Dallo scavo archeologico emergono mosaici del VI secolo fatti realizzare da uno schiavo per la sua liberazione

Si può pensare che lo schiavo che ordinò il mosaico dei pavoni potesse lavorare per una famiglia cristiana, che seguendo il principio di libertà e fratellanza, insito nell'autentico cristianesimo, fosse giunta a questa decisione. In questo caso il mosaico, posto all'interno della basilica, poteva diventare uno strumento con il quale lo schiavo comunicava agli altri cristiani le virtù del proprio padrone, che veniva, a sua volta, pubblicamente promosso

Per ringraziare Dio dalla liberazione dalla propria condizione di schiavo, un liberto del VI secolo commissionò un mosaico nella chiesa cristiana dei Santi Apostoli, un possente edificio di culto realizzato ad Arsuz, una città nella provincia di Hatay, nel sud della Turchia. Il mosaico – nel quale appare il ringraziamento a Dio, fatto a scrivere in greco dall’uomo, riconoscente per la libertà acquisita – è stato portato alla luce nelle settimane scorse dagli archeologi turchi, che stavano proseguendo gli scavi per finire di portare alla luce l’edificio di culto, emerso negli scorsi anni durante lavori agricoli per la piantumazione di un agrumeto.

Scavando buche per nuovi alberi di arance, il proprietario del terreno si era imbattuto nei resti di una struttura antica, che era stata coperta, nei secoli, dal terreno. Gli scavi successivi hanno portato alla luce una chiesa basilicale a tre navate con pavimenti a mosaico, tombe in pietra e resti umani. Un’iscrizione in mosaico permetteva di comprendere che l’antica chiesa scomparsa era dedicata agli Apostoli di Cristo. L’edificio continuò ad essere frequentato fino al XII secolo.

Il mosaico con pavoni e l’iscrizione sono stati scoperti nell’ultima stagione di scavo e lo scavo è in corso. Alla fine, il governo regionale di Hatay prevede di costruire un tetto sui resti e di aprirlo ai visitatori come un museo a cielo aperto.

Un liberto era una persona precedentemente schiavizzata che è stata liberata dalla condizione di schiavitù, generalmente tramite mezzi legali. Nella Roma antica, in particolare, un liberto era uno schiavo affrancato che generalmente continuava a vivere nella casa del patronus e aveva nei suoi confronti doveri di rispetto e obblighi di natura economica.

In diversi casi gli schiavi divenivano preziosi collaboratori per le famiglie romane. E svolgevano ruoli importanti anche nel campo dell’amministrazione dei beni o delle proprietà. Il rapporto stretto con i proprietari – nel caso in cui questi ultimi fossero culturalmente aperti alla riconoscenza e al riconoscimento di diritti – poteva portare il proprietario stesso, come premio per la fedeltà o per servizi di vitale importanza, ad affrancare lo schiavo stesso che diveniva libero, quindi un liberto. In sostanza lo schiavo non era più un oggetto.

Si può pensare che lo schiavo che ordinò il mosaico dei pavoni potesse lavorare per una famiglia cristiana, che seguendo il principio di libertà e fratellanza, insito nell’autentico cristianesimo, fosse giunta a questa decisione. In questo caso il mosaico, posto all’interno della basilica, poteva diventare uno strumento con il quale lo schiavo comunicava agli altri cristiani le virtù del proprio padrone, che veniva, a sua volta, pubblicamente promosso.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz