I “pellerossa” parlavano lingue siberiane. Un nuovo studio linguistico svela le migrazioni arcaiche dall’Asia all’America

Nichols sottolinea l'importanza di considerare il contesto storico e geografico di queste migrazioni. "È probabile che le persone che si sono trasferite in Nord America abbiano lasciato parenti in Asia", afferma. "Ed è possibile che alcune di quelle lingue siano sopravvissute e siano rimaste in Siberia". Questa interazione dinamica tra popolazioni e lingue ha plasmato profondamente il panorama linguistico e culturale del Nord America antico

La linguista storica Johanna Nichols e il suo team presso l’Università della California, Berkeley, hanno condotto uno studio rivoluzionario che rivela le intricanti radici linguistiche delle popolazioni indigene del Nord America. Pubblicato ora da una rivista specialistica, questo studio svela un panorama affascinante di migrazioni e evoluzione linguistica che risale a millenni fa.

Esaminando attentamente le strutture di ben 60 lingue presenti negli Stati Uniti e in Canada, Nichols e i suoi colleghi hanno individuato due gruppi linguistici principali che hanno gettato le basi linguistiche delle popolazioni native nordamericane. Ciò che emerge è una storia complessa di movimenti umani e adattamenti linguistici che si snodano attraverso il tempo e lo spazio.

Le analisi condotte si sono concentrate su 16 caratteristiche linguistiche fondamentali, che vanno dalla struttura delle sillabe al genere dei sostantivi, fino al modo in cui le consonanti vengono articolate nel discorso. Attraverso questo approccio dettagliato, è emerso che il primo gruppo linguistico principale è contraddistinto dal pronome di prima persona con il suono “n” e dal pronome di seconda persona con il suono “m”. Nel secondo gruppo linguistico principale, si è riscontrato che una singola parola può incorporare l’intera informazione di una frase, indicando una caratteristica linguistica distintiva e complessa.

Ma ciò che rende questo studio ancora più affascinante è la sua capacità di tracciare le migrazioni umane che hanno plasmato queste lingue. Si stima che la prima ondata migratoria, composta da gruppi che parlavano diverse lingue, abbia attraversato il continente circa 24.000 anni fa. Questo movimento iniziale è stato seguito da ulteriori ondate migratorie, con persone che parlavano lingue caratterizzate dai pronomi “nm” che entrarono nella regione circa 15.000 anni fa. Solo 1.000 anni dopo, un’altra ondata migratoria portò persone che parlavano lingue con consonanti semplici. Infine, circa 12.000 anni fa, una quarta ondata migratoria introdusse lingue con consonanti complesse, completando così il quadro delle influenze linguistiche nel Nord America antico.

Nichols sottolinea l’importanza di considerare il contesto storico e geografico di queste migrazioni. “È probabile che le persone che si sono trasferite in Nord America abbiano lasciato parenti in Asia”, afferma. “Ed è possibile che alcune di quelle lingue siano sopravvissute e siano rimaste in Siberia”. Questa interazione dinamica tra popolazioni e lingue ha plasmato profondamente il panorama linguistico e culturale del Nord America antico.

L’articolo accademico originale su questa ricerca può essere consultato nell’American Journal of Biological Anthropology, offrendo una finestra preziosa sulle complesse dinamiche delle migrazioni e delle lingue nel passato remoto. Per ulteriori approfondimenti sulle lingue e le migrazioni degli antenati dei Navajo e degli Apache, si consiglia di esplorare l’articolo “Camminando verso nuovi mondi”.

In conclusione, lo studio di Nichols e del suo team getta nuova luce sulle origini linguistiche del Nord America, svelando una storia affascinante di movimenti umani, adattamenti culturali e evoluzione linguistica che continuano a plasmare la nostra comprensione del passato e del presente.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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