5 milioni di euro di spesa – finanziata da Renzo Rosso del gruppo Otb -, 5000 metri quadri di ponteggi, 80mila ore di lavoro sui 55mila metri quadrati di superficie del ponte di Rialto. Venezia ha inaugurato il consistente intervento, riportando lo splendido manufatto al 1591, anno in cui fu costruito su progetto dell’. Si arrivò, in quegli ultimi anni del Cinquecento, a questo progetto dopo un percorso travagliato, lungo il quale avvennero – prima della soluzione adottata – crolli di precedenti manufatti, bandi di gara reiterati per il progetto. E alcune bocciature illustri, come quella di Palladio.
A detta delle cronache, il primo passaggio sul Canal Grande era costituito da un ponte di barche. Imbarcazioni ormeggiate saldamente e appositamente costruite sulle quali venivano poggiate lunghe assi. Un ponte vero e proprio, su pali di legno, fu costruito nella seconda metà del XII secolo ed assunse il nome di “ponte della Moneta”, perché sorgeva nei pressi della zecca.
Nel 1503 venne proposta per la prima volta la costruzione di un ponte in pietra. Nei decenni successivi furono valutati diversi progetti, in cui il legno era ancora preponderante. Il primo progetto venne eseguito nel 1514 da fra’ Giovanni Giocondo. A partire dal 1554 vennero presentati nuove idee progettuali da parte dagli architetti più famosi del tempo, ma solo alla fine del XVI secolo il doge Pasquale Cicogna bandì un concorso. Arrivarono proposte da architetti come Jacopo Sansovino, Andrea Palladio e Giacomo Barozzi da Vignola che non convinsero – evidentemente – il Governo veneziano. Il problema era costituito soprattutto dal fatto che i veneziani volevano un’immagine di ponte legata alla continuità visiva e che fosse comodo per la navigazione. Amavano il loro vecchio ponte di legno, che ben vediamo nel dipinto di Vittore Carpaccio, il Miracolo della Croce a Rialto (particolare), che blocca l’immagine attorno al 1496.
Vinse, alla fine, un progetto che sviluppò in chiave moderna, questa struttura: quello di Antonio da Ponte. Il suo progetto venne scelto, il 9 giugno 1588, perché propose una sola arcata e si presentava, di fatto, sotto il profilo visivo, come un miglioramento dell’immagine dell’antica struttura lignea.
I veneziani avevano bisogno di un ponte che permettesse il passaggio di imbarcazioni anche con carichi molto ingombranti ed elevati. Il problema fu quello che i progettisti, prima del lavoro del 1591, operarono soprattutto come uomini di terra e non come abitanti della laguna. Per un uomo di terra, un fiume o un canale costituiscono un ostacolo da oltrepassare. E pertanto un problema da risolvere.
Per chi vive su una laguna, l’acqua è una via e una risorsa, che si integra con la terra. Quindi, anche sotto il profilo visivo – oltre che per quanto riguarda la funzionalità – ponti occlusivi venivano percepiti come limitazioni della libertà e della mobilità. Mancò cioè quella che oggi definiremmo come contestualizzazione del progetto.
Oggi è difficile misurare anche un possibile aspetto legato all’immagine architettonica. Venezia aveva elaborato un proprio stile – improntato soprattutto sul gotico -, con una prevalenza del sesto acuto. Il ponte che venne realizzato nel 1591, oltre a lasciar libero lo spazio centrale del Canal grande, costituisce una reinterpretazione del gotico, nonostante esso si presenti nella fusione con elementi classicisti.
Il progetto di Palladio prevedeva di importare, in laguna, un ponte assolutamente romano. Probabilmente l’impatto del manufatto sarebbe stato simile a quello tramandato da Canaletto, nel dipinto che vediamo qui sotto.
Oltre all’ingombro del canale e ai costi, i veneziani dovettero guardare a quel progetto anche con grande sospetto culturale ed estetico. Venezia voleva poter continuare a declinare il proprio confronto con l’antichità classica, come una provincia accesamente autonoma dell’impero culturale romano.
Nella foto di copertina: Ponte di Rialto, fotografia di Livioandronico per Wikimedia commons