori potevano calcare un foglio al vetro e catturare il colore delineato con il pennello o utilizzando la parte opposta del vetro – quella asciutta – porsi davanti una finestra e ricalcare, sempre su un foglio, la fisionomia raccolta in precedenza con il pennello. Quando le linee del viso erano sulla carta, si procedeva all’ulteriore trasferimento sulla tela attraverso piccoli fori, dai quali far passare colore
Il pittore David Hockney ha dimostrato con uno studio (riportato in questo volume), supportato da un lunga e documentata sperimentazione, che gli artisti, almeno dal Quattrocento, a partire dai fiamminghi, hanno fatto anche uso di lenti e camere ottiche, in particolar modo per trasferire sulle tavole e, successivamente, sulle tele i volti dei soggetti da ritrarre. Hockney ha reso evidente, come vediamo nella fotografia qui sotto,che doveva essere abbastanza semplice rendere perfettamente il viso di una persona, in un ritratto, se il volto fosse stato ricalcato dalle immagini prodotte da una lente.
Esistevano anche altri metodi meno “tecnologici” per il trasferimento delle linee, come l’uso di compassi per stabilire e riportare le distanze tra naso, occhi, bocca, nonchè le loro singole lunghezze o di vetri posti davanti al soggetto, sui quali venivano dipinti, con un colore scuro, tutti i principali elementi del volto. Nell’Ottocento veniva utilizzata largamente, perchè fu oggetto di produzione industriale – ed è ancora in commercio – la “camera lucida” , un prisma ottico montato su un’asta estensibile di metallo e legno, assicurabile, attraverso una morsa, al tavolo da lavoro (Dai un’occhiata qui: su amazon è possibile acquistarne una). Era uno strumento maneggevole, trasportabile, comodo anche se richiede una certa abilità nel ricalco. (per saperne di più sulla camera lucida, clicca il nostro link, evidenziato in blu
www.stilearte.it/ce-sempre-un-trucco-dietro-i-ritratti-perfetti/)
Ciò che spaventa sempre, nel ritrattista – a meno che egli non voglia realizzare un ritratto alla prima e che voglia cogliere più l’anima dell’effigiato che la sua perfetta fisionomia – è legata ai rapporti e alle distanze diverse tra gli elementi facciali, che caratterizzano ogni singolo volto. Avvicinare di qualche millimetro gli occhi o allungare lievemente il naso, significa perdere la somiglianza e creare un effetto di fastidioso straniamento nell’effigiato. Per questo i pittori pensarono di fissare i punti cardine del volto, attraverso i sistemi che abbiamo indicato.
Un’altra difficoltà che che incontra l’aspirante ritrattista è legata alla composizione cromatica della pennellata e , soprattutto, alla quantità di colore che egli pone sul volto. Nel ritratto tradizionale, si lavora sempre con un velo di colore, evitando che si crei una pasta scivolosa, che impedisce una corretta colorazione. Quindi il ritratto condotto secondo i canoni del realismo o dell’iperrealismo richiede una quantità di colore molto inferiore a quella utilizzata negli altri generi di pittura.
Dalle modalità di rilevamento delle linee del volto al trasferimento del disegno sulla tela, fino all’uso dei colori. Seguiteci passo dopo passo, diventerete, in poco tempo, ritrattisti perfetti. Come i grandi maestri del passato.
Impariamo a rilevare facilmente le linee del volto e a trasferirle sulla tela per poi passare al video dove potremo vedere la perfetta preparazione e stesura del colore. Per imparare a trasferire le linee del colto clicca sul nostro link interno, qui di seguito, evidenziato in blu. Nel capitolo che si dischiude, aprendo il link, vedremo come partire da una fotografia del soggetto da effigiare, come ingrandirla e come trasferire gli elementi strutturali del volto sul foglio o sulla tela.
CLICCA SUL NOSTRO LINK INTERNO, QUI SOTTO,PER SAPERE COME TRASFERIRE PERFETTAMENTE LE LINEE DEL VOLTO SULLA TELA, prima di passare a vedere, più sotto, il video, dedicato alla stesura del colore.
CHE TIPO DI COLORI USARE PER IL RITRATTO?
PERCHE’ QUELLI A OLIO SONO I MIGLIORI
Grazie alle forme di riporto delle linee, che abbiamo da poco imparato a realizzare, l’effigie potrà essere realizzata con ogni tipo di tecnica, secondo le attitudini e le sensibilità personali. Non c’è dubbio che i risultati migliori, nell’ambito del ritratto classico, siano dati dalla pittura ad olio, che consente velature, trasparenze, variazioni tonali che non sono prerogativa di altri medium. La tempera: è troppo secca e tende al gesso. I colori sono piatti e non brillanti. Il ritratto che otterremo utilizzando la tempera è “moderno”, simile alla rielaborazione grafica di un volto.L’acrilico: leggermente più ricco della tempera, non permette di creare velature efficaci e resta artificiale, non risultando pertanto adatto ad un ritratto realistico. Le matite colorate: per quanto siano versatili e consentano, nelle mani dei più abili, interessanti risultati, non danno mai al prodotto finale la connotazione del quadro, ma di un’illustrazione. Gli acquerelli: interessanti, se il ritratto è una rielaborazione grafica del volto del soggetto, ma molto complessi. I pastelli morbidi: ottimi per creare la luminosità, sono interessanti per creare un ritratto impressionistico nel quale non sia indispensabile un accumulo di dettagli. I pastelli a olio: anch’essi ottimi per il paesaggio, sono di utilizzo meno interessante per i ritratti, a meno che non si usino stesure minime di colore, poi sciolte e tirate con le dita. La tempera con uovo: da consigliare soltanto a chi intende imitare i ritratti del Quattrocento.
IL VIDEO TUTORIAL PER LA STESURA DEL COLORE DEL RITRATTO
David Gray (1970) è un ottimo ritrattista americano che si attiene alle regole classiche della pittura. Le sue opere sono caratterizzate da un’estrema precisione e da una non comune capacità di rendere l’incarnato. E’un vero piacere osservarlo dipingere nello stesso modo in cui operavano i grandi maestri del passato. Gray utilizza una tela a grana grossa. Il fine è quello di evitare l’accumulo di colore, che è deleterio per il ritrattista tradizionale. Se infatti osserviamo i ritratti del Settecento e dell’Ottocento noteremo che la materia pittorica, generalmente, è scarsa, sottilissima. E ciò per evitare che il colore eccessivo trasformi il ritratto in una maschera. Per non incorrere in questo rischio, si rivela necessario dipingere grasso su magro. Ciò significa che la parte di fondo del ritratto stesso dovrebbe essere preparata con colori molto diluiti e privati di eccessive quantità di olio, attraverso acquaragia, secondo la procedura che possiamo vedere cliccando sul nostro link, qui di seguito, che è riferito al paesaggio, ma che ci permette di capire cosa significa “grasso su magro” e come si ottiene, facilmente, questa situazione.www.stilearte.it/dipingere-un-paesaggio-come-preparare-il-fondo-quando-fermarsi/
Dopo aver riportato il disegno sul supporto – operazione che non ci mostra in questa fase –lavora utilizzando il marrone, una punta di rosso, il rosa e l’ocra chiaro, con un pennello a punta di dimensioni medio-piccole. Dopo aver visto il video qui sotto e concluse queste operazioni, passeremo invece a considerare un cosiddetto “ritratto alla prima”, cioè un’opera stesa senza rilievi fisionomici, ma direttamente davanti al soggetto, con pennello e colori, con esiti vicini alla pittura impressionista. In quel caso, orizzonte tecnico muta radicalmente
COME DIPINGERE PERFETTAMENTE GLI OCCHI
In precedenza abbiamo definito con grande impegno analitico le modalità di rilevamento, recupero e trasferimento della “topografia facciale ” del soggetto, inteso come passo indispensabile per realizzare un ritratto realistico o iperrealistico, collegato con la pittura della tradizione europea. Successivamente ci siamo occupati di stesura pittorica. Ora compiamo un approfondimento basilare nell’ambito della verità del ritratto, occupandoci degli occhi della persona effigiata. Gray ci ha già mostrato con particolare efficacia gli interventi per rendere l’occhio vivo, partecipe, mentre interagisce con la luce e con lo spettatore. Ma grazie a quest’altro filmato potremo ulteriormente migliorare la nostra specializzazione nella resa di questo particolare cruciale.
Lo sguardo, l’acutezza e la vividezza dell’occhio sono centrali nella ritrattistica. Così vedremo come rendere il colore dell’iride e della pupilla. come creare, con la luce-colore, la sfericità dell’occhio, come catturare sulla sua superficie curva la principale, esterna emissione dellume. L’effetto a cui dobbiamo puntare è la perfetta trasparenza della sfera, la sua leggerezza e la sua acutezza. Per migliorare la tecnica di pittura per la la stesura dell’occhio, clicca, sull’altro nostro link, sempre gratuito, evidenziato qui, in blu
COS’E’ IL “RITRATTO ALLA PRIMA”?
COME DIPINGERE IN MODO IMPRESSIONISTA
CON COLORISMO PURO
E SENZA DISEGNO
Esiste anche un modo di dipingere “ritratti alla prima”. Cosa significa? Che si dipinge, in prima battuta, senza nessun disegno preparatorio, di fronte alla tela intonsa, direttamente, senza alcuna guida, se non quella della propria esperienza e del proprio occhio. I ritratti alla prima si sviluppano dal colorismo, dalla pittura veneta e vengono ripresi, perfezionati e rilanciati in modo straordinario degli impressionisti. I pittori del Rinascimento veneto, sotto il profilo delle tecniche artistiche, sono grandi rivoluzionari. A differenza dei colleghi dell’Italia centrale, molto legati al disegno – che riportano sempre, con molti dettagli, sulla tavola o sulla tela, per poi colorarlo e trasformarlo in un quadro – i Veneti disegnano sul supporto solo pochi punti guida. Per loro il volto, il corpo, qualsiasi oggetto non sono formati da un volume, ma dall’azione della luce colore. Cosa significa tutto ciò? Prendiamo un naso. Per i fiorentini esso è un volume, una sorta di piramide anomala; per i veneti, invece il naso è una parte formata dalla luce e dall’ombra. I veneti, pertanto, non si basano sul disegno o sulla geometria, ma colgono l’effetto della visione. E molto spesso intervengono con la luce e l’ombra dei loro colori, senza dettagliati disegni tracciati sulle tele. Ciò lascia al pittore una grande scioltezza realizzativa, che diventa sempre maggiore con gli impressionisti. Per dipingere ritratti alla prima, secondo la tecnica colorista, è necessaria una particolare esperienza, come potremo vedere, cliccando sul nostro link interno e accedendo, gratuitamente al breve, specifico saggio e al relativo tutorial.
www.stilearte.it/cosa-significa-dipingere-un-ritratto-alla-prima/
COLORI A OLIO E TECNICHE
[C]i avete contattato in molti, neofiti delle pittura ad olio ma anche professionisti; la domanda è comune: quali sono i colori ad olio migliori in circolazione? Quali si adattano meglio al mio livello di pittura?
Ma, prima di “addentrarci” nella materia, vediamo a chi possono servire i colori a olio
Pittura figurativa tradizionale
- Ai pittori di paesaggio
- Ai pittori di nature morte
- Ai ritrattisti
- A chi ha bisogno di velature trasparenti e lucide per rifinire gli acrilici
- A chi si vuole avvicinarsi in modo classico all’astratto, preferendo la materia “elastica” dell’olio essiccato ad altre soluzione materiche
- A chi vuole esercitarsi con copie d’autore
- A chi intende raggiungere i massimi effetti di verità
Pittura contemporanea
- A chi vuole mantenere, nell’astratto nella sintesi, una matericità che appartiene alla tradizione
- A chi vuole completare acrilici, che sono più spenti, con interventi vivificanti
- A chi crede che le tecniche miste consentano il massimo dell’espressione tecnica
I colori ad olio, per quanto siano di più complessa gestione, non possono mancare nello studio di un artista, accanto agli acrilici.
I LIMITI DEI COLORI A OLIO
Essi, nonostante costituiscano per antonomasia la pittura, richiedono tempi di asciugatura che sono piuttosto lunghi, specie se essi sono dati “a corpo” – cioè in strati spessi, come accadeva spesso nella pittura di Van Gogh – mentre l’essiccazione dell’acrilico è rapidissima e può essere assimilata a quella della tempera. L’untuosità dei materiali richiede un certo ordine da parte del pittore per evitare di sporcare gli abiti e gli ambienti in cui opera. Questi materiali esigono poi un certo esercizio compiuto con qualche prova in quanto, offrendo, con diluizioni performanti e uso dei pennelli di forma e ampiezze variabili, esiti diversificati, impongono la maturazione d’esperienza che consenta di sfruttare appieno le numerose possibilità offerte dal prodotto. Nel caso di una pittura realista o iperrealista essi richiedono tempi maggiori di attesa per le stesure successive e la capacità di fermarsi al momento giusto, ma sono indispensabili, anche solo come finitura, per rendere l’effetto del “vero”. Uno dei maggiori errori compiuti dai neofiti con i colori a olio è quello di raggiungere un buon risultato in una frazione della prima seduta e di voler andare oltre, nel completamento. Questo comporta spesso il crollo di qualità del quadro. Il colore a olio richiede all’artista, nell’ambito della pittura tradizionale, di evitare eccessive sovrapposizioni, a quadro ancora bagnato, poichè l’effetto è quello dello spegnimento del colore. Per le stesure successive sarà necessario attendere 24-48 ore – dipende dallo strato di materia – affinchè la parte superficiale della pittura sia asciutta e sia possibile procedere con stesure superiori.
Ogni stesura superiore avrà invece tempi sempre inferiori poiché la quantità di colore generalmente impiegata è più lieve. Un caso a sé riguarda la cosiddetta pittura alla “prima”. Essa prevede che il quadro ad olio sia steso in una sola seduta, di getto. Ma i colori, in questo caso non vengono mischiati sulla tela, quanto giustapposti – messi, cioè uno accanto all’altro, più come tasselli di un mosaico che come pennellate tout court – per evitare mèlange che portano sempre a un colore indefinito, vicino al grigio tortora. La seconda stesura dovrà sempre avvenire quando ormai il quadro non appiccica. E la prova si affronta manualmente. Per chi non vuole attendere, esistono prodotti additivi, chiamati essiccativi o essiccanti, in grado di accelerare notevolmente l’asciugatura. Li vedremo poco più avanti, nell’articolo.
LA SCELTA DEI MATERIALI
Ecco un nostro elenco con le migliori marche e relativi pregi. Abbiamo provato ad uno ad uno ciascun prodotto, per potervi offrire una resoconto puntuale. Potrete così indirizzare la scelta nei confronti di un prodotto che sia in linea con le vostre esigenze tecniche e che rispetti il vostro budget. E’ certo il fatto che, specialmente nella pittura tradizionale – figura, paesaggio, veduta, natura morta – la qualità dei colori è determinante per l’esito del quadro. Come un pianoforte di livello per un concertista. La qualità dipende molto dalla purezza dei pigmenti utilizzati e del medium – l’olio di lino – nonché dalle modalità di incorporazione del medium nell’olio stesso.
Questi colori non virano, con il tempo, nonostante il naturale assestamento cromatico, che crea invece una fusione elegante dell’opera, in ogni sua parte. E si avvicinano maggiormente alle ricette tramandate dai pittori antichi. Terre e ossidi venivano infatti stemperati nell’olio di lino. La concentrazione del pigmento è direttamente proporzionale alla durata del tubetto e alla brillantezza del colore. Pertanto potrà sembrare di conseguire risparmi, con prodotti già molto diluiti. Ma questi ultimi si consumano prima.
IL COLORE DI QUALITA’
Il colore di qualità si presta ad una più ampia gamma di effetti, proprio in virtù alla concentrazione della materia prima. I costi variano appunto in base alla purezza, Può essere allungato, sulla tavolozza, secondo gli effetti che vogliamo ottenere. Essenza di trementina, principalmente, come diluente. Oppure un tocco minuscolo di acquaragia, che noi preferiamo poiché consente, se usata senza eccessi, di ottenere una più rapida asciugatura della prima stesura, anche se induce una lieve attenuazione della brillantezza. L’acquaragia può essere molto utile se operiamo all’aria aperta, davanti a un paesaggio che intendiamo catturare con una certa rapidità e che rifiniamo in studio o con un ritorno al posto in cui abbiamo impostato l’opera, senza lasciar trascorrere un tempo eccessivo.
Evitiamo invece di aggiungere olio di lino. I colori in tubetto, sotto il profilo del medium, contengono già olio a sufficienza. Aggiunte ulteriori provocano una mestica infatti molto unta, scivolosa difficilmente gestibile con scioltezza. E i tempi di essiccazione diventano infiniti. Ma ognuno deve sperimentare la diluizione secondo le inclinazioni personali. L’effetto è quello di un dentifricio al quale è stato aggiunta acqua. Anche la pennellata diventa difficilmente controllata e controllabile.
Come ben sappiamo, i tubetti di colori ad olio furono prodotti nella seconda metà dell’Ottocento e questa soluzione favorì notevolmente l’esercizio della pittura all’aperto. In precedenza ogni pittore acquistava i pigmenti – polveri – e produceva il colore, aggiungendo l’olio di lino, secondo le proprie esigenze. I colori in tubetto avevano il grosso vantaggio d’essere trasportati e utilizzati con comodità, mentre nel passato remoto gli oli erano collocati in vasetti, che potevano essere perfetti contenitori, se utilizzati in studio, ma che risultavano intrasportabili. Proprio per renderli pronti all’uso, i produttori trovarono proporzioni tra pigmenti e medium che consentisse al pittore di non portare con sé altro olio di lino, ma una sola boccetta con diluente. In commercio esistono ancora, soprattutto per i restauratori, colori in polvere che coprono una nicchia di mercato e che sono più adatti a chi opera in termini “terapeutici” su un quadro o su un affresco, più che a chi voglia raggiungere un risultato formale, espressivo o narrativo.
Colori a olio: ecco le recensioni:
MAIMERI: Olio puro. Una soluzione di alta qualità. Questo prodotto, infatti è definito puro in quanto il colore non è mescolato con altre sostanze. Si tratta di olio più pigmento e nulla più, se non un minimo apporto di additivi per migliorare la qualità del colore. Caratteristica principale, infatti, è l’attenzione e la fedeltà del colore. Un prodotto studiato per il risultato cromatico migliore possibile. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Maimeri
FERRARIO: Van Dyck. Una gamma con uno dei migliori rapporti qualità/prezzo. Ideale per chi è alle prime armi ma, data la qualità del prodotto, molto utilizzata anche dagli esperti del settore. Purezza, intensità delle tinte e impasto untuoso sono le caratteristiche principali. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Ferrario
OLD HOLLAND: un prodotto per puristi. Old Holland produce ancor oggi i suoi colori utilizzando le tecniche e le formule tradizionali. Uno dei marchi più ricercati dagli artisti fin dalla nascita della pittura ad olio. Il prezzo non è certamente adatto alle tasche di tutti ma si tratta pur sempre della “Ferrari” dei colori ad olio. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Old Holland
WILLIAMSBURG: una linea e un prodotto che si fregia di essere stato creato dagli artisti stessi, per la migliore resa possibile. Ogni tonalità risulterà diversa nell’impasto, che può essere più o meno granuloso o più o meno oleoso, in quanto appositamente studiata per la resa cromatica migliore Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Williamsburg
WINSOR & NEWTON: la giusta via di mezzo. Il prezzo è alla portata e la qualità offerta è sicuramente di medio/alto livello. E’ la linea Winsor & Newton, utilizzata dalle accademia. Buona qualità dei colori, ad un prezzo abbordabile Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori WINSOR & NEWTON
Portapennelli. Ideale per dare ordine e organizzazione ad accessori artistici e non solo come pennelli penne matite pennarelli pastelli. Questo contenitore aperto è molto utile perchè mantiene le setole di ogni pennello distaccate, tiene ordine sulla scrivania e risulta uno strumento che ci permette di trovare subito il pennello che cerchiamo. Qui vi proponiamo Artina Porta pennelli Ø 14,5cm – spazio per 49 pennelli colori matite penne – per artisti pittura accademia belle arti, disponibile a 9,99 euro. Acquistalo qui
con questa vernice finale,
UN PICCOLO SEGRETO DEL MESTIERE
Quando avete finito di dipingere – e dovete lavare i pennelli e altri utensili o dovete smacchiare rapidamente il pavimento, il muro o un abito – anzichè utilizzare l’acquaragia, che può essere fastidiosa e lascia aloni, intervenite con acqua calda nella quale è stato sciolto detersivo verde al limone prodotto per i piatti. Il rapporto tra detersivo e acqua è quello che utilizziamo quando dobbiamo lavare padelle molto unte. Poichè il legante è l’olio di lino, il detersivo lo rimuoverà perfettamente con il colore in esso disciolto. Sciacquate poi con acqua calda e passate uno straccio sulle setole, che resteranno molto morbide ed elastiche e che aumenteranno la durata del pennello stesso.
DOVE FAR ASCIUGARE I QUADRI A OLIO
E’ rimasto tra gli aneddoti – basati su una vicenda vera – l’incidente occorso a un grosso quadro di Velazquez. Approfittando di una bella giornata di sole e di vento, il maestro aveva chiesto che i suoi assistenti ponessero il quadro, al quale stava lavorando, all’esterno affinchè fosse accelerata l’asciugatura superficiale. Naturalmente il quadro doveva essere sistemato “in piedi”, in una zona luminosa, ma non direttamente colpito dai raggi solari – per evitare surriscaldamento e la possibile colatura del colore – poichè tutti i pittori sanno che se si appoggia a terra l’intero dipinto, pur verso l’alto, su di esso rotoleranno, in breve, polvere, insetti e peli, catturati dalla viscosità del colore. Si procedette allora poggiando il quadro su un lato, dandogli la giusta inclinazione, affinché non cadesse avanti. Ma un colpo di vento colpì la tela, che si trasformò in una sorta di vela. L’opera volò e cadde in avanti, subendo danni a causa della sporcizia che si era mischiata al colore. Rimuovere sassolini, spighe, fili d’erba, insetti, capelli, peli, crini, polvere grossa significa rovinare le linee dell’opera. Quindi. Bene all’esterno, a una certa altezza, nelle prime ore dopo la stesura. Poi all’interno, in un ambiente ben aerato e lontano da tutti. Mentre l’uso del phon funziona per accelerare l’asciugatura di tempere e acrilici – che normalmente, peraltro non ne necessitano – l’asciugacapelli agisce in modo insignificante sui quadri a olio. Anzi. Calore intenso e flusso d’aria tendono a scompensare l’unione tra pigmento e olio di lino. Pertanto, al di là di tutto: esterno non polveroso nelle prime ore, in caso di bel tempo. Se l’esterno è molto umido, per pioggia o nebbia, l’esposizione risulterà completamente inutile. Per togliere peli, capelli e fili d’erba dal quadro bagnato è assolutamente sconsigliato usare unghie o dita, che spandono il colore, mentre si consiglia una pinzetta da make-up, sottile e precisa.
LA DURATA DEI QUADRI A OLIO SENZA RILEVANTI MUTAMENTI DI COLORE
Le opere ad olio non devono essere costantemente colpite dai raggi del sole, che possono essere fonte dell’indesiderato schiarimento dei pigmenti. Per quanto riguarda la tela, il film pittorico può essere danneggiato da ambienti umidi e, ancor maggiormente, da luoghi in cui si passa frequentemente dal freddo umido al riscaldamento eccessivo. La tela si stringe e si dilata. Questo movimento diviene causa del distacco del colore.
La vernice finale è un ottimo aiuto per la conservazione cromatica del dipinto, poichè funge – oltre che da elemento uniformante che tende a colmare, nella pittura tradizionale, depressioni e rilievi del colore – da protettivo e, lievemente, da filtro solare. I colori in vendita hanno indicazioni sulla durata presunta del colore stesso, prima che inizi un mutamento cromatico, pur lieve.
*** ottima resistenza ai fenomeni luminosi corretti: minimo 150 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
** buona resistenza alla luce: minimo 75 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
* scarsa resistenza alla luce: minimo 25 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
I colori evanescenti (alcune aniline, il bitume genuino, il minio, i colori fluorescenti), invece, vengono in genere catalogati con un pallino nero.
ESSICCATIVI PER COLORI A OLIO
C’è chi aggiunge alla mestica acquaragia che smagrisce il colore, eliminando parte dell’olio e diminuendo notevolmente i tempi di asciugatura. Ma il rischio è che si crei una lieve patina o che il colori muti lievemente. Chi invece intende giungere a tempi più brevi di essiccazione, senza il rischio di mutamenti cromatici imprevisti, può utilizzare gli essiccativi (qui puoi trovare i prodotti migliori in commercio a un prezzo più che onesto).
COS’E’ LA VELATURA AD OLIO E COME SI OTTIENE
La velatura è una tecnica artistica di finitura del quadro che consiste nel porre uno strato sottilissimo di colore molto diluito sul sottostante dipinto, ormai asciutto, per ottenere effetti di trasparenza, semitrasparenza, per creare l’effetto traslucido o per mutare il colore sottostante. Essa, per quanto si dica praticata già, pur episodicamente, dai pittori egizi e dell’antica Roma, caratterizzò inizialmente la pittura fiamminga e si legò al colore ad olio, che fu utilizzato, nei Paesi Bassi, a partire dal Quattrocento, mentre, in Italia, per i dipinti da cavalletto, si faceva ancora uso di tempera grassa.Come ottenere, oggi, una velatura? Noi diamo la vernice finale al dipinto, attendiamo che asciughi per poter lavorare su una superficie “plastificata” o “vetrificata“. Quindi prendiamo pochissimo colore e lo diluiamo, sulla tavolozza, con liquido dello spray della vernice finale. Ed ecco un colore trasparente ma fortemente aggrappante. Per ottenere il liquido dallo spray, basta schiacciare il diffusore, scaricando in un punto della tavolozza il flusso aeriforme, a distanza ravvicinata, per una decina di secondi. Il mercato offre già anche colori trasparenti, che sono contrassegnati da un quadratino bianco sull’etichetta.
COME DARE LA VERNICE FINALE
Nel Novecento gli artisti tesero a utilizzare sempre meno la vernice finale, per ottenere un aspetto più materico e rozzo dell’opera. La vernice, infatti, tende a uniformare la superficie e ad esaltare il colore. Ai tempi di Turner, la vernice finale veniva data, ai dipinti a olio, nella sede in cui l’opera sarebbe stata collocata o negli spazi espositivi. Per questo è rimasto, nella terminologia artistica, il sostantivo vernissage, che significava, originariamente, verniciatura e che oggi è un incontro chic di inaugurazione di una mostra d’arte. Le operazioni di verniciatura avvenivano uno o due giorni prima dell’apertura ufficiale della mostra. E a questi delicati lavori, oltre agli artisti, era ammesso un pubblico selezionato di intenditori. Con vernissage si intese così un’inaugurazione tra pochi eletti; e, successivamente, assunse la connotazione di festa d’inaugurazione. La stesura della vernice finale, a quei tempi, non era compito del pittore, ma di operai specializzati che lavoravano esclusivamente con vernici trasparenti, acquisendo, in questo campo, un’assoluta abilità. Il quadro doveva essere asciutto da qualche mese per evitare che i diluenti sciogliessero parti di colori del dipinto. Il prodotto veniva steso con rapidità. E capitava spesso che questi artigiani fossero così abili da consentire all’artista qualche ritocco finale, disperato, che poi loro sapevano coprire.
Oggi esistono più tipologie di vernici finali, che si dividono, comunque, in vernici a pennello e vernici spray.
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Le vernici finali a pennello richiedono una perfetta asciugatura del dipinto. Il rischio è infatti che si sciolga anche una piccola parte del colore, che si unisce alla vernice stessa, la quale non è più totalmente trasparente e non più totalmente incolore. Sotto il profilo dei risultati tecnici, la vernice finale a pennello è indicata a restauratori, iperrealisti, copisti e a tutti coloro che intendono mettere una cura massima – diremmo classico-accademica – nella realizzazione dell’opera
Le vernici finali spray sono molto comode e permettono d’essere spruzzate anche 24 ore dopo aver finito l’opera e anche se questa non è perfettamente asciutta. L’importante è che il quadro non sia messo verticalmente. Lo spray va dato, dopo aver scosso vigorosamente la bomboletta per un minuto, a una trentina di centimetri di distanza dalla tela. Evitiamo l’ambiente chiuso. Meglio all’aperto, ma in una giornata senza vento. Oppure mettiamoci in un luogo aerato, ma senza correnti d’aria, che si porterebbero via tutta la materia volatile. Ricordiamoci poi, se intendiamo tenere il quadro in piedi, durante questa operazione, di non spruzzare troppa vernice, per evitare istantanee colature e formazione di grumi. Dobbiamo produrre un’emissione regolare e piuttosto rapida. Poi appoggiamo il quadro in posizione orizzontale, in un luogo dove non ci siano vento e polvere. E aspettiamo. Possiamo dare un’altra mano dopo qualche ora.
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