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Dal villaggio palafitticolo emergono 200 reperti al giorno. Trovati anche i denti dei primi Homo Sapiens della vallata veneta


La 4° campagna di scavo, attualmente in corso nell’area del laghetti di San Giorgio e Santa Maria, in provincia di Treviso, ha previsto l’estensione dell’area di scavo per una superficie di oltre 50 m2. Siamo, temporalmente, a un periodo compreso tra Neolitico ed Eneolitico Superiore. Il sito presenta anche i segni di sporadiche frequentazione nel corso dell’Età del Bronzo. Per dirlo con parole semplici. Il Neolitico è l’età della pietra, la parte finale dell’Età della pietra – dall’8000 a.C. al 3500 a.C. circa – in cui gli utensili scheggiati nella selce furono sempre più raffinati ed efficaci ed è anche il periodo in cui, convenzionalmente, parti delle comunità umane divennero stanziali o semistanziali, “inventando” l’agricoltura e l’allevamento di bestiame. L’Eneolitico Superiore è un periodo successivo al Neolitico nel quale, dopo la scoperta della fusione dei metalli, vengono utilizzati utensili di pietra, accostati a quelli di rame, vera, dirompente novità tecnologica.


“Nella campagna archeologica in corso sono stati individuati resti di strutture lignee che indicano la presenza di un abitato perilacustre su impalcato, come testimonia la presenza di uno strato di frustoli lignei, distribuiti uniformemente su tutta la superficie. – spiega la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e paesaggio per l’area metropolitanadi Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso – Il livello antropico (cioè lo strato di terreno segnato dalla frequentazione umana ndr) restituisce una media di circa 200 frammenti giornalieri, tra reperti fittili, litici e faunistici, senza contare il materiale più minuto ed arche-botanico che viene recuperato attraverso lavaggio e setacciatura (su alcuni semi di vitis selvatica è in atto un’analisi genetica). Tra i reperti di maggior rilevanza sono emersi 4 denti umani, che rappresentano la prima attestazione di resti di Homo Sapiens in Vallata. Inoltre, sono state recuperate una scheggia ritoccata in quarzo ialino, un frammento di spatola e punteruoli in osso, oltre a numerosi elementi ornamentali, quali perline forate in osso ed il secondo dente di tasso forato”.

I laghi di San Giorgio e Santa Maria sono due bacini di origine glaciale, situati nella Vallata, ai piedi delle Prealpi Venete, e si estendono amministrativamente nei comuni di Revine-Lago e Tarzo (TV). ” Le preesistenze archeologiche risalgono al 1923 – dice la Soprintendenza – quando, durante lo scavo di un canale artificiale, fu rinvenuta una spada in bronzo di tipo Sauerbrunn. Nel 1987 vennero scoperti i primi resti di un abitato palafitticolo e, nel corso degli anni Novanta, alcune campagne di scavo hanno documentato un insediamento peri-lacustre databile al Neolitico-Eneolitico superiore, con sporadiche frequentazioni durante l’Età del Bronzo”.

“Dal 2019, nell’ambito del progetto reLacus, l’Università di Ferrara ha intrapreso una nuova fase di ricerche multidisciplinari, in concessione ministeriale (Ministero della Cultura) e in sinergia con il funzionario di zona della nostra Soprintendenza, dott.ssa Elena Pettenò, in collaborazione con l’Università di Padova e l’IPHES – Instituit Català de Paleoecologia Humana i Evoluciò Social. – prosegue la Soprintendenza – Nel corso delle campagne di indagini annuali sono stati effettuati carotaggi geoarcheologici, prospezioni subacquee, sondaggi stratigrafici esplorativi ed acquisizioni geofisiche, con l’obiettivo di individuare nuove aree insediative, nonché i limiti del villaggio palafitticolo, intercettando depositi torbosi di origine antropica. Nel 2022 le prospezioni geofisiche non invasive, effettuate su oltre 7.000 m2, hanno individuato concentrazioni di anomalie magnetiche e variazioni di permittività, che potrebbero essere collegate ad evidenze antropiche. L’apertura di un settore di scavo di 24 m2 ha messo in luce uno strato torboso di origine antropica, piuttosto omogeneo, rappresentativo della fase insediativa. Una fase di esondazione lacustre, con deposizione di limo argilloso grigio, ha sigillato lo strato antropico consentendo un’eccezionale conservazione dei resti. Le analisi archeobotaniche descrivono un ambiente caratterizzato da querceti prevalentemente misti, con igrofite arboree e piante da frutto. Il complesso faunistico è costituito da specie domestiche, principalmente rappresentate da bovini, suini e ovi-caprini, affiancati da specie selvatiche come orsi, piccoli carnivori e castoridi.
La continuità abitativa dell’insediamento è ulteriormente confermata dalle diverse produzioni ceramiche, sia di uso quotidiano, sia per lo stoccaggio e la conservazione degli alimenti, dalla produzione di collane e pendenti su ossa e denti, nonché dall’approvvigionamento di materia prima litica da zone prossime all’ insediamento”.