Forte arancione nel mare-blu! “Meravigliose, hanno 1600 anni”. Cos’hanno scoperto gli archeologi? E perché questi 10mila oggetti facevano impazzire le antiche romane? Com’erano prodotti? Le risposte

Oddio, sono in terra sigillata! Appaiono ancora belle sul fondo del mare, con quel tipico color bruno-arancione che seduceva le nostre antenate romane. Avere sulla tavola cose così era un segno di distinzione. Si sono salvate – e sono integre – anche grazie alla lavorazione speciale a cui venivano sottoposte.

Nel cuore delle acque che lambiscono la costa di Ayvalık, nel distretto di Balıkesir, Turchia, è emersa una scoperta archeologica di straordinaria importanza. Un’antica nave commerciale, risalente al tardo V secolo d.C., è stata identificata dal team di SUDEMER (Centro di Ricerca Sottomarina) dell’Università Dokuz Eylül, sotto la direzione del professor associato Harun Özdaş. La nave, affondata circa 1600 anni fa, custodisce un carico impressionante di circa 10.000 piatti di ceramica sigillata, rendendola il più grande relitto di ceramiche mai trovato nel Mar Egeo e nel Mediterraneo.

La scoperta: tecnologia e archeologia a braccetto

Grazie all’impiego di veicoli robotici subacquei sviluppati in Turchia, il team guidato dal professor Özdaş ha rilevato anomalie a una profondità di 43 metri, a circa 2,5 miglia dalla costa. L’analisi preliminare del relitto, lungo circa 15 metri e largo 9, ha rivelato una concentrazione eccezionale di piatti in ceramica accatastati in gruppi di 15-20 unità.

È la prima volta che scopriamo un relitto con un carico così unico e ben conservato, non costituito dalle solite anfore ma da ceramiche sigillate, probabilmente provenienti dal Nord Africa o da Cipro,” ha spiegato Özdaş. “La varietà e la quantità degli oggetti trovati sono una testimonianza straordinaria del commercio antico nel Mediterraneo.

La nave, probabilmente destinata ad Anatolia, Grecia o Italia, trasportava un carico prezioso che potrebbe essersi inabissato durante una tempesta.

La ceramica sigillata: cos’era e come si produceva

La ceramica sigillata, conosciuta anche come samian ware, era un tipo di ceramica rossa caratterizzata da una superficie lucida ottenuta mediante un’ingobbiatura a base di argilla fine e una cottura specifica in ambienti ridotti. Originariamente sviluppata nelle province romane della Gallia e della Germania, questa ceramica divenne uno standard nell’Impero Romano per la produzione di stoviglie eleganti e resistenti.

I piatti trovati ad Ayvalık appartengono probabilmente a un’officina situata in Siria, Egitto, Nord Africa o Cipro, regioni note per la loro eccellenza nella produzione di ceramiche. Questi centri utilizzavano argille locali ricche di minerali e tecniche raffinate per produrre articoli di qualità destinati al commercio.

I piatti sigillati erano esportati in tutta l’area mediterranea per il loro pregio estetico e la loro funzionalità, spesso utilizzati come stoviglie di lusso nelle case romane e nei banchetti ufficiali. La scoperta di Ayvalık conferma non solo l’importanza di questo commercio, ma anche la vitalità economica del Mediterraneo tardoantico.

Un museo per il relitto

Il professor Özdaş ha sottolineato l’importanza della scoperta: “Abbiamo trovato abbastanza reperti per allestire un museo dedicato. La varietà e la quantità delle ceramiche sono una collezione unica, che merita di essere esposta per il pubblico e per gli studiosi.

Il progetto Turkish Sunken-Ships Project: Blue Heritage rappresenta un passo avanti significativo per la comprensione del commercio antico nel Mediterraneo. “In 30 anni di ricerche subacquee nelle acque turche, non abbiamo mai trovato un relitto di questa portata e con un carico così intatto,” ha dichiarato Özdaş.

La tecnica della ceramica sigillata: un’eccellenza del mondo romano

La ceramica sigillata, conosciuta anche come “terra sigillata”, deve il suo nome alla caratteristica finitura lucida e ai marchi (sigilli) impressi, che spesso identificavano la bottega di produzione o l’artigiano. Questo tipo di ceramica rappresentava un’evoluzione estetica e tecnica rispetto alla produzione ceramica comune, divenendo un simbolo di prestigio e raffinatezza.

Il processo di produzione

La produzione della ceramica sigillata seguiva tecniche altamente specializzate:

  1. Scelta dell’argilla: veniva utilizzata un’argilla particolarmente fine e priva di impurità, spesso arricchita con minerali per ottenere una maggiore plasticità e una finitura uniforme.
  2. Ingobbiatura: la superficie del vaso o del piatto veniva rivestita con un ingobbio, una soluzione di argilla finissima mescolata con acqua, che conferiva alla ceramica il suo caratteristico colore rosso-arancione brillante. Un effetto simile a quello delle vernici finali.
  3. Decorazione a matrice: molte ceramiche sigillate erano decorate utilizzando stampi in rilievo. Questo processo permetteva di produrre velocemente una grande quantità di pezzi con decorazioni standardizzate, che spesso includevano motivi geometrici, vegetali o scene mitologiche.
  4. Cottura in atmosfera ridotta: il vaso veniva cotto in forni a temperature elevate (circa 900-1000°C). L’atmosfera ridotta, ottenuta limitando l’apporto di ossigeno, garantiva la tipica lucentezza della superficie.

Perché era apprezzata

La ceramica sigillata era molto apprezzata per diverse ragioni:

  • Estetica e qualità: la sua finitura lucida e il colore brillante la rendevano ideale per banchetti e occasioni ufficiali, conferendole uno status di lusso rispetto alla ceramica comune.
  • Durabilità: la tecnica di cottura garantiva una maggiore resistenza agli urti e all’usura, rendendola un prodotto durevole nel tempo.
  • Versatilità: oltre a essere utilizzata per la tavola, la sigillata era spesso considerata un dono di prestigio, adatto a essere scambiato tra élite o come parte di corredi funerari.

Il valore rispetto alla ceramica comune

Il costo della ceramica sigillata era significativamente più alto rispetto alla ceramica ordinaria, sia per la complessità della produzione che per il suo status simbolico. Un piatto in sigillata poteva valere fino a cinque o sei volte il prezzo di una stoviglia comune, in parte perché veniva spesso associato ai commerci di lusso e ai contatti internazionali.

La diffusione della sigillata attraverso l’Impero Romano, sia nelle città che nelle province più remote, testimonia il suo valore non solo come oggetto d’uso quotidiano ma anche come indicatore di status sociale. La sua presenza nei contesti archeologici, come quello del relitto di Ayvalık, dimostra come il commercio di questi oggetti fosse florido e quanto fosse ambita una ceramica capace di unire funzionalità, eleganza e prestigio.

Condividi l'articolo su:
Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz