Calotte emisferiche, abitazioni primitive, tende di fortuna, nucleo dell’abitare, considerate in ogni variante, per mantenendone la struttura basilare. Gli igloo furono per Mario Merz Mario, figura chiave dell’Arte Povera che rappresentò i processi di trasformazione della natura e della vita umana, un’immagine attorno a cui indagare costantemente. Visivamente riconducibili alle primordiali abitazioni – che potevano essere realizzate, non solo di ghiaccio, come al grande Nord – ma più diffusamente con lunghi rami dotati di foglie, prima poggiati a croce, utilizzando la natura curvatura, poi completati in ogni angolo superiore da altri rami che consentivano di ottenere, rapidamente una copertura – diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Queste opere sono caratterizzate da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, juta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon. Merz compie un’azione di indagine strutturale. Se, infatti l’architettura ha ampliato str e i moduli originari del condividere gli spazi, l’artista rileva il significato originario del riparsi e dell’abitare in un piccolo spazio condiviso e ne rende partecipe il pubblico, chiedendo, con la sensazione estetica, di meditare attorno al significato di questo modulo. E non è un caso che se mettiamo in un giardino una piccola tenda, i bambini si rifugiano per gioco perchè, là dentro, diventa tutto più facile e condivisibile.
“”Per mio padre l’igloo era un luogo di condivisione – ha spiegato Beatrice Merz, figlia dell’artista e presidente della Fondazione Merz che ha collaborato alla creazione della mostra “Igloos all’Hangar Bicocca di Milano- il messaggio che voleva trasmettere era quello della condivisione” e del “rapporto dell’uomo tra l’interno e l’esterno, tra uno spazio intimo come quello casalingo e uno più ampio come quello della natura o quello urbano. Tutti gli elementi che compongono gli igloo sono legati, infatti, anche al lavoro umano: dalla terra alla fabbrica, dall’architettura alla poesia”. “Sono molto felice che la mostra sia qui a Milano – ha poi concluso la figlia dell’artista – papà è nato e morto qui e nonostante il suo essere vagabondo aveva un grande legame con Milano. Questa mostra (25 ottobre 2018-24 febbraio 2019) è una bellissima passeggiata da fare in solitaria per raccogliere messaggi e spunti, c’è tanto da pensare oltre che da vedere”.
RACCOLTI TUTTI GLI IGLOO DI MERZ
“Igloos” (2018), la mostra dedicata a Mario Merz (Milano, 1925-2003), tra gli artisti più rilevanti del secondo dopoguerra, riunisce il corpus delle sue opere più iconiche, gli igloo, datati tra il 1968 e l’anno della sua scomparsa. Il progetto espositivo, curato da Vicente Todolí e realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz, si espande nelle Navate di Pirelli HangarBicocca e pone il visitatore al centro di una costellazione di oltre trenta opere di grandi dimensioni a forma di igloo, un paesaggio inedito dal forte impatto visivo.
Nel 1985 già Herald Szeeman presentò a Zurigo un’esposizione personale di Merz con tutte le tipologie di igloo realizzate fino a quel momento “per formare un villaggio, un paese, una città irreale nello spazio espositivo”, diceva ai tempi il curatore. “La struttura metallica è sempre la stessa ma nello stesso tempo è sempre diversa perché gli elementi sono diversi e con il tempo diventano più complessi”, diventano più grandi (fino a 10 metri di diametro), raddoppiano e si intersecano, ha chiarito Teodolì. Materiali poveri – come il metallo, la creta e la juta – ed elementi più complessi e scientifici – come la sequenza di numeri di Fibonacci, una costante che accompagna il visitatore lungo tutto il percorso – sono per Merz una metafora dell’uomo, dello spazio che abita e delle sue trasformazioni nel tempo.
Cosa significano gli igloo di Mario Merz tra arte, antropologia e architettura? Risponde la figlia. Il video
“Igloos” (2018), la mostra dedicata a Mario Merz (Milano, 1925-2003), tra gli artisti più rilevanti del secondo dopoguerra, riunisce il corpus delle sue opere più iconiche, gli igloo, datati tra il 1968 e l’anno della sua scomparsa. Il progetto espositivo, curato da Vicente Todolí e realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz, si espande nelle Navate di Pirelli HangarBicocca e pone il visitatore al centro di una costellazione di oltre trenta opere di grandi dimensioni a forma di igloo, un paesaggio inedito dal forte impatto visivo