di Adriana Conconi Fedrigolli
Luigi Pampaloni (1791-1847) realizza la sua prima versione de La Fanciulla con le tortore intorno al 1833. Così si esprime Pagni ad alcuni anni di distanza: “(…) Ed ecco uscire dalle sue mani, emblema dell’innocenza, una soave fanciullina, che toltasi il nido d’una tortorella sotto il braccio sinistro, con inconsapevole crudeltà, ritiene imprigionata nella destra mano quella meschina che vorrebbe tornare al suo materno ufficio: lavoro forse il più degno tra i molti di tal genere che furono da lui fatti. Il Granduca la volle per regalarla al Principe di Metternich, ma l’autore la rinnovò più e più volte per altri personaggi stranieri e italiani, che s’invaghirono di possedere sì cara fanciullina (…)”.
La grande fortuna di pubblico e di critica riservata all’opera, successivamente eseguita anche parzialmente come busto, è da ascriversi oltre al soggetto grazioso, apprezzato dalla committenza dell’epoca, soprattutto dalla capacità dell’artista di dare raffigurazione al mondo dell’infanzia con sensibile aderenza al vero naturale, lezione appresa e maturata attraverso il magistero di Lorenzo Bartolini.
Missirini pur riconoscendo il debito stilistico nei confronti dell’autore della Fiducia in Dio scrive: ”Il Pampaloni direbbesi l’Andrea del Sarto della Scultura. Ei come quello, co’ soli elementi naturali bene scelti, ben condotti, ottiene senza inchiesta i plausi tanto cercati dagli Idealisti (…) Un artista che col solo tipo naturale divenga sommo, rara cosa è: Può dirsi privilegio del cielo: Ben puoi acquistare la sapienza di tutti i magisteri dell’arte coll’improbo studio, coll’ostinata fatica: ma ogni tua cura è vana a farti eminentemente naturale, dove il genio non ti spiri: ove a quello non ti tragga il core: ove il tuo interno squisito senso non ti mostri in che sta il vero bello di natura, meraviglioso nella sua semplicità (…)”. Ed è ciò che raggiunge nella “puttina delle tortore”, così chiamata familiarmente da Bartolomeo Fenaroli, che fu proprietario di una versione, in cui appare descritto un momento di vissuto quotidiano di una sorridente bambina, di poco più di un lustro, colta mentre gioca divertita con delle tortore, trattenendone una con la mano.
La fanciullina ha i capelli fermati al centro del capo da un vellutato fiocco e raccolti in due tracce parallele che incorniciano la nuca, i lineamenti del viso appaiono morbidi ed arrotondati e l’esile corpicino nudo, con il ventre leggermente gonfio, tipico dei bambini in tenera età, è trattato con un modellato delicato, attento ad avviare tenui e pacati effetti di chiaroscuro anche nelle pieghe delle pelle del piccolo piede su cui la figura siede.
Un’opera infusa di una naturalezza e di un fascino in cui la lezione bartoliniana del vero naturale si coniuga magistralmente con l’immagine tipologica dell’Innocenza evidenziando addirittura nel tono sommesso e nell’atmosfera intima, inaspettati palpiti romantici, presenti nella produzione di Vincenzo Vela e degli artisti della cosiddetta “Scuola di Milano”.
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