“Stilearte” ha intervistato Antonio Paolucci, Soprintendente ai beni artistici della Toscana e curatore della mostra “Rinascimento”, svoltasi presso le Scuderie papali al Quirinale di Roma.
La mostra romana – recentemente offerta al pubblico giapponese – è molto utile per definire il concetto di Rinascimento. Vediamo allora la genesi del rifiorire attorno all’antico: Da un lato ci sono gli scavi archeologici nella Roma quattrocentesca, che consentono di confrontare le opere tardogotiche o comunque di derivazione greco-bizantina con la straordinaria scioltezza pittorica e il realismo ai quali erano giunti gli antichi romani. Dall’altro la circolazione della letteratura romana e greca. Ma perché il grande boom si inscrive tra Quattrocento e Cinquecento? Cennino Cennini, già nel tardo Trecento, parlava della necessità di allontanarsi dai modelli greco-bizantini per recuperare la pittura latina…
Il Rinascimento è il fenomeno mediatico più assoluto, più importante. E’ il nostro vessillo che appare sotto gli occhi di tutti. E’ la certezza del primato dell’Italia nelle arti figurative. Botticelli, Raffaello, Michelangelo, Leonardo… questi sono totem artistici per eccellenza. Nell’anno italiano in Giappone, il Governo, giustamente, ha usato questa manifestazione come ammiraglia rispetto ad altre iniziative. Vorrei ricordare, sotto il profilo della storia della cultura, un fatto importante. Il Rinascimento è la prima consapevolezza della modernità. Le radici del mondo in cui viviamo furono poste in quegli anni, e così il modo di percepire e di intendere la realtà. L’avvio del percorso della modernità comincia in Italia, poi, per ragioni socio-politiche passa in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America. Indagare le origini, porne in luce le radici, significa conoscere meglio l’Occidente. Ora ci si chiede perché proprio l’Italia abbia maturato questa nuova consapevolezza nei confronti dell’umano procedere. Il Rinascimento si sviluppa come conseguenza di mix culturale e socio-economico. Tra Quattro e Cinquecento il nostro Paese, nelle sue capitali, è il più evoluto e ricco d’Europa. E baricentrico rispetto ai commerci. Questa circolazione di denaro, unita alla politica di munificenza delle corti, provoca il rifiorire delle arti. Ha giovato alla rinascita delle arti e della cultura il fatto che l’Italia non fosse un Paese unito monoliticamente. L’insieme delle differenze politiche e culturali, la competizione tra Stati, che poggiavano su una situazione economica florida, ha provocato il miracolo. Questa mostra fa comprendere che non esiste pertanto un solo Rinascimento, ma che il fenomeno si incarna e si manifesta, pur su un terreno comune, in modo peculiare, di Stato in Stato.
Torniamo agli scavi archeologici. Gli esempi degli antichi erano a portata di mano degli artisti italiani. Quanto furono importanti, dopo secoli nei quali la pittura cercava la strada per uscire dalla fissità bizantina o comunque dai più mossi teatrini gotici, ai fini dell’individuazione di nuovi modelli, sia artistici che architettonici?
Gli scavi hanno avuto un indubbio valore, nel Rinascimento. Brunelleschi dice, ad esempio, che il mirabile murare degli antichi è alla radice della sua arte. Consapevolmente si reca Roma, studia le tecniche costruttive degli antichi, compie scavi archeologici per verificare direttamente la cultura architettonica sommersa da 1500 anni di storia. Ma più che le cose romane in sé, è stato il mito di Roma a produrre e a promuovere cultura.
Ora il discorso si sposta sul rapporto tra Roma e Firenze: su quest’asse si sviluppa il primo nucleo della pittura rinascimentale. Zeri, contrariamente a molti storici fiorentinocentrici, pose l’accento sulla preminenza romana, tornando indietro, a partire dal rapporto tra il pittore romano Cavallini e il fiorentino Giotto. Cosa pensa a questo proposito? Che ruolo ebbe Firenze, e quale fu quello di Roma?
Noi diamo una lettura vasariana (una lettura che pone Firenze al centro del nucleo di espansione rinascimentale, ndr), anche se questa mostra sottolinea le diverse realtà “linguistiche” con cui si manifesta il Rinascimento. Zeri, giustamente, cercava di sterzare verso Roma, andando alle radici della pittura nuova, ai tempi di Giotto. Ma parliamo del Quattrocento e del Cinquecento… vede, a Firenze, al di là della produzione artistica, si registrano tre avvenimenti che danno inizio alla modernità. A Firenze la seconda edizione delle “Vite” del Vasari (1568) fa nascere la critica d’arte moderna. Firenze realizza la prima accademia di Belle arti del mondo, fondata nel 1564 con la “benedizione” di MIchelangelo. Firenze fa nascere il primo museo d’arte d’Europa, la Galleria degli Uffizi (1581). Se oggi la National Gallery si chiama così è perché ha mutuato il nome dall’esperienza fiorentina. Galleria è un sostantivo italiano che viene trasposto in altre lingue e che significa luogo d’esposizione, museo. Ciò significa che da Firenze partono i termini e i concetti della modernità.
La signoria dei Medici, a un certo punto, tese ad essere il primo principato italiano in ordine di importanza. Per raggiungere questo riconoscimento, oltre alle forze militari e territoriali, oltre alle politiche matrimoniali, dovette mettere in campo una leadership intellettuale. Quanto contribuì la politica a rafforzare la vocazione artistica della città?
Firenze è stata molto astuta. Fin dai tempi di Lorenzo il Magnifico, dalla seconda metà del Quattrocento; quindi con i Papa Medici, per culminare con Giorgio Vasari. Impone il mito del proprio primato, e questo dura sino ai nostri giorni. Finché Firenze diventa comunque stretta per i pittori. E il vento rinascimentale si sposta soprattutto nella Roma dei Papi, ma anche su altre corti minori (pensiamo a Mantova e a Urbino) o su realtà politico-territoriali importanti come Venezia. La nuova rappresentazione della realtà secondo i canoni rinascimentali – il realismo, le costruzioni architettoniche, gli esempi della statuaria romana – è intesa come manifestazione di modernismo delle corti. E’ indice di aggiornamento politico e culturale.
La mostra – esponendo anche opere di Pisanello, Mantegna e Bellini – rende così conto delle differenti lingue rinascimentali che si sviluppano sul territorio. Possiamo individuare quali sono le principali differenziazioni nel territorio italiano?
All’inizio del Seicento, Firenze non “tiene” più. Firenze declina anche economicamente e politicamente. I centri della politica e dell’economia sono Roma, Madrid, Parigi, le grandi capitali d’Europa. La città dei Medici entra in un cono d’ombra, mantenendo sempre l’orgoglio del proprio passato… Ma veniamo alle differenze, che delineeremo in maniera schematica e didattica. La Toscana e Firenze hanno il primato della visione prospettica. Venezia ha quello della luce e del colore. Nei centri dell’Italia padana (Ferrara) si assiste a un’interpretazione espressionistica. A Milano si manifesta il fenomeno di Leonardo da Vinci: la realtà e l’ambiguità, lo sfumato, l’interpretazione dei moti interni dell’anima. A Roma il Rinascimento si identifica con la propaganda cattolica e con la grande retorica… (Uomini come Michelangelo o Raffaello avevano bisogno di uno scenario commisurato alle proprie potenze pittoriche). Urbino resta rappresentante di quella bellezza astratta, di quella bellezza eterna che viene promanata dalle opere di Piero della Francesca…
Leonardo, Michelangelo e Raffaello rappresentano la piena maturità del periodo. Dopo il sacco di Roma (1527) si assiste ad una migrazione artistica, e contemporaneamente s’evidenziano elementi di crisi di una “pittura progressista e progressiva”, di una pittura che ha comunque ancora un’estrema fiducia nella ragione. Da cosa è indotto il fenomeno del Manierismo?
L’Europa è flagellata. Subisce traumi terribili, tra i quali la rottura dell’unità spirituale con Martin Lutero. Muta la visione dell’Uomo e del suo destino. Cambia il mondo e il cielo sopra il mondo. Si avvertono in modo sempre più pesante gli effetti della scoperta d’America. Il mercato si sposta, l’economia italiana perde colpi, l’unica grande potenza coloniale e marinara rimane Venezia… Quindi le guerre, la dominazione spagnola. L’“uscita mistica” di El Greco avviene in Italia, e non a caso. Dall’altro verso si sviluppa l’intellettualismo. Tutto questo sta sotto la generica etichetta di Manierismo.
Giustamente, i termini temporali indicati dalla mostra non collocano sotto la classificazione rinascimentale soltanto le opere di un periodo compreso tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento. La presenza di Masaccio (1401-1428) o di Beato Angelico o di Pisanello – che è ancora un pittore per molti aspetti gotico – tendono a dare l’idea del Rinascimento come di un fenomeno in divenire, che insomma non si è presentato ex abrupto sul piano della storia. Potremmo identificare schematicamente quali sono state le caratteristiche e le svolte dei principali periodi?
L’evoluzione ha velocità diseguali sul territorio. Ci sono zone che rimangono tenacemente gotiche nel Quattrocento, altre che imprimono una forte accelerazione alla propria cultura. Sì, comunque il fenomeno rinascimentale non appare all’improvviso. E’ preparato. E’ una strada lunga che noi abbiamo voluto documentare.