Keith Haring, genio della street art. 170 opere per una grande retrospettiva a Palazzo Blu di Pisa

** Ampiamente riconosciuto per le sue opere d'arte dai colori vivaci e giubilanti, i lavori di Haring sono familiari e noti anche a chi non conosce la sua breve parabola artistica perché i suoi omini stilizzati e in movimento, i suoi cuori, i suoi cani e i suoi segni in generale fanno parte del bagaglio di immagini pubbliche e non solo, in tutto il mondo e sono proprio queste ad averlo reso un simbolo della cultura e dell’arte pop degli anni Ottanta

La mostra “Keith Haring”, a Palazzo Blu di Pisa, dal 12 novembre 2021 al 17 aprile 2022 realizzata dalla Fondazione Pisa in collaborazione con MondoMostre e con la straordinaria partecipazione della Nakamura Keith Haring Collection, a cura di Kaoru Yanase, Chief Curator della Nakamura Keith Haring Collection rende omaggio all’artista statunitense, universalmente riconosciuto tra i padri della street-art, che proprio a Pisa ha soggiornato nel 1989, per dipingere su una parete del convento di S. Antonio, il celeberrimo murale “Tuttomondo”.

La mostra presenta per la prima volta in Europa una ricca selezione di opere, oltre 170, provenienti dalla Nakamura Keith Haring Collection, la collezione personale di Kazuo Nakamura, che si trova nel museo dedicato all’artista, in Giappone.

Untitled (Self-Portrait) [Senza titolo (autoritratto)] 1987 (ristampa 2006) C/Stampa digitale, 50 x 50.5 cm, Ed. 3/25 Courtesy of Nakamura Keith Haring Collection © Keith Haring Foundation

Fanno parte della collezione, e sono in mostra a Pisa, opere che vanno dai primi lavori di Haring fino agli ultimi, molte serie complete quali Apocalypse (1988), Flowers, (1990) e svariati altri disegni, sculture nonché grandi opere su tela come Untitled (1985). Ampiamente riconosciuto per le sue opere d’arte dai colori vivaci e giubilanti, i lavori di Haring sono familiari e noti anche a chi non conosce la sua breve parabola artistica perché i suoi omini stilizzati e in movimento, i suoi cuori, i suoi cani e i suoi segni in generale fanno parte del bagaglio di immagini pubbliche e non solo, in tutto il mondo e sono proprio queste ad averlo reso un simbolo della cultura e dell’arte pop degli anni Ottanta.

Apocalypse [Apocalisse] 1988 Serigrafia su carta, 96.5 x 96.5 cm, Ed. 32/90 Courtesy of Nakamura Keith Haring Collection © Keith Haring Foundation

Untitled (Fertility) [Senza titolo (Fertilità)] 1983 Serigrafia su carta, 106 x 127 cm, Ed. 75/100 Courtesy of Nakamura Keith Haring Collection © Keith Haring Foundation

1. IL PRINCIPIO
Keith Haring trae ispirazione dai graffiti visti nelle metropolitane, arguti, spontanei e molto cool. È affascinato anche dai tag dei graffitisti. La scoperta della metropolitana contribuisce non poco a realizzare il suo bruciante desiderio di entrare in connessione con gli altri. Sulla carta nera usata per coprire i pannelli pubblicitari vuoti, Haring inizia a disegnare col gesso bianco bambini, animali, televisori e persone, per esprimere concetti universali come nascita, morte, amore e guerra. Dovendo farlo alle spalle degli addetti e degli agenti di polizia che circolano nelle stazioni, lavora a una velocità incredibile. Senza dubbio il rischio di essere scoperto aggiunge una buona dose di adrenalina: arriva a realizzarne quaranta in un solo giorno. I disegni in metropolitana segnano l’inizio della sua fama.

2. OLTRE I LIMITI
Haring usa spesso colori fluorescenti che brillano sotto la luce nera. Negli anni Ottanta la luce nera è molto in voga per arredare gli interni dei club. In occasione della mostra alla Tony Shafrazi Gallery, nel 1984, Haring realizza nel seminterrato un’installazione con le sue opere fluorescenti, affiancata da una performance di danza e da un DJ che mixa tutta la notte. Forse Haring è interessato agli effetti psichedelici che le sue immagini possono produrre.

