“Nella nostra Expert room, andiamo alla scoperta di tracce di colore in uno dei capolavori del Museo, la Venere Callipige” affermano i social del Mann, il Museo archeologico di Napoli. Le tracce di colore sono rilevabili attraverso l’uso di lampade a spettro modificato, che consentono di osservare discontinuità di riflettenza della superfici. Ecco, allora, la nostra antica bellezza che sembra posare, civettuola, in una sauna con luci abbronzanti.
“La Venere Callipigia è una stupenda scultura che ha una storia bellissima. – racconta il Museo archeologico sui social – Questa statua è ritenuta uno dei migliori esempi dell’ideale di bellezza femminile della civiltà classica. Perché? Perché Venere Callipigia significa letteralmente “Afrodite dalle belle natiche” La scultura rappresenta la Dea nell’atteggiamento tipicamente femminile del voltarsi all’indietro per guardarsi il suo perfetto “Lato B”.
“Questo atteggiamento civettuolo rende inevitabile per l’osservatore di fissare il suo sguardo su questa parte del corpo della Dea. In realtà la scultura che si trova nel Museo Archeologico di Napoli è una copia di epoca romana della statua originaria di epoca greco-alessandrina del III secolo avanti Cristo, andata ormai persa.
Questa copia, databile tra il primo ed il secondo secolo dopo Cristo, fu rinvenuta a Roma nei pressi della Domus Aurea e, successivamente, fu acquistata dalla famiglia Farnese nel 1594, che la conservò nell’omonimo palazzo in mostra nella “Sala dei Filosofi. Successivamente, trovandosi Palazzo Farnese nella Roma papale, la statua fu oggetto di censura e trasferita in una sala segreta dello stesso palazzo. Quando l’eredità dei Farnese passò ai Borbone di Napoli, anche la Venere Callipigia fu trasferita definitivamente nella città partenopea nel 1786”.