Il museo archeologico di Adria: come si leggono le lapidi latine collocate sulle sepolture delle donne

La titolatura di una donna di condizione libera non comprendeva mai il prenome, cioè il nome proprio individuale; si limitava generalmente al solo gentilizio del padre declinato al femminile, seguito dalla filiazione e dal cognome

Come decifrare le epigrafi romane? Il Museo archeologico nazionale di Adria ha dato vita sui social a un’interessante rubrica per il pubblico. “Le stele, per la loro funzione di “segnare” una sepoltura, sono anche dette segnacoli, dal latino 𝓈𝒾𝑔𝓃𝒶𝒸𝓊𝓁𝓊𝓂. -scrivono gli studiosi – Esse rivestivano inoltre la fondamentale funzione di dichiarare il nome del defunto proprietario del sepolcro. Collocate bene in vista nelle necropoli che si estendevano lungo le strade in uscita dalla città, avevano lo scopo di perpetuare pubblicamente la memoria dei defunti”.
“In queste settimane conosceremo le anticipate ospiti del M.A.N. Adria, ma prima vi proponiamo una breve “guida” per decifrare le epigrafi: La titolatura di una donna di condizione libera non comprendeva mai il prenome, cioè il nome proprio individuale; si limitava generalmente al solo gentilizio del padre declinato al femminile, seguito dalla filiazione e dal cognome! È invece sempre assente la menzione della tribù, poiché le donne erano escluse dalla vita politica”.
Gli esperti del Museo propongono al lettore la parte superiore di una stele rettangolare del I secolo a.C.):
« Catia M(arci) F(ilia)
Severa. »

“In questo caso il prenome è assente, il suo nome era Catia Severa, figlia di Marco (Catius). – spiegano gli esperti – La 𝑔𝑒𝓃𝓈 𝒞𝒶𝓉𝒾𝒶 è di origine etrusca e molto comune nella regione. Si può notare come le linee guida siano state segnate dal lapicida in modo evidente”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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