3. LE STORIE
Per tutta la vita Haring lavora instancabilmente con bambini di ogni età e provenienza. Per loro pubblica diversi libri, progetta articoli per il Pop Shop e dà vita a molti laboratori in diverse città. Le sue immagini sono universali e inequivocabili, in grado di parlare a chiunque. Haring esplora le possibilità creative dell’uso del linguaggio per interpretare l’arte.

4. HARING A PISA
L’avventura pisana di Keith Haring nasce da un incontro fortuito tra l’artista e il giovane studente Piergiorgio Castellani avvenuto a New York nel 1987. Castellani, con grande lungimiranza, propose ad Haring di realizzare qualcosa di grande in Italia e l’artista, in modo per nulla scontato, accettò la sfida. Nacque in tal modo il Keith Haring Italian Project.
Si trattò di un lavoro corale: Castellani portò Haring a Pisa, la Chiesa mise a disposizione la parete del Convento di Sant’Antonio quale superficie per dipingere, il Comune e la Provincia coordinarono il progetto, l’università partecipò tramite diversi studenti che aiutarono l’artista quali assistenti.
Il 20 Giugno 1989 viene inaugurato Tuttomondo, il monumentale dipinto murale che, una superficie di 180 metri quadri, testimonia al mondo la sua passione per la vita: un inno alla gioia che tutt’oggi è considerato il suo testamento artistico.

5. SIMBOLI E ICONE
Si può dire che i simboli creati da Haring siano i predecessori degli attuali emoji: le faccine sorridenti, ma anche i cuori, il bambino radiante, l’angelo, il cane che abbaia, il delfino e molti altri. I suoi ideogrammi toccano temi importanti per i giovani – tanto quelli degli anni Ottanta quanto la “generazione SMS” di oggi: l’amore, la vita, la morte, la cultura pop e la politica.

6. MESSAGGIO E MUSICA
Prevenzione dell’AIDS, diritti dei gay, apartheid, razzismo, uso di droghe, guerra, violenza e salvaguardia ambientale sono i temi che più stanno a cuore ad Haring, che usa i suoi poster per portarli all’attenzione del pubblico.
Haring concede le sue immagini registrate anche per pubblicizzare concerti, eventi musicali e le sue stesse esposizioni. Ma quelle illustrazioni vivide e allegre veicolano sempre messaggi intransigenti.
Haring collabora con diversi musicisti creando opere grafiche accattivanti, controverse o addirittura iconiche per accompagnare i loro pezzi. Una delle sue cover più note è per un album di David Bowie del 1983 e raffigura due omini stretti in un radioso abbraccio: un’immagine semplice che riflette il messaggio di amore e vicinanza dell’album. La musica avrà sempre grande importanza nella vita di Haring, uno dei rari artisti in grado di rendere palpabili i suoni e i messaggi attraverso la sua arte.

7. ENERGIA PRIMORDIALE
Piramidi affollate di omini, animali, soli, maschere… il body painting e i totem. L’opera di Keith Haring, sullo sfondo delle affermazioni dell’artista, è lo spazio fra arte vernacolare e arte accademica, fra la creazione e l’appropriazione. I suoi lavori celano poteri misteriosi di provenienza non occidentale, ispirati all’arte azteca, eskimo, africana e afroamericana, nonché a simboli antichi e mitologici.

8. DISTOPIA RIVELATA
In collaborazione con lo scrittore beat William Burroughs, Haring tratta temi sinistri nel contesto di paesaggi surreali. Le sue raffigurazioni provocatorie trascendono il mero commento politico con visioni di disperazione, anche se mai prive dell’ironia e della satira che lo caratterizzano. Apocalypse nasce dopo che gli viene diagnosticata la positività all’HIV. La serie ci offre un assaggio del suo inferno personale.

9. LA FINE DEL PRINCIPIO
Le immagini raffigurano gli elementi grezzi del linguaggio iconico ancora oggi associato ad Haring: piramidi, dischi volanti, cani, serpenti e bambini che gattonano si mescolano a figure erranti e omini, animali ed extraterrestri. Nel 1990, un mese prima di morire, Haring pubblica la sua ultima edizione su carta, un portfolio di diciassette serigrafie che riproduce un gruppo delle sue prime e più pure narrazioni visive. Nelle strisce a fumetti combina simboli e scene per rappresentare i lati oscuri della società.

Per tutte le immagini presenti Courtesy of Nakamura Keith Haring Collection © Keith Haring Foundation

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Maurizio Bernardelli Curuz
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