[L]a nera livrea, che certo non depone a favore del presunto candore delle sue intenzioni, una sospetta loquacità, la predilezione per i cibi putrefatti inseriscono il corvo tra gli animali reprobi che in diverse occasioni planano su tavole e tele della pittura tra Quattrocento e Ottocento. Non proprio un demonio, il nero abitator del nembo; piuttosto un diavoletto insolentemente verboso in grado di passare, in un attimo, dal male al bene.
Per la verità, gli esordi sono contrassegnati dalle migliori intenzioni. In alcune opere l’uccello, secondo il dettato biblico, si pone al servizio di Noè. Volatile coriaceo e coraggioso, è il primo a lasciare l’arca, proprio in virtù delle sue doti di ardimentoso esploratore.
Ciò che appare equivoco, nel corvo, è il fulgore della sua intelligenza che lo porta, in diversi casi, a mettersi a disposizione del bene, anche dopo aver compiuto qualche malefatta, come il furto del pane. In vari dipinti, tra i quali l’Incontro tra sant’Antonio e san Paolo eremita (1633 circa) di Diego Velázquez, esso, infatti giunge in soccorso a coloro i quali scelgono, in un romitorio, di pregare Dio, resistendo alle tentazioni del demonio. Piegati dalla fame, divengono oggetto di una benigna attenzione celeste interpretata da questo celeste proto-maggiordomo. Anche Elia ed Onofrio, in alcune opere devozionali, contano sull’apporto del solerte volatile che garantisce, in tal modo, il loro sostentamento.
Nell’ambito della cultura dei Sacri Monti, monsieur le corbeau appare nella prima cappella che si incontra salendo da Campiglia, in provincia di Biella, dedicata a sant’Antonio abate e a san Paolo eremita. Sulla parete destra, ecco un dipinto raffigurante i due santi presso una fonte, mentre si nutrono del pane prodigioso recato loro da un corvo; sulla parete sinistra, sant’Antonio che seppellisce san Paolo mentre due leoni scavano con le zampe la fossa; sulla parete centrale, l’anima di sant’Antonio che viene portata in cielo.
Sulla facciata della cappella è dipinto un corvo, e nell’interno del portico la scritta: “Vere pius, vere misericors, militibus suis Christus duplicavit annonam”, che ricorda la moltiplicazione del pane.
Ai tempi della Controriforma, il legnoso signore dell’aria è con sempre maggior frequenza chiamato a rappresentare un universo di rivelazioni infauste, fors’anche perché vengono progressivamente recuperate le connotazioni negative dei suoi comportamenti, già peraltro evidenziate dai bestiari medievali. In particolar modo, l’attenzione è posta sulla presunta consuetudine dell’uccello di non riconoscere immediatamente i suoi pulcini, appena nati, e di iniziare pertanto a nutrirli soltanto qualche giorno dopo la schiusa delle uova; una colpevole distrazione che somiglia a quella dell’uomo che non si nutre della parola di Dio.
Già nella tradizione classica, il volatile era stato punito a causa di un’eccessiva inclinazione al pettegolezzo, giacché il divo Apollo lo aveva sentito gracchiare la notizia del tradimento che egli aveva subito da parte dell’amatissima Coronide. Sicché l’ambasciatore, non godendo dell’immunità riservata ai messaggeri o alle spie, aveva deciso di mutargli perennemente il colore della livrea, passata così dal bianco originario al nero.
Sotto il profilo iconologico, la maggior curiosità è quella legata alla funzione parlante del corvo, come attributo di sant’Espedito di Melitene, eroe della cristianità, martire del III secolo. Nulla si conosce della sua vita e del suo sacrificio, peraltro celebrato nel Martirologio Geronimiano il 19 aprile, insieme a sant’Ermogene. Nel 1781 il santo fu proclamato patrono secondario di Acireale e, seguendo una tradizione che risaliva al Medioevo, protettore dei mercanti e dei navigatori. Sant’Espedito aveva maturato un’ampia considerazione nell’ambito della devozione popolare – visto che il suo nome, expeditus, spedito, testimonia la rapidità d’azione -, divenendo patrono delle cause urgenti.
Egli è raffigurato, nei dipinti devozionali, con le vesti di soldato (il termine latino expeditus significa anche, in ambito militare, “armato alla leggera”), mentre calpesta un corvo che grida “cras” (“domani” in latino): secondo una leggenda, il volatile, che rappresenta lo spirito maligno, apparve al santo mentre costui si accingeva a convertirsi al Cristianesimo. E quel “cras cras” avrebbe voluto invitarlo diabolicamente a rinviare la decisione al giorno successivo. In un quadro eseguito a Monaco nel 1759, Espedito, in tenuta da guerriero, ha alle spalle un orologio, al cui centro vi è la parola “hodie” (oggi); la palma e la corona della vittoria gli vengono portate da un angelo, che scende dall’alto mentre egli trafigge il corvo che gracchia il suo “cras cras”.
Alla base del dipinto si legge la scritta: “Patron Deren So Geschaeft glicklich Vollenden wolen desen Fest so den 19. April” (patrono di coloro che vogliono felicemente condurre a termine i loro affari, la cui festa è il
19 aprile).
Sant’Agostino, alludendo al termine “cras”, che ricorda il verso del corvo, sostiene che “il peccatore ripete incessantemente: domani, domani, cras, cras! Ma ‘domani’ si prolungherà in eterno. Dio che promette la salute all’anima penitente non ha rinviato a domani il peccatore… Il peccatore attende, egli attende per sempre e infine arriva per lui il giorno fatale, quello che non ha più un domani. Vanamente, grida allora come il corvo: cras, cras, domani, domani”.
L’ELOGIO DI UN ANIMALE INTELLIGENTE
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