Resti di un santuario gallo romano, di un quartiere di duemila anni fa e di una necropoli successiva stanno emergendo a Renne (Bretagna), in Francia, grazie agli scavi dell’Inrap – l’istituto nazionale francese delle ricerche archeologiche preventive – su un terreno di 5600 che apparteneva all’ospedale Hotel Dieu e sul quale saranno costruiti immobili.
La città di Rennes venne fondata dal popolo celtico degli armoricani con il nome di Condate e rilanciata durante il periodo romano, durante il quale fu chiamata Condate Riedonum, perché capoluogo della Civitas Riedonum, popolazione gallica. La zona oggetto dello scavo era, all’epoca romana, un’area residenziale a nord del centro di Condate, un quartiere che sorgeva attorno a un santuario – ora in fase di scavo -. Il quartiere fu abitato tra il I e il III secolo. Nella zona sorse poi, nel IV-VI secolo, una necropoli.
Una delle tombe presenta un individuo sepolto con un torque intorno al collo. L’inumazione deve essere ancora precisamente datata, ma lascerebbe intendere una persistenza delle tradizioni locali, anche successivamente all’occupazione. Si tratterebbe di un collare rituale e non di uno strumento di contenzione, come potrebbe apparire.
Il torque è un tipo di collare rigido e decorativo che ha giocato un ruolo significativo nella cultura e nell’arte delle popolazioni galliche e celtiche dell’Europa antica. Questi collari, spesso realizzati in metalli preziosi come l’oro, l’argento e il bronzo, erano indossati sia da uomini che da donne e rappresentavano simboli di status, potere e identità tribale.
Il termine “torque” deriva dal latino “torquere,” che significa “torcere,” in riferimento alla tipica forma ritorta del collare. I torque erano generalmente formati da un anello rigido e aperto che veniva indossato attorno al collo, con le estremità che potevano essere semplicemente rifinite o elaborate con motivi decorativi complessi, spesso raffiguranti teste di animali, figure mitologiche o motivi astratti.
L’importanza simbolica del torque tra le popolazioni galliche e celtiche era notevole.
Questi collari erano spesso considerati oggetti sacri e potevano essere utilizzati come offerte votive agli dei o come doni funerari per accompagnare i defunti nell’aldilà. Indossare un torque non solo denotava l’appartenenza a un’elite sociale, ma anche il possesso di una particolare virtù o forza spirituale. I guerrieri, in particolare, indossavano torque come simbolo di coraggio e di protezione divina in battaglia.
Non è escluso che, originariamente, ilo torque fosse simbolo del dio o del superuomo che aggioga la natura, dominando i serpenti, che poi mette attorno al collo come prede ostentate. Serpenti sono peraltro legati anche al mondo greco romano e appaiono come simbolo di potere benigno in Esculapio – Medicina -, mentre colubri – grossi serpenti innocui per l’uomo, ma protettori della casa perché divorano topi e insetti – erano dipinti negli edifici romani, specie presso i larari. Nel caso dei celti il torque rappresenta certamente colui che sa piegare la natura al proprio volere.
Uno degli esempi più celebri di torque è il Torque di Snettisham, un magnifico pezzo d’oro del I secolo a.C. ritrovato in Inghilterra, che mostra l’abilità degli artigiani celti nella lavorazione del metallo e nella decorazione. Questo torque è caratterizzato da intricati disegni a spirale e dettagli finemente cesellati, che dimostrano l’alto livello di sofisticazione artistica raggiunto dalle popolazioni celtiche.
Oltre al loro valore estetico, i torque avevano anche un significato pratico. La loro forma rigida e la chiusura aperta permettevano di indossarli e rimuoverli con relativa facilità, ma la loro robustezza assicurava che rimanessero saldamente al loro posto durante le attività quotidiane o in battaglia. In alcuni casi, i torque potevano essere dotati di meccanismi di chiusura più complessi per aumentarne la sicurezza.
Gli storici e gli archeologi hanno studiato i torque non solo come oggetti d’arte, ma anche come fonti di informazione sulla struttura sociale e le credenze religiose delle popolazioni galliche e celtiche. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce numerosi torque in contesti diversi, da tombe di alto rango a depositi rituali, fornendo indizi sul loro uso e significato nel corso dei secoli.
L’uomo con il torque trovato a Rennes interpretava un’antica tradizione culturale. Ora sarà interessante capire a chi fosse dedicato il tempio trovato durante gli scavi dell’antico quartiere-nord di Condate. Gli archeologi stanno raccogliendo diversi indizi, collegandosi ad altri ritrovamenti nella zona.
“I resti antichi rivelano un’organizzazione urbana ben definita. – affermano gli archeologi dell’Inrap, esaminando l’intero scavo – Sono emerse una strada nord-sud (cardo) e due assi est-ovest (decumanus), che si intersecano ad angolo retto delimitando isolati urbani con diverse funzioni. Le prime strade apparvero fin dalla fondazione della città, dopo grandi disboscamenti e lavori di sterro. L’interno dei quartieri venne progressivamente occupato da edifici su pali di legno e basse cave di sabbia, mescolando attività economiche e abitazioni. La fine del I secolo segnò profondi cambiamenti, in particolare con l’introduzione della muratura. Venne costruito un grande santuario, comprensivo di un cortile dedicato all’accoglienza dei fedeli, che succedeva a un edificio simile in legno. Apparvero magazzini, negozi e residenze in pietra. Le prime strade furono rifatte, integrando pienamente il quartiere nella città in piena espansione”.
Il santuario aveva dimensioni notevoli, Era circondato da muri, uno dei quali – quello che è stato ritrovato – era lungo circa 100 metri. Al suo intento doveva esserci il tempio. “Le dimensioni del santuario, uniche nel panorama di Rennes, suggeriscono che potrebbe trattarsi del santuario civico della città di Riédons, conosciuto solo da iscrizioni scoperte in riutilizzo, in particolare nelle fondamenta di un muro del III secolo”. Qui, probabilmente, si svolgevano culti nei confronti di divinità del passato remoto dell’area, che avevano subito un progressiva romanizzazione. In fondo un santuario civico ospitava gli spiriti di una città, gli antenati, gli Dei del passato e e quelli del presente, che potevano svolgere un’azione di protezione e di cura degli abitanti.
“Durante questo periodo – affermano gli archeologi dell’Inrap – il quartiere comprendeva anche diverse grandi residenze private (domus). Una di esse era dotata di un ampio salone di rappresentanza a esedra, riscaldato a pavimento grazie a un ipocausto. I prospetti interni erano coperti di pitture, delle quali sono stati rinvenuti numerosi frammenti”.
“La fine del III secolo segnò il declino del distretto. – dicono gli studiosi dell’Inrap – Il santuario pubblico fu smantellato e le pietre del muro di cinta furono recuperate, forse per la costruzione del castrum, intorno al 270-280. Nello stesso periodo, una domus fu completamente smantellata per l’apertura di una cava destinata all’estrazione di sabbie alluvionali. Nonostante ciò, alcune residenze erano ancora occupate nel IV secolo, come dimostrano i mobili rinvenuti. Alla fine del III secolo o all’inizio del successivo, nelle aree diroccate fu istituito uno spazio funerario. Il cimitero, attivo fino all’VIII secolo, conta più di 600 tombe (una cinquantina nell’attuale area degli scavi)